Un'analisi delle sentenze che spingono ad eliminare l'embrione disabile e la petizione europea lanciata per tutelare la vita in tutte le sue fasi. Firma anche tu.
Città Nuova - La Cassazione ha recentemente condannato un ginecologo per la nascita di una bambina down, avendo la madre dichiarato "condizione imprescindibile" per la nascita che la bambina fosse sana. Il presupposto del preteso diritto di eliminare i figli malformati e del corrispondente preteso diritto del figlio a non nascere malformato, è che prima della nascita non esiste un essere umano a pieno titolo, non esiste un soggetto, non c'è un bambino. Certo, è un piccolo, piccolissimo essere umano nella fase prenatale, ma pur sempre un bambino. Stando alla sentenza, il medico sarebbe stato inadempiente perché, non avendo suggerito tutti i possibili esami diagnostici per scovare l'eventuale anomalia, avrebbe impedito alla donna di «compiere la scelta di interrompere la gravidanza» e violato il suo «diritto di autodeterminazione».
La «nascita malformata» (che brutta espressione!) avrebbe, inoltre, compromesso il benessere delle sorelle, di cui «non può non presumersi l'attitudine a subire un serio danno non patrimoniale [.] alla morte dei genitori. Danno [.] consistente, tra l'altro [.] nella inevitabile, minore disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo dedicato al figlio affetto da handicap, nonché nella diminuita possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da serenità e distensione».
La strada imboccata è quella che porta alla terribile deriva dell'aborto-dovere; al rifiuto che elimina l'altro, come risposta all'esistenza umana segnata dalla malattia e dalla disabilità; all'approssimarsi della possibilità per il disabile di chiedere il risarcimento del danno non solo al medico, ma anche alla madre per non aver esercitato il suo diritto di autodeterminazione nell'"interesse" del figlio a non nascere se non sano.
Alla deriva originata dall'incapacità di vedere nel piccolissimo essere umano un uguale in dignità e dalla corrispondente sopraffazione del più forte sul più debole, conduce anche la decisione del tribunale di Cagliari (15 novembre 2012) che ha autorizzato la selezione discriminatoria, eugenetica e distruttiva, degli embrioni umani mediante la diagnosi genetica pre-impianto. Sappiamo che sulle questioni "eticamente sensibili" il panorama, assai articolato, tocca il cuore della cosiddetta "nuova questione antropologica", in particolare nel campo dell'inizio e fine della vita umana. Ricordiamo le manipolazioni linguistiche che accompagnano i tentativi di estromettere il concepito e i suoi diritti fuori dall'orizzonte di attenzione civile e politica, di stravolgere i diritti umani rendendoli strumenti di prevaricazione dei più deboli e indifesi, come quando si pretende di introdurre l'aborto come "diritto umano fondamentale". Su questa strada i diritti umani possono addirittura diventare uno strumento di oppressione nei confronti dei più deboli, come sono il concepito, l'anziano, il sofferente, il morente.
Ma sappiamo anche che il cuore della moderna idea dei diritti umani è il riconoscimento dell'uguale dignità di ogni essere umano come fondamento di libertà, giustizia e pace. In questa prospettiva merita il massimo sostegno l'iniziativa cittadina europea denominata "Uno di noi" per estendere "la protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell'integrità di ogni essere umano fin dal concepimento in tutte le aree di competenza dell'UE". Essa richiama il valore della vita umana come energia capace di superare la crisi, costruire un vero popolo europeo, rigenerare le antiche e sempre nuove radici della cultura europea in nome del valore universale di ogni essere umano dal concepimento.
Per essere considerato valido, occorre che il testo della proposta sia sottoscritto da almeno un milione di cittadini provenienti da almeno sette paesi dell'Unione entro un anno dalla sua presentazione. L'iniziativa cittadina implica l'obbligo per la Commissione europea di prendere in considerazione la richiesta e dare una risposta preceduta da un'audizione ad alto livello degli organizzatori (per informazioni vedi www.unodinoi.mpv.org).
Perché sottoscrivere "Uno di noi"? Perché la diagnosi prenatale non deve essere trasformata in un setaccio finalizzato all'esercizio del "diritto all'aborto"; perché la vita umana vale in sé, non a certe condizioni; perché è inaccettabile che chi avrebbe bisogno di cura e attenzione sia ritenuto inutile, o considerato un fardello da rifiutare (prima della nascita) o da risarcire (dopo la nascita); perché il diverso non è una "minaccia" da cui difendersi perché mette in discussione il benessere di chi è più fortunato; perché i figli sono un dono è non un diritto da soddisfare a tutti i costi; perché una vera tutela della maternità implica tutti gli interventi e le attività volte a favorire la nascita del bambino e non la sua eliminazione; perché i diritti umani crollano nell'inconsistenza se l'essere umano appena concepito non è considerato un soggetto titolare almeno del basilare diritto a vivere; perché un'autentica "cultura dell'infanzia" non può che essere inclusiva di tutti, ma proprio di tutti i bambini: grandi, piccoli e piccolissimi come sono i bambini in viaggio verso la nascita. Non li dimentichiamo.
