In esclusiva per gli amici della Perfetta Letizia, le parole accorate di benvenuto a Papa Francesco, di Remo Di Pinto, Ministro Nazionale Ordine Francescano Secolare d’Italia
Trenta giorni! Sono stati sufficienti per offrire la visione più positiva che si potesse dare al mondo disilluso e disperato che abitiamo, per dirci che questa nostra storia è in realtà ancora gravida di Dio e che la Chiesa di Cristo è viva e capace di rinnovarsi per rinnovare! Dal seme che sceglie di morire affidandosi alle fenditure del terreno nasce ora un germoglio nuovo, capace di aprirsi un varco tra le zolle per dare vita e speranza nuova. Così come una dichiarazione di umana impotenza: “Non ho più forza!”, affidata alle viscere di questa storia e di questa Chiesa bisognose di tornare a essere feconde, ha generato una “vita nuova”, ricca di energia ed entusiasmo, anticipando nell’oggi il futuro.
Paradosso evangelico! Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto! L’Anno della Fede non poteva offrire dimostrazione migliore di questa: scegliendo – nei fatti - di affidarsi all’immagine evangelica del seme che muore, Papa Benedetto XVI ha testimoniato grande concretezza di fede e ha favorito la maturazione dei primi frutti. Immagine viva di un affidamento alla croce diverso ma non minore rispetto a quello che fu di Papa Giovanni Paolo II, e capace del medesimo straordinario passaggio dalla morte alla vita. Vita concepita da una “rinuncia” e custodita da una gestazione durata trenta giorni, conclusa da un parto al quale, come se si conoscesse in anticipo la data del termine, tutto il mondo ha deciso di partecipare, dandosi appuntamento nella “sala parto” più grande e suggestiva del pianeta. Ombrelli aperti, come a formare un unico tetto, a coprire un popolo in una Piazza, il mondo…straordinario anticipo di una “casa di fraternità”, di famiglia in intima relazione, di sintonia dei cuori, quasi sintonizzati su un unico battito, accelerato dall’attesa, come vaso che attende di essere colmato di una misura pigiata scossa e traboccante.
Occhi rivolti al comignolo fumante di un fumo bianco che ha atteso il buio della sera per mostrarsi così chiaro e luminoso, perché quella fumata non era solo bianca, ma luminosa! La Chiesa si affida ancora e di nuovo a Francesco! Ha cercato e trovato la spalla capace di sostenerla! Sintonia di desideri…la Chiesa si avvicina al popolo con un salto che si racchiude nel tempo della pronuncia del nome del santo di Assisi! Seguono migliaia di occhi mendicanti di uno sguardo che non tarda a mostrarsi e a cercare il volto di ciascuno. Trascorrono secondi di silenzio surreale, di conoscenza intima e fraterna, di fronte all’immagine di un corpo ritto che sembrava volersi offrire senza difesa alcuna: eccomi! Un dialogo che inizia con il linguaggio del corpo e prosegue con parole semplici, fraterne, consolanti…che introduce alla seconda immagine evangelica che colgo in questa esperienza così forte: sulla strada, come il Cristo con i discepoli di Emmaus, un Vescovo che si affida immediatamente al cammino per le strade del mondo, che si pone al fianco di gente in dubbio e dialoga con questa, con un linguaggio immediatamente comprensibile ed efficace; poi nell’umiltà, chinandosi e invocando una preghiera, si spezza come pane che genera comunione in Gesù Cristo! Seguono ancora e seguiranno gesti di profonda vicinanza al popolo, che non si contrappongono alla storia del recente passato né ai gesti di Papa Benedetto XVI. Ciò che viviamo è un cammino che ha origine profondissima, che inizia da Pietro, che prosegue in continuità con i bisogni e i tempi del mondo.
La vera continuità è rinnovamento! Se oggi viene proposto al mondo un nuovo Francesco, come Chiesa, possiamo riconoscerci bisognosi di recuperare la radicalità evangