martedì, marzo 12, 2013
Lo afferma il comandante in seconda della nave Enrica Lexie, Carlo Noviello, in un’intervista a Radio Capital. 

Youreporternews - Così ricostruisce i fatti Noviello, parlando dell’evento che comportò il fermo dei sottufficiali di Marina, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, che si trovavano a bordo della nave in servizio anti-pirateria. “Eravamo sul ponte. Quando la barca si è avvicinata a 100 metri, Latorre ha fatto le segnalazioni ottiche, poi ha mostrato il fucile. Ma loro continuavano imperterriti ad avvicinarsi, in una chiara manovra d’abbordaggio. E allora Girone e Latorre hanno sparato. In acqua, però. Quando la barca si è allontanata, col binocolo abbiamo visto che erano armati ma non era morto nessuno e le due persone, fuori dal cabinato, erano ancora in piedi”<.

Poi si è verificata un’altra sparatoria, riferisce ancora Noviello, fuori dal porto, con la guardia costiera locale di Koci.

“Penso che i due pescatori morti fossero quelli. E per coprire questo errore siamo capitati noi di mezzo”, dice il capitano in seconda della nave Enrica Lexie.

“La guardia costiera di Mumbai, quando mi ha telefonato, mi ha detto esplicitamente di entrare a Koci perché loro avevano catturato due barchette sospette pirata e volevano il nostro eventuale riconoscimento. Ci hanno fatti avvicinare con l’inganno”.

La nave infatti, come hanno sostenuto i marò e come ha ribadito il ministero degli Esteri italiano, si trovavano in acque internazionali. Per questo il nostro paese ha sempre considerato il fermo di Girone e Latorre in India, come una violazione del diritto internazionale.

La nave italiana era a venti miglia e mezzo, in acque internazionali”, dice Noviello intervistato a Radio Capital, “la posizione l’ho messa io sulla carta”.


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