Hanno restituito il 70 per cento del loro stipendio, proposto nove disegni di legge e votato alcune proposte del Pdl, mentre conquistano la vicepresidenza dell’assemblea regionale con l’assenso del presidente Crocetta, di area Pd. In agenda però non è ancora presente il lavoro e l’uscita dalla recessione.
Città Nuova - L’esperienza del Movimento 5 Stelle in Sicilia, e il suo rapporto politico con il presidente della Regione Rosario Crocetta (al centro nella foto), di area Pd, viene in questi giorni definito “modello siciliano” e invocato – non sempre con convinzione – come modello esportabile anche nel Parlamento nazionale. Cerchiamo allora di vedere da vicino l'esperienza del Movimento 5 Stelle siciliano e se, e in che misura, può ritenersi una esperienza innovativa e da proporre come “metodo”.
Cos’è accaduto in Sicilia nell’ultima tornata elettorale dello scorso febbraio? Il dato che balza agli occhi non è tanto il successo del Movimento 5 Stelle, quanto l’ulteriore aggravamento dell’astensionismo. A livello nazionale, rispetto alle precedenti politiche, si è assistito a un calo del 5 per cento, mentre in Sicilia si arriva addirittura oltre il 10. Come leggere queste cifre? Sfiducia nelle istituzioni o mancanza di una proposta politica convincente? O tutte e due le ipotesi insieme?
In Sicilia, come si ricorderà, nelle scorse regionali dell’ottobre 2012, il segnale era chiaro e doveva far allarmare tutti i partiti: solo il 47,23 per cento degli elettori è andato a votare e fra questi ben il 6,45 per cento ha annullato la scheda. C’erano tutti i segnali per far comprendere che qualcosa era cambiato e che il voto siciliano, come talvolta accade, aveva anticipato quel che sarebbe accaduto di lì a qualche mese nelle politiche.
L’analisi del voto conferma il crollo dei consensi per i maggiori partiti rispetto al 2008. Il Partito democratico perde qualcosa come 250.000 elettori, il 35 per cento di quanti lo avevano scelto alle ultime politiche. Più consistente, nonostante il forte recupero delle ultime settimane che ha portato a vincere il premio di maggioranza al Senato, la riduzione del consenso per il Pdl, che in Sicilia lascia sul terreno ben 600 mila voti, il 49 per cento in meno rispetto al 2008.
La vera novità, quindi, è rappresentata dal Movimento 5 Stelle, che ha saputo intercettare un voto trasversale, quello delle persone disgustate da una politica incapace e da una crisi economica che non lascia respiro. Ben il 51 per cento dei siciliani che hanno votato il Movimento 5 Stelle ha dichiarato di averlo fatto pensando alla necessità di un radicale cambiamento della classe politica, mentre il 40 per cento sperando nel cambio di rotta nelle politiche economiche e fiscali a favore di decisivi investimenti sull’occupazione.
Oggi, l’esperienza del Movimento 5 Stelle nel Parlamento siciliano viene definita “modello meraviglioso” o “modello Sicilia” e taluni ipotizzano possa divenire un metodo anche per il Parlamento nazionale. Che cosa ha prodotto nei primi tre mesi all’Assemblea regionale siciliana? Intanto i numeri. Cento atti ispettivi, nove disegni di legge, orari di lavoro “no-stop”. Sono i primi ad entrare in Parlamento e spesso gli ultimi ad uscire. L’assemblea ha istituto il servizio serale per i commessi proprio perché, talvolta, i deputati del Movimento 5 Stelle finiscono di lavorare oltre le 23. Fra le proposte di cui vanno orgogliosi c’è il primo disegno di legge “scritto dal popolo”: riguarda il cosiddetto albergo diffuso, cioè la possibilità di organizzare una rete di alloggi a disposizione del turista nelle case dei centri storici per dare la possibilità di far rivivere questi luoghi e al contempo di far conoscere usanze e abitudini quotidiane.
L’iniziativa che ha fatto più rumore è stata sicuramente quella di restituire il 70 per cento della loro busta paga. Così, al netto di 3.240 euro di tasse, ogni deputato ha trattenuto 2.500 euro netti, più un rimborso spese per trasporti e alloggi regolarmente dichiarati e pubblicati sul sito del movimento. «Questo – ha detto il capogruppo del Movimento, Cancelleri – per dare un’impronta etica all’attività politica. È infatti immorale portare a casa intorno ai 15 mila euro al mese, in un momento di crisi come quello attuale». Sono stati attaccati di populismo, ma intanto le somme restituite dai deputati vengono regolarmente versate in un conto corrente dell’assemblea regionale, in attesa dell’approvazione della legge finanziaria che consenta la restituzione. Le quote di stipendio restituite finanziano un progetto di microcredito per le piccole imprese.
