Il capo della Polizia Antonio Manganelli è morto mercoledì mattina. Antonio Manganelli era ricoverato al reparto Rianimazione dell’ospedale San Giovanni di Roma.
Dopo l’intervento d’urgenza effettuato tre settimane fa per l’asportazione di un edema cerebrale, era insorta un’infezione respiratoria, poi peggiorata.
Youreporternews - Da 2 anni combatteva contro il tumore che l’aveva colpito, era stato ricoverato d’urgenza al San Giovanni di Roma il 24 febbraio. Manganelli non aveva mai lasciato il reparto di Rianimazione. Originario di Avellino, 62 anni compiuti a dicembre, Manganelli era capo della polizia dal giugno 2007. Malato da tempo, era stato ricoverato d’urgenza ed operato all’Ospedale San Giovanni per la rimozione di un ematoma cerebrale, conseguenza di un’emorragia. “Piango un grande servitore dello Stato, un esempio di dedizione al dovere come Antonio Manganelli. Mi unisco all’immenso dolore della sua famiglia e abbraccio idealmente tutti i poliziotti italiani che hanno avuto, in questi anni, una guida forte e sicura”, è stata la reazione di Pier Ferdinando Casini, una delle prime alla notizia del decesso del capo della polizia.
“Ciao Antonio, maestro di vita e amico vero. Rimarrai per sempre nel mio cuore”, scrive su Twitter Roberto Maroni, avendo appreso la notizia.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli, si era specializzato in Criminologia Clinica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Modena. Dagli anni ’70 ha operato costantemente nel campo delle investigazioni, acquisendo particolare esperienza e preparazione tecnica nel settore dei sequestri di persona a scopo di estorsione prima ed in quello antimafia poi.
Ha lavorato al fianco dei più valorosi magistrati e di organi giudiziari investigativi europei ed extraeuropei, legando il suo nome anche alla cattura di alcuni dei latitanti di maggior spicco delle organizzazioni mafiose.
È stato docente di Tecnica di Polizia Giudiziaria presso l’Istituto Superiore di Polizia e autore di pubblicazioni scientifiche in materia di sequestri di persona e di tecnica di polizia giudiziaria, tra cui il manuale pratico delle tecniche di indagine “Investigare” (Cedam), scritto con il prefetto Franco Gabrielli, all’epoca direttore del Sisde.
Ha diretto il Servizio Centrale di Protezione dei collaboratori di giustizia ed è stato questore di Palermo e di Napoli. Nel 2000 è stato nominato dal Consiglio dei Ministri prefetto di prima classe, con l’incarico di direttore centrale della Polizia Criminale e vice direttore generale della Pubblica Sicurezza. Dal 3 dicembre 2001 è stato vice direttore generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie. Il 25 giugno 2007 il Consiglio dei ministri lo aveva nominato Capo della Polizia.
Manganelli è un capo che sa riconoscere gli errori: incontra i genitori di Federico Aldrovandi, il 18enne ucciso durante un controllo di polizia a Ferrara nel settembre del 2005 e 11 anni dopo l’irruzione alla Diaz, all’indomani del verdetto della Cassazione che conferma le condanne d’appello per falso nei confronti della catena di comando all’epoca del G8 di Genova, ammette: questo è “il momento delle scuse”. “Scuse dovute”, ai cittadini “che hanno subito danni” e anche a quelli che, avendo fiducia nella polizia, “l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza”.
Youreporternews - Da 2 anni combatteva contro il tumore che l’aveva colpito, era stato ricoverato d’urgenza al San Giovanni di Roma il 24 febbraio. Manganelli non aveva mai lasciato il reparto di Rianimazione. Originario di Avellino, 62 anni compiuti a dicembre, Manganelli era capo della polizia dal giugno 2007. Malato da tempo, era stato ricoverato d’urgenza ed operato all’Ospedale San Giovanni per la rimozione di un ematoma cerebrale, conseguenza di un’emorragia. “Piango un grande servitore dello Stato, un esempio di dedizione al dovere come Antonio Manganelli. Mi unisco all’immenso dolore della sua famiglia e abbraccio idealmente tutti i poliziotti italiani che hanno avuto, in questi anni, una guida forte e sicura”, è stata la reazione di Pier Ferdinando Casini, una delle prime alla notizia del decesso del capo della polizia.
“Ciao Antonio, maestro di vita e amico vero. Rimarrai per sempre nel mio cuore”, scrive su Twitter Roberto Maroni, avendo appreso la notizia.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli, si era specializzato in Criminologia Clinica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Modena. Dagli anni ’70 ha operato costantemente nel campo delle investigazioni, acquisendo particolare esperienza e preparazione tecnica nel settore dei sequestri di persona a scopo di estorsione prima ed in quello antimafia poi.
Ha lavorato al fianco dei più valorosi magistrati e di organi giudiziari investigativi europei ed extraeuropei, legando il suo nome anche alla cattura di alcuni dei latitanti di maggior spicco delle organizzazioni mafiose.
È stato docente di Tecnica di Polizia Giudiziaria presso l’Istituto Superiore di Polizia e autore di pubblicazioni scientifiche in materia di sequestri di persona e di tecnica di polizia giudiziaria, tra cui il manuale pratico delle tecniche di indagine “Investigare” (Cedam), scritto con il prefetto Franco Gabrielli, all’epoca direttore del Sisde.
Ha diretto il Servizio Centrale di Protezione dei collaboratori di giustizia ed è stato questore di Palermo e di Napoli. Nel 2000 è stato nominato dal Consiglio dei Ministri prefetto di prima classe, con l’incarico di direttore centrale della Polizia Criminale e vice direttore generale della Pubblica Sicurezza. Dal 3 dicembre 2001 è stato vice direttore generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie. Il 25 giugno 2007 il Consiglio dei ministri lo aveva nominato Capo della Polizia.
Manganelli è un capo che sa riconoscere gli errori: incontra i genitori di Federico Aldrovandi, il 18enne ucciso durante un controllo di polizia a Ferrara nel settembre del 2005 e 11 anni dopo l’irruzione alla Diaz, all’indomani del verdetto della Cassazione che conferma le condanne d’appello per falso nei confronti della catena di comando all’epoca del G8 di Genova, ammette: questo è “il momento delle scuse”. “Scuse dovute”, ai cittadini “che hanno subito danni” e anche a quelli che, avendo fiducia nella polizia, “l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza”.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.