venerdì, marzo 15, 2013
Nel 2012 è raddoppiato il numero dei detenuti deceduti nelle carceri congolesi, un dato “estremamente preoccupante”: è questa la principale conclusione del rapporto congiunto stilato dall’Alto commissariato ai diritti umani e dalla locale missione Onu per la stabilizzazione del Congo (Monusco), un rapporto che evidenzia un “grave deteriorarsi delle condizioni di detenzione”.  

Misna - Lo scorso anno sono morti 101 prigionieri in circostanze difficili: sovraffollamento dei centri di detenzione con tassi di occupazione che superano fino all’800% la capacità numerica, come nel carcere di Goma o nella prigione centrale di Makala, a Kinshasa. Il documento è il frutto di un’inchiesta realizzata in una parte dei 222 luoghi di detenzione e in base alla quale il numero totale di prigionieri è stato stimato in 20.000 persone in un paese che conta 68 milioni di abitanti. Il tasso di detenzione non è molto elevato ma, sottolinea il rapporto, le difficoltà sono “tante”. Oltre al sovraffollamento, che provoca morti per soffocamento “in spazi angusti, non ventilati”, c’è la malnutrizione, responsabile di un decesso su cinque, ma anche l’insufficienza di cure mediche che “creano una promiscuità pericolosa per la vita dei detenuti”. Delle 211 persone che hanno perso la vita negli ultimi tre anni, per 84 di loro la causa è stata la carenza di cibo, per altri 103 la mancanza di assistenza sanitaria e in 24 casi la conseguenza di maltrattamenti. Inoltre il documento stilato dalle Nazioni Unite deplora il fatto che le autorità giudiziarie abbiano “fatto ricorso alla detenzione provvisoria sistematicamente e non in modo eccezionale, come previsto dalla Costituzione”. La situazione critica in cui versa il mondo carcerario congolese viene ricollegata da diversi osservatori e difensori dei diritti umani ai finanziamenti ridotti da parte dello Stato, alla mancanza di trasparenza nella gestione delle prigioni e alla corruzione diffusa. Secondo Scott Campbell, rappresentante dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani, “serve una vasta riforma del settore penitenziario”. Inoltre, ha sottolineato l’avvocato e difensore dei diritti umani Sylvain Lumu Mbaya, “oltre alle carceri ufficiali, per le quali è importante denunciare le cattive condizioni di detenzione, ci sono centri ‘non ufficiali’ gestiti direttamente dai servizi di informazione ai quali non abbiamo mai accesso”. In risposta al rapporto e alle critiche espresse da varie parti, il portavoce del governo di Kinshasa, Lambert Mende, ha dichiarato che “si tratta di dati che coincidono con i nostri ma che vanno letti in una prospettiva più ampia”. Il portavoce ha chiesto ai difensori dei diritti umani di fornire al governo “un elenco di quei centri definiti non ufficiali”.

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