In questi primi mesi di attività parlamentare i deputati 5 Stelle hanno votato mozioni presentate anche dal Pdl. E così anche grazie al loro voto chiuderà l’Arsea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, uno degli enti simbolo dello spreco della Regione Sicilia. «Votiamo e voteremo mozioni sensate da qualunque direzione provengano», dichiara Cancelleri. Altra novità è stata l’attribuzione della poltrona di vicepresidente dell’Ars al Movimento. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, eletto da una maggioranza Pd-Udc, ha rifiutato platealmente il patto d’aula e messo al bando l’asse con Pdl e Pid (Popolari per domani, nati da una costola dell’Udc) e ha proposto come vicepresidente un deputato grillino, soluzione che ha provocato non pochi malori anche all’interno del Pd, il cui candidato alla vicepresidenza è stato “impallinato” da ben 18 franchi tiratori.
Questa è l’esperienza del Movimento 5 Stelle in Sicilia e non so sinceramente se potrà divenire, come alcuni ipotizzano, modello anche a livello nazionale. Il dubbio è legato all’unico dato certo di questi tempi: la recessione economica e il tramonto di un modello di convivenza sociale, di stili di vita ormai in frantumi.
Abbiamo perso nel mercato del lavoro due generazioni e chi oggi ha perso il lavoro, ben difficilmente – nella situazione attuale – lo ritroverà! Questo è il tema. Ed è un tema che interpella fortemente la politica e dovrebbe avere il primo posto nelle agende di programma di chi sarà chiamato a formare un governo possibile. Il Movimento 5 Stelle ha saputo intercettare la rabbia e la disperazione. Quella stessa rabbia e quella stessa disperazione che i partiti tradizionali non hanno saputo interpretare. Non bisogna aver paura del cambiamento, ma dobbiamo iniziare da subito. Il segnale che l’elettorato ha lanciato è stato fin troppo chiaro: siamo stanchi di una politica che non riesce a dare risposte, di una politica che non riesce a farsi carico concretamente delle generazioni che stiamo perdendo. Penso che solo chi ha a cuore queste persone e trovi per esse soluzioni concrete ha diritto di occuparsi della nostra patria. Il resto è un film che già come accade nei Paesi in recessione viene raccontato in un paio di righe nelle ultime notizie dei tg.
Città Nuova - L’esperienza del Movimento 5 Stelle in Sicilia, e il suo rapporto politico con il presidente della Regione Rosario Crocetta (al centro nella foto), di area Pd, viene in questi giorni definito “modello siciliano” e invocato – non sempre con convinzione – come modello esportabile anche nel Parlamento nazionale. Cerchiamo allora di vedere da vicino l'esperienza del Movimento 5 Stelle siciliano e se, e in che misura, può ritenersi una esperienza innovativa e da proporre come “metodo”.
Cos’è accaduto in Sicilia nell’ultima tornata elettorale dello scorso febbraio? Il dato che balza agli occhi non è tanto il successo del Movimento 5 Stelle, quanto l’ulteriore aggravamento dell’astensionismo. A livello nazionale, rispetto alle precedenti politiche, si è assistito a un calo del 5 per cento, mentre in Sicilia si arriva addirittura oltre il 10. Come leggere queste cifre? Sfiducia nelle istituzioni o mancanza di una proposta politica convincente? O tutte e due le ipotesi insieme?
In Sicilia, come si ricorderà, nelle scorse regionali dell’ottobre 2012, il segnale era chiaro e doveva far allarmare tutti i partiti: solo il 47,23 per cento degli elettori è andato a votare e fra questi ben il 6,45 per cento ha annullato la scheda. C’erano tutti i segnali per far comprendere che qualcosa era cambiato e che il voto siciliano, come talvolta accade, aveva anticipato quel che sarebbe accaduto di lì a qualche mese nelle politiche.
L’analisi del voto conferma il crollo dei consensi per i maggiori partiti rispetto al 2008. Il Partito democratico perde qualcosa come 250.000 elettori, il 35 per cento di quanti lo avevano scelto alle ultime politiche. Più consistente, nonostante il forte recupero delle ultime settimane che ha portato a vincere il premio di maggioranza al Senato, la riduzione del consenso per il Pdl, che in Sicilia lascia sul terreno ben 600 mila voti, il 49 per cento in meno rispetto al 2008.
