giovedì, marzo 21, 2013
“Grazie”. Il foglio con la scritta in stampatello lo mostra dal balcone di casa sua Iolanda di Tella, la mamma di don Giuseppe Diana, mentre alcune migliaia di persone sfilano per via Garibaldi per ricordare il figlio ucciso dalla camorra il 19 marzo del 1994.

Liberainformazione - Non riesce a trattenere le lacrime l’anziana donna mentre dal corteo gridano “Don Peppe è vivo e lotta insieme a noi”. Al suo fianco Emilio, l’altro figlio, la sorregge anche lui commosso per la fiumana di gente che sfila. Il corteo, aperto dallo striscione “per amore del mio popolo”, che richiama il documento contro la camorra scritto da don Peppino nel 1991 insieme ad altri sacerdoti della Foranìa, si è avviato poco dopo le 9 dal parco dedicato a don Diana, alla periferia della città, e si è snodato lungo le tortuose vie di Casal di Principe. A sorreggere lo striscione il figlio di Domenico Noviello, Massimiliano, il figlio di Antonio Di Bona, Salvatore, il marito di Silvia Ruotolo e numerosi altri familiari di vittime innocenti della criminalità. Tra loro anche don Luigi Ciotti, il presidente dell’associazione Libera. A seguire decine di scuole, medie e superiori, provenienti da tutta la regione. “I casalesi onesti siamo noi”, cantavano tanti ragazzi accompagnati dai loro professori. Un ritornello che ad un certo punto ha pervaso l’intero corteo. Quando la testa del lungo serpentone è arrivata nei pressi della scuola elementare e materna dedicata proprio a don Diana, i bambini che erano in classe, sono usciti tutti, accompagnati dalle maestre, per parlare con don Luigi Ciotti. Il presidente di Libera non si è sottratto. Si è accovacciato tra loro chiedendo se conoscevano Don Peppino. “Si, era un sacerdote di Casale che lottava contro la camorra” ha risposto decisa una bambina. “Ecco, noi siamo qui per lui, ma anche per voi che siete così piccoli”.Poco dopo l’abbraccio tra don Ciotti e la mamma di Don Diana. Iolanda di Tella piange.“Non mi passa, non mi passa – dice stringendo don Ciotti – è più forte di me. Più passano gli anni e più il dolore è non riesco a sopportarlo”. Il corteo è arrivato poi nella chiesa di San Nicola di Bari, dove quella mattina di 19 anni fa don Peppino fu ucciso alle 7,30 con quattro colpi di pistola. La chiesa, pur grande, non riesce a contenere tutti. Si riempiono le tre file di banchi, le navate laterali, i corridoi centrali. I ragazzi si siedono a terra, altri non riescono ad entrare. Gli organizzatori l’avevano previsto. Ci sono altoparlanti anche fuori la chiesa. Alcune centinaia di persone restano sul sagrato. “Benvenuti nelle terre di don Peppe Diana – dice dal microfono Salvatore Cuoci, che presenta la manifestazione a nome di Libera e del Comitato don Diana – la presenza di così tanti giovani a Casal di Principe, annuncia due giorni prima l’arrivo della primavera. Dietro di me – dice Cuoci – ci sono quattro sedie vuote. Rappresentano quattro persone insignite dalla medaglia d’oro al valore civile: Don Giuseppe Diana, Mimmo Noviello, Federico del Prete e Joseph Aiymbora e che hanno dato la vita. Noi vogliamo ricordarli così.

“Don Peppino oggi è contento della vostra presenza – ha detto il parroco della chiesa di San Nicola di Bari, don Franco Picone – lui ha amato questa terra a tal punto che ha dato la vita per il suo popolo. Mi auguro che in ogni parte del mondo ci siano persone che possano amare la propria terra come l’ha amata don Peppino”. E Silvana Riccio, commissario straordinario del Comune di Casal di Principe, si è impegnata a intitolare la sala consiliare a don Giuseppe Diana. La proiezione del filmato “Da terra di camorra terra di don Diana”, che racconta di don Peppino e di cosa è accaduto dopo la sua morte, ha strappato un lungo applauso. Poi i ragazzi hanno parlato loro. Come sanno fare: con canti poesie, letture, pensieri. Dopo gli interventi previsti dei due magistrati Raffaello Magi e Federico Cafiero de Raho, don Luigi Ciotti ha chiuso la mattinata. “Don Peppino ha amato la sua gente e si è battuto per saldare la terra con il cielo. Soprattutto si è battuto per la dignità e i diritti delle persone. Ha parlato chiaro, come dice il Vangelo, ha chiamato per nome il male. Il suo messaggio è ancora attuale e come diceva lui, bisogna risalire sui tetti per annunciare parole di vita. La memoria da sola non basta – ha detto don ciotti – per ricordare don Peppino”. Ci vuole soprattutto impegno .

Ora il popolo delle terre di don Peppe Diana, si aspetta passi concreti per la sua beatificazione. Lo sa bene il Vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, che ha previsto un incontro nel pomeriggio traMonsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, postulatore della causa di beatificazione di don Pino Puglisi, e Donato Ceglie, magistrato presso la Procura generale della Repubblica di Napoli e amico di don Diana. Ancora don Ciotti: “Se lo fa beato anche la chiesa è un di più – dice don Luigi – per noi don Peppino Diana è già santo”. Ma a battere su questo nervo scoperto della Chiesa è stato don Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra: “Non capisco il silenzio della Chiesa su don Giuseppe Diana. Mentre si è impegnati a sottolineare l’opera, sicuramente meritoria, di altri parroci vittime della mafia, come padre Pino Puglisi, per il quale appare avviato il percorso verso la beatificazione, avverto un imbarazzante silenzio su don Diana”. Una polemica rispedita al mittente dal vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo che in serata a Casal di Principe, nel corso di una discussione tra Monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, postulatore della causa di beatificazione di don Pino Puglisi, e Donato Ceglie, magistrato presso la Procura generale della Repubblica di Napoli ha detto: “Don Riboldi evidentemente è male informato. Non conosce tutte le iniziative che abbiamo messo in campo per don Diana”.

Raffaele Sardo, giornalista freelance per “Dallapartedellevittime”


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