Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha ottenuto la fiducia della Knesset, il parlamento, con 68 voti favorevoli su 120, 48 contrari e il resto astenuti. Subito dopo il voto i ministri e il capo del nuovo esecutivo hanno prestato giuramento davanti all’emiciclo per poi riunirsi per la prima riunione di gabinetto.
Misna - “La prima priorità del nuovo governo è la difesa dello Stato e dei suoi cittadini” ha dichiarato il primo ministro citando le “minacce” provenienti da Siria e Iran, ma dicendosi pronto a portare avanti negoziati “con un partner palestinese desideroso di farlo in buona fede”, aggiungendo che la buona volontà deve essere “condivisa”. La composizione del nuovo governo, che conta 21 ministri, giunge al termine di 40 giorni di trattative febbrili dopo le elezioni del 22 gennaio. Sul fronte interno, le sfide che il nuovo esecutivo è chiamato ad affrontare riguardano il ruolo degli ebrei ultraortodossi nella società israeliana, considerata una priorità per gli alleati centristi e laici. In particolare la questione scottante del servizio militare da cui molti di loro sono esentati. Sul piano economico poi, si tratta di far fronte alla crisi e all’alto tasso di disoccupazione giovanile.
Non mutano, rispetto al passato, le priorità internazionali con l’Iran, la situazione regionale e della Siria in particolare, in cima all’agenda. Netanyahu ha affidato l’importante ministero della Difesa a Moshe ‘Boghy’ Yaalon, ex capo di stato maggiore, considerato un ‘falco’ nelle questioni palestinesi e un pragmatico sul dossier dell’atomica iraniana. La ripresa di negoziati con i palestinesi sarà al centro della visita che, a partire dal domani, il presidente americano Barack Obama effettuerà in Israele e Cisgiordania. Si tratta della prima visita dal suo arrivo alla Casa Bianca, un viaggio che alcuni osservatori definiscono “di riavvicinamento” dopo un primo mandato caratterizzato da tensioni con il primo esecutivo Netanyahu, sulla legittimità delle colonie e su altre questioni concernenti la sicurezza.
Misna - “La prima priorità del nuovo governo è la difesa dello Stato e dei suoi cittadini” ha dichiarato il primo ministro citando le “minacce” provenienti da Siria e Iran, ma dicendosi pronto a portare avanti negoziati “con un partner palestinese desideroso di farlo in buona fede”, aggiungendo che la buona volontà deve essere “condivisa”. La composizione del nuovo governo, che conta 21 ministri, giunge al termine di 40 giorni di trattative febbrili dopo le elezioni del 22 gennaio. Sul fronte interno, le sfide che il nuovo esecutivo è chiamato ad affrontare riguardano il ruolo degli ebrei ultraortodossi nella società israeliana, considerata una priorità per gli alleati centristi e laici. In particolare la questione scottante del servizio militare da cui molti di loro sono esentati. Sul piano economico poi, si tratta di far fronte alla crisi e all’alto tasso di disoccupazione giovanile.
Non mutano, rispetto al passato, le priorità internazionali con l’Iran, la situazione regionale e della Siria in particolare, in cima all’agenda. Netanyahu ha affidato l’importante ministero della Difesa a Moshe ‘Boghy’ Yaalon, ex capo di stato maggiore, considerato un ‘falco’ nelle questioni palestinesi e un pragmatico sul dossier dell’atomica iraniana. La ripresa di negoziati con i palestinesi sarà al centro della visita che, a partire dal domani, il presidente americano Barack Obama effettuerà in Israele e Cisgiordania. Si tratta della prima visita dal suo arrivo alla Casa Bianca, un viaggio che alcuni osservatori definiscono “di riavvicinamento” dopo un primo mandato caratterizzato da tensioni con il primo esecutivo Netanyahu, sulla legittimità delle colonie e su altre questioni concernenti la sicurezza.
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