La vera novità, quindi, è rappresentata dal Movimento 5 Stelle, che ha saputo intercettare un voto trasversale, quello delle persone disgustate da una politica incapace e da una crisi economica che non lascia respiro. Ben il 51 per cento dei siciliani che hanno votato il Movimento 5 Stelle ha dichiarato di averlo fatto pensando alla necessità di un radicale cambiamento della classe politica, mentre il 40 per cento sperando nel cambio di rotta nelle politiche economiche e fiscali a favore di decisivi investimenti sull’occupazione.
Oggi, l’esperienza del Movimento 5 Stelle nel Parlamento siciliano viene definita “modello meraviglioso” o “modello Sicilia” e taluni ipotizzano possa divenire un metodo anche per il Parlamento nazionale. Che cosa ha prodotto nei primi tre mesi all’Assemblea regionale siciliana? Intanto i numeri. Cento atti ispettivi, nove disegni di legge, orari di lavoro “no-stop”. Sono i primi ad entrare in Parlamento e spesso gli ultimi ad uscire. L’assemblea ha istituto il servizio serale per i commessi proprio perché, talvolta, i deputati del Movimento 5 Stelle finiscono di lavorare oltre le 23. Fra le proposte di cui vanno orgogliosi c’è il primo disegno di legge “scritto dal popolo”: riguarda il cosiddetto albergo diffuso, cioè la possibilità di organizzare una rete di alloggi a disposizione del turista nelle case dei centri storici per dare la possibilità di far rivivere questi luoghi e al contempo di far conoscere usanze e abitudini quotidiane.
L’iniziativa che ha fatto più rumore è stata sicuramente quella di restituire il 70 per cento della loro busta paga. Così, al netto di 3.240 euro di tasse, ogni deputato ha trattenuto 2.500 euro netti, più un rimborso spese per trasporti e alloggi regolarmente dichiarati e pubblicati sul sito del movimento. «Questo – ha detto il capogruppo del Movimento, Cancelleri – per dare un’impronta etica all’attività politica. È infatti immorale portare a casa intorno ai 15 mila euro al mese, in un momento di crisi come quello attuale». Sono stati attaccati di populismo, ma intanto le somme restituite dai deputati vengono regolarmente versate in un conto corrente dell’assemblea regionale, in attesa dell’approvazione della legge finanziaria che consenta la restituzione. Le quote di stipendio restituite finanziano un progetto di microcredito per le piccole imprese.
In questi primi mesi di attività parlamentare i deputati 5 Stelle hanno votato mozioni presentate anche dal Pdl. E così anche grazie al loro voto chiuderà l’Arsea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, uno degli enti simbolo dello spreco della Regione Sicilia. «Votiamo e voteremo mozioni sensate da qualunque direzione provengano», dichiara Cancelleri. Altra novità è stata l’attribuzione della poltrona di vicepresidente dell’Ars al Movimento. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, eletto da una maggioranza Pd-Udc, ha rifiutato platealmente il patto d’aula e messo al bando l’asse con Pdl e Pid (Popolari per domani, nati da una costola dell’Udc) e ha proposto come vicepresidente un deputato grillino, soluzione che ha provocato non pochi malori anche all’interno del Pd, il cui candidato alla vicepresidenza è stato “impallinato” da ben 18 franchi tiratori.
Questa è l’esperienza del Movimento 5 Stelle in Sicilia e non so sinceramente se potrà divenire, come alcuni ipotizzano, modello anche a livello nazionale. Il dubbio è legato all’unico dato certo di questi tempi: la recessione economica e il tramonto di un modello di convivenza sociale, di stili di vita ormai in frantumi.
Abbiamo perso nel mercato del lavoro due generazioni e chi oggi ha perso il lavoro, ben difficilmente – nella situazione attuale – lo ritroverà! Questo è il tema. Ed è un tema che interpella fortemente la politica e dovrebbe avere il primo posto nelle agende di programma di chi sarà chiamato a formare un governo possibile. Il Movimento 5 Stelle ha saputo intercettare la rabbia e la disperazione. Quella stessa rabbia e quella stessa disperazione che i partiti tradizionali non hanno saputo interpretare. Non bisogna aver paura del cambiamento, ma dobbiamo iniziare da subito. Il segnale che l’elettorato ha lanciato è stato fin troppo chiaro: siamo stanchi di una politica che non riesce a dare risposte, di una politica che non riesce a farsi carico concretamente delle generazioni che stiamo perdendo. Penso che solo chi ha a cuore queste persone e trovi per esse soluzioni concrete ha diritto di occuparsi della nostra patria. Il resto è un film che già come accade nei Paesi in recessione viene raccontato in un paio di righe nelle ultime notizie dei tg.
di Roberto Mazzarella
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