martedì, marzo 12, 2013
Alle 16.30 di oggi, le televisioni di tutto mondo saranno pronte a riprendere l’inizio della processione che in pochi minuti porterà i 115 cardinali elettori all’interno della Cappella Sistina per l’inizio del Conclave.  

Radio Vaticana - Ma di grande importanza simbolica e artistica sarà anche il punto di avvio della processione, la Cappella Paolina, anch’essa arricchita da due capolavori di Michelangelo e luogo dove il nuovo Pontificato vivrà uno dei suoi momenti iniziali. Lo racconta in questo servizio Alessandro De Carolis: ascolta
Quando il nuovo Papa vi entrerà da solo – l’onore e l’onere più grandi del mondo da pochi minuti poggiati sulle sue spalle – se li troverà accanto, Pietro a destra e Paolo a sinistra, la pietra e il fuoco, a ricordargli i due supremi doveri del suo nuovo ministero: confermare la fede della Chiesa e annunciare il Vangelo alle genti. Inizierà da qui, in ginocchio e in raccoglimento tra gli affreschi e gli stucchi policromi della Cappella Paolina, la missione del nuovo Successore di Pietro. Un luogo di preghiera e d’arte a pochi metri dalla Sistina, che Paolo III fece costruire tra il 1537 e il 1540 da Antonio da Sangallo. Ma soprattutto un luogo idealmente legato alla Cappella Sistina dal fatto di ospitare la stessa mano del genio ormai settantenne, Michelangelo Buonarroti, che sulle due pareti laterali, uno di fronte all’altro, dipinse nell’arco di otto anni, tra il 1542 e il 1550, la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di Saulo.

Si tratta di due scene di massa, che a un generico colpo d’occhio richiamano l’assembramento di corpi del Giudizio Universale. Ma qui, spiegano gli esperti, Michelangelo non organizza lo spazio in maniera coerente, preferendo una disposizione delle figure che suggerisce in chi guarda grande concitazione. In entrambi i casi, Michelangelo fotografa l’istante di un dramma. Nella scena di San Paolo, prevale il senso di panico per quella folgore scagliata dall’alto dalla mano di Cristo in direzione di Saulo, che è a terra, il braccio sinistro levato a protezione del viso, e a fianco il cavallo che si impenna imbizzarrito, mentre chi è attorno guardo sconvolto il cielo. Nella Crocifissione di Pietro, la tensione non è nei corpi ma tutta negli sguardi degli astanti. Occhiate cupe, oblique, rassegnate serpeggiano verso chi guarda il dipinto o fanno da corona al legno rovesciato, posto in diagonale, sul quale il primo degli Apostoli sta per essere alzato.

Immaginiamo che a colpire gli occhi del nuovo Papa saranno soprattutto i visi dei due Apostoli. Quello accecato dalla luce divina eppure sereno di Paolo, ritratto anacronisticamente con le fattezze di un uomo anziano – cioè trasformato in un “adulto” della fede – e quello teso e accigliato di Pietro, ritratto in una singolare torsione del busto in alto e all’indietro, che lo porta a lanciare uno sguardo teso alle proprie spalle. Nel celebrare la riapertura della Cappella Paolina nel 2009, al termine di un ciclo di restauri, Benedetto XVI diede una spiegazione magistrale di quei due volti. Entrambi disse, “stanno l’uno di fronte all’altro. Si potrebbe anzi pensare che quello di Pietro sia rivolto proprio al volto di Paolo, il quale, a sua volta, non vede, ma porta in sé la luce di Cristo risorto. E’ come se Pietro, nell’ora della prova suprema, cercasse quella luce che ha donato la vera fede a Paolo. Ecco allora che in questo senso le due icone possono diventare i due atti di un unico dramma: il dramma del Mistero pasquale: Croce e Risurrezione, morte e vita, peccato e grazia. L’ordine cronologico tra gli avvenimenti rappresentati è forse rovesciato, ma emerge il disegno della salvezza”. E concludeva, quasi presago della preghiera stabilita per il nuovo Papa nella cappella palatina: “Qui non si fanno solenni celebrazioni con il popolo. Qui il Successore di Pietro e i suoi collaboratori meditano in silenzio e adorano il Cristo vivente”.


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