“Vista la natura e l’importanza della minaccia residua, una forza parallela alla missione Onu sarà assolutamente necessaria in Mali per svolgere operazioni importanti sia di combattimento che di contro-terrorismo”.
Misna - Lo precisa il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in vista del prossimo voto di una risoluzione da parte dei 15 Stati membri del Consiglio di sicurezza che a breve dovrebbero dare il loro consenso all’invio di caschi blu. La missione, che dovrebbe essere dispiegata entro luglio, potrebbe coinvolgere fino a 11.200 uomini. “I caschi blu non hanno l’esperienza né l’equipaggiamento necessario per svolgere questo tipo di missione, quella della lotta al terrorismo” aggiunge Ban nel suo rapporto, in cui, però, non si precisa da quale parte potrebbe venire il sostegno all’ Onu. Alcuni analisti hanno già sottolineato che le Nazioni Unite auspicano il mantenimento della presenza militare francese in Mali. Altre interpretazioni hanno invece evidenziato che rimane ancora in piedi l’opzione Misma, cioè la Missione internazionale di sostegno al Mali a comando africano. A lei, appoggiata dai soldati maliani, potrebbe essere assegnata un ruolo offensivo nei confronti dei gruppi estremisti e di stabilizzazione, mentre all’Onu toccherebbe una missione di natura più politica. “I caschi blu dell’Onu saranno in numero sufficiente per garantire la sicurezza delle zone popolate considerate più a rischio” precisa il rapporto a firma di Ban, consegnato al Consiglio di sicurezza, aggiungendo che “prima del dispiegamento dovranno essere riunite le condizioni politiche e di sicurezza”.
Dall’11 gennaio è in corso un’operazione militare francese Serval, attuata assieme ai soldati di Bamako, del Ciad e di altri paesi dell’Africa occidentale; dopo aver ripreso il controllo dei tre capoluoghi settentrionali di Kidal, Gao e Timbuctù, ora le forze sono impegnate a ristabilire pienamente la sicurezza e a dare la caccia a elementi di Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) nascosti nei territori montuosi all’estremo nord-est del paese, tra cui il massiccio del Tigharghar.
“Anche quando l’integrità territoriale del Mali sarà stata pienamente ristabilita, numerosi rischi permarranno: gli attacchi dei gruppi terroristi, la proliferazione di armi, il traffico di droga e altre attività criminali, ordigni non esplosi e seppelliti” ha avvertito il segretario generale. La lettura dell’attuale situazione politica maliana fatta da Ban è di segno negativo: “Il processo politico registra un ritardo pericoloso e non sono riunite le condizioni per un voto libero, credibile e pacifico. In assenza di riconciliazione non c’è posto per un dibattito costruttivo, anzi lo svolgimento di elezioni potrebbe generare altra instabilità e violenzE” conclude il rapporto. v Dal terreno investigazioni realizzate dall’organizzazione di difesa dei diritti umani Human Rights Watch (Hrw) hanno accusato le forme armate di Bamako di aver torturato sette uomini sospettati di essere vicini ad Aqmi durante l’operazione di riconquista del nord. I sette, tutti di etnia tuareg, hanno raccontato di essere stati picchiati mentre i loro corpi portano segni evidenti di tortura; un acido iniettatoli avrebbe bruciato la loro pelle. Non sono le prime accuse mosse nei confronti dell’esercito maliano, ma per il governo di Bamako, che si è impegnato a processare eventuali colpevoli, queste violazioni sono “soltanto casi isolati”.
Misna - Lo precisa il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in vista del prossimo voto di una risoluzione da parte dei 15 Stati membri del Consiglio di sicurezza che a breve dovrebbero dare il loro consenso all’invio di caschi blu. La missione, che dovrebbe essere dispiegata entro luglio, potrebbe coinvolgere fino a 11.200 uomini. “I caschi blu non hanno l’esperienza né l’equipaggiamento necessario per svolgere questo tipo di missione, quella della lotta al terrorismo” aggiunge Ban nel suo rapporto, in cui, però, non si precisa da quale parte potrebbe venire il sostegno all’ Onu. Alcuni analisti hanno già sottolineato che le Nazioni Unite auspicano il mantenimento della presenza militare francese in Mali. Altre interpretazioni hanno invece evidenziato che rimane ancora in piedi l’opzione Misma, cioè la Missione internazionale di sostegno al Mali a comando africano. A lei, appoggiata dai soldati maliani, potrebbe essere assegnata un ruolo offensivo nei confronti dei gruppi estremisti e di stabilizzazione, mentre all’Onu toccherebbe una missione di natura più politica. “I caschi blu dell’Onu saranno in numero sufficiente per garantire la sicurezza delle zone popolate considerate più a rischio” precisa il rapporto a firma di Ban, consegnato al Consiglio di sicurezza, aggiungendo che “prima del dispiegamento dovranno essere riunite le condizioni politiche e di sicurezza”.
Dall’11 gennaio è in corso un’operazione militare francese Serval, attuata assieme ai soldati di Bamako, del Ciad e di altri paesi dell’Africa occidentale; dopo aver ripreso il controllo dei tre capoluoghi settentrionali di Kidal, Gao e Timbuctù, ora le forze sono impegnate a ristabilire pienamente la sicurezza e a dare la caccia a elementi di Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) nascosti nei territori montuosi all’estremo nord-est del paese, tra cui il massiccio del Tigharghar.
“Anche quando l’integrità territoriale del Mali sarà stata pienamente ristabilita, numerosi rischi permarranno: gli attacchi dei gruppi terroristi, la proliferazione di armi, il traffico di droga e altre attività criminali, ordigni non esplosi e seppelliti” ha avvertito il segretario generale. La lettura dell’attuale situazione politica maliana fatta da Ban è di segno negativo: “Il processo politico registra un ritardo pericoloso e non sono riunite le condizioni per un voto libero, credibile e pacifico. In assenza di riconciliazione non c’è posto per un dibattito costruttivo, anzi lo svolgimento di elezioni potrebbe generare altra instabilità e violenzE” conclude il rapporto. v Dal terreno investigazioni realizzate dall’organizzazione di difesa dei diritti umani Human Rights Watch (Hrw) hanno accusato le forme armate di Bamako di aver torturato sette uomini sospettati di essere vicini ad Aqmi durante l’operazione di riconquista del nord. I sette, tutti di etnia tuareg, hanno raccontato di essere stati picchiati mentre i loro corpi portano segni evidenti di tortura; un acido iniettatoli avrebbe bruciato la loro pelle. Non sono le prime accuse mosse nei confronti dell’esercito maliano, ma per il governo di Bamako, che si è impegnato a processare eventuali colpevoli, queste violazioni sono “soltanto casi isolati”.
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