“Questa misura mette solo in evidenza quello che per molti anni i governi di turno, incluso quello attuale, hanno voluto nascondere. I popoli indigeni non si fidano né credono nelle decisioni del governo: riteniamo che sia solo un tentativo di dirci che sono preoccupati per la nostra gente, ma di fatto non hanno alcuna intenzione di sistemare le cose”.
Misna - Così fonti di organizzazioni indigene, contattate dalla MISNA nella regione settentrionale di Loreto, commentano con amarezza e disillusione lo stato di emergenza ambientale per “contaminazione” che l’esecutivo del presidente Ollanta Humala ha proclamato in settimana nella conca del fiume Pastaza, al confine con l’Ecuador; un’area dell’Amazzonia peruviana in cui opera l’azienda petrolifera argentina Pluspetrol. Una misura, recita il decreto, che si è resa necessaria a fronte di “livelli di rischio significativo per la popolazione a causa delle elevate concentrazioni di elementi chimici e microbiologici presumibilmente associati all’attività idrocarburifera che superano gli standard ambientali”.
“La situazione non è mai stata giudicata importante dal governo” continuano le stesse fonti, più volte bersaglio di minacce per aver svelato le collusioni politiche e gli interessi economici che persistono dietro ai disagi e alle sofferenze dei popoli nativi amazzonici peruviani. “La denuncia sulla contaminazione – insistono – si deve alle pressioni che il Puinamud, la federazione delle comunità indigene delle conche dei fiumi Pastaza, Corrientes, Tigre e Marañón, altamente contaminate dalle aziende petrolifere, conducono da tempo. Hanno denunciato lo Stato peruviano per la vendita delle loro terre, 40 anni di contaminazione, l’abbandono delle popolazioni locali. In più, il governo ha applicato trattati internazionali, come il Trattato di libero commercio, che lo hanno di fatto obbligato a cedere i territori degli indigeni amazzonici a società che estraggono idrocarburi e legname, così come alle imprese turistiche, in violazione dei diritti dei nostri popoli fissati dall’Organizzazione internazionale del lavoro, ovvero senza consultarci prima”.
Le fonti sentite dalla MISNA ricordano, tra l’altro, che “proprio in questi giorni alla Tv nazionale circola uno spot finanziato dal ministero dell’Ambiente e Pluspetrol che mostra la costruzione di una scuola a Andoas, un’area di conflitto colpita da contaminazione, nella provincia di Datem. Alla fine lo spot dice che «queste cose si possono ottenere quando c’è dialogo e buona volontà»…Beh, noi non crediamo nella buona volontà del governo e tanto meno in quella di Pluspetrol. La nostra gente muore e soffre di strane malattie senza che il governo faccia nulla. I popoli indigeni chiedono che si metta riparo ai danni provocati da oltre 40 anni di contaminazione, che si rispettino le loro terre. In caso contrario non potremmo neanche accettare le cosiddette ‘consultazioni preventive’: non si può chiedere a qualcuno il permesso di entrare nella sua casa quando già lo si è fatto. Il minimo che ci si deve attendere – concludono – è di essere cacciati in malo modo”.
Misna - Così fonti di organizzazioni indigene, contattate dalla MISNA nella regione settentrionale di Loreto, commentano con amarezza e disillusione lo stato di emergenza ambientale per “contaminazione” che l’esecutivo del presidente Ollanta Humala ha proclamato in settimana nella conca del fiume Pastaza, al confine con l’Ecuador; un’area dell’Amazzonia peruviana in cui opera l’azienda petrolifera argentina Pluspetrol. Una misura, recita il decreto, che si è resa necessaria a fronte di “livelli di rischio significativo per la popolazione a causa delle elevate concentrazioni di elementi chimici e microbiologici presumibilmente associati all’attività idrocarburifera che superano gli standard ambientali”.
“La situazione non è mai stata giudicata importante dal governo” continuano le stesse fonti, più volte bersaglio di minacce per aver svelato le collusioni politiche e gli interessi economici che persistono dietro ai disagi e alle sofferenze dei popoli nativi amazzonici peruviani. “La denuncia sulla contaminazione – insistono – si deve alle pressioni che il Puinamud, la federazione delle comunità indigene delle conche dei fiumi Pastaza, Corrientes, Tigre e Marañón, altamente contaminate dalle aziende petrolifere, conducono da tempo. Hanno denunciato lo Stato peruviano per la vendita delle loro terre, 40 anni di contaminazione, l’abbandono delle popolazioni locali. In più, il governo ha applicato trattati internazionali, come il Trattato di libero commercio, che lo hanno di fatto obbligato a cedere i territori degli indigeni amazzonici a società che estraggono idrocarburi e legname, così come alle imprese turistiche, in violazione dei diritti dei nostri popoli fissati dall’Organizzazione internazionale del lavoro, ovvero senza consultarci prima”.
Le fonti sentite dalla MISNA ricordano, tra l’altro, che “proprio in questi giorni alla Tv nazionale circola uno spot finanziato dal ministero dell’Ambiente e Pluspetrol che mostra la costruzione di una scuola a Andoas, un’area di conflitto colpita da contaminazione, nella provincia di Datem. Alla fine lo spot dice che «queste cose si possono ottenere quando c’è dialogo e buona volontà»…Beh, noi non crediamo nella buona volontà del governo e tanto meno in quella di Pluspetrol. La nostra gente muore e soffre di strane malattie senza che il governo faccia nulla. I popoli indigeni chiedono che si metta riparo ai danni provocati da oltre 40 anni di contaminazione, che si rispettino le loro terre. In caso contrario non potremmo neanche accettare le cosiddette ‘consultazioni preventive’: non si può chiedere a qualcuno il permesso di entrare nella sua casa quando già lo si è fatto. Il minimo che ci si deve attendere – concludono – è di essere cacciati in malo modo”.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.