Città Nuova - La Cassazione ha recentemente condannato un ginecologo per la nascita di una bambina down, avendo la madre dichiarato "condizione imprescindibile" per la nascita che la bambina fosse sana. Il presupposto del preteso diritto di eliminare i figli malformati e del corrispondente preteso diritto del figlio a non nascere malformato, è che prima della nascita non esiste un essere umano a pieno titolo, non esiste un soggetto, non c'è un bambino. Certo, è un piccolo, piccolissimo essere umano nella fase prenatale, ma pur sempre un bambino. Stando alla sentenza, il medico sarebbe stato inadempiente perché, non avendo suggerito tutti i possibili esami diagnostici per scovare l'eventuale anomalia, avrebbe impedito alla donna di «compiere la scelta di interrompere la gravidanza» e violato il suo «diritto di autodeterminazione».
La «nascita malformata» (che brutta espressione!) avrebbe, inoltre, compromesso il benessere delle sorelle, di cui «non può non presumersi l'attitudine a subire un serio danno non patrimoniale [.] alla morte dei genitori. Danno [.] consistente, tra l'altro [.] nella inevitabile, minore disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo dedicato al figlio affetto da handicap, nonché nella diminuita possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da serenità e distensione».
La strada imboccata è quella che porta alla terribile deriva dell'aborto-dovere; al rifiuto che elimina l'altro, come risposta all'esistenza umana segnata dalla malattia e dalla disabilità; all'approssimarsi della possibilità per il disabile di chiedere il risarcimento del danno non solo al medico, ma anche alla madre per non aver esercitato il suo diritto di autodeterminazione nell'"interesse" del figlio a non nascere se non sano.
Alla deriva originata dall'incapacità di vedere nel piccolissimo essere umano un uguale in dignità e dalla corrispondente sopraffazione del più forte sul più debole, conduce anche la decisione del tribunale di Cagliari (15 novembre 2012) che ha autorizzato la selezione discriminatoria, eugenetica e distruttiva, degli embrioni umani mediante la diagnosi genetica pre-impianto. Sappiamo che sulle questioni "eticamente sensibili" il panorama, assai articolato, tocca il cuore della cosiddetta "nuova questione antropologica", in particolare nel campo dell'inizio e fine della vita umana. Ricordiamo le manipolazioni linguistiche che accompagnano i tentativi di estromettere il concepito e i suoi diritti fuori dall'orizzonte di attenzione civile e politica, di stravolgere i diritti umani rendendoli strumenti di prevaricazione dei più deboli e indifesi, come quando si pretende di introdurre l'aborto come "diritto umano fondamentale". Su questa strada i diritti umani possono addirittura diventare uno strumento di oppressione nei confronti dei più deboli, come sono il concepito, l'anziano, il sofferente, il morente.
Ma sappiamo anche che il cuore della moderna idea dei diritti umani è il riconoscimento dell'uguale dignità di ogni essere umano come fondamento di libertà, giustizia e pace. In questa prospettiva merita il massimo sostegno l'iniziativa cittadina europea denominata "Uno di noi" per estendere "la protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell'integrità di ogni essere umano fin dal concepimento in tutte le aree di competenza dell'UE". Essa richiama il valore della vita umana come energia capace di superare la crisi, costruire un vero popolo europeo, rigenerare le antiche e sempre nuove radici della cultura europea in nome del valore universale di ogni essere umano dal concepimento.
Per essere considerato valido, occorre che il testo della proposta sia sottoscritto da almeno un milione di cittadini provenienti da almeno sette paesi dell'Unione entro un anno dalla sua presentazione. L'iniziativa cittadina implica l'obbligo per la Commissione europea di prendere in considerazione la richiesta e dare una risposta preceduta da un'audizione ad alto livello degli organizzatori (per informazioni vedi www.unodinoi.mpv.org).
Perché sottoscrivere "Uno di noi"? Perché la diagnosi prenatale non deve essere trasformata in un setaccio finalizzato all'esercizio del "diritto all'aborto"; perché la vita umana vale in sé, non a certe condizioni; perché è inaccettabile che chi avrebbe bisogno di cura e attenzione sia ritenuto inutile, o considerato un fardello da rifiutare (prima della nascita) o da risarcire (dopo la nascita); perché il diverso non è una "minaccia" da cui difendersi perché mette in discussione il benessere di chi è più fortunato; perché i figli sono un dono è non un diritto da soddisfare a tutti i costi; perché una vera tutela della maternità implica tutti gli interventi e le attività volte a favorire la nascita del bambino e non la sua eliminazione; perché i diritti umani crollano nell'inconsistenza se l'essere umano appena concepito non è considerato un soggetto titolare almeno del basilare diritto a vivere; perché un'autentica "cultura dell'infanzia" non può che essere inclusiva di tutti, ma proprio di tutti i bambini: grandi, piccoli e piccolissimi come sono i bambini in viaggio verso la nascita. Non li dimentichiamo.
Marina Casini
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