lunedì, marzo 04, 2013
Il Kenya oggi al voto per eleggere il suo presidente. I due principali candidati sono il primo ministro Raila Odinga e il vice primo ministro Uhuru Kenyatta.  

Radio Vaticana - Intanto, a conferma delle preoccupazioni della vigilia, circa 17 persone, tra le quali 9 agenti di polizia, sono state uccise a Mombasa e Kilifi. Giovani armati di machete e pistola hanno attaccato le stazioni di polizia. Forse all'origine delle violenze gruppi separatisti islamici. ma come è oggi il Kenya? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al missionario comboniano, padre Kizito Sesana: ascolta

R. – Il Kenya viene da 4 o 5 anni di crescita economica annuale intorno al 7 %. Questa crescita però non è ridistribuita equamente: non c’è stata giustizia in questo boom economico che sta avvenendo. C’è una divisione sempre più grande tra i ricchi e i poveri. Inoltre la sicurezza sociale praticamente non esiste per la stragrande maggioranza di lavoratori e questo crea una grande tensione. E’ ovvio che se qualcuno vuole aumentare o lavorare su queste divisioni, per creare violenza, ha gioco facile. 

D. - Stanno prendendo piede movimenti separatisti che sarebbero coinvolti anche nelle violenze di questi giorni: che cosa chiedono?

R. – Sì. Ad esempio c’è un gruppo di matrice islamica, che però, come spesso succede, usa l’islam solo per ragioni politiche. Questo gruppo chiede la separazione della regione costiera dal Kenya. Tutto questo ha una ragione storica. Fino a tempi recenti la costa è stata indipendente. Almeno fino a quando non sono arrivati gli inglesi la regione costiera era sotto il dominio di un sultano. Al momento dell’indipendenza del Kenya c’era stata una richiesta separatista forte da parte di alcuni personaggi, più o meno eredi della tradizione islamica, che era stata poi riassorbita. Sembrava non ci fosse più segno di queste rivendicazioni, che invece sono riemerse un paio di anni fa.

D . – Il Kenya è uno dei principali territori africani di missione. Come la Chiesa sta operando in questo Paese?

R. – La Chiesa sta lavorando molto bene per la pace. Ci sono molte iniziative ormai da un paio d’anni che, in vista di queste elezioni, cercano di sviluppare una cultura di convivenza tra le diverse etnie. Ci sono molti progetti concreti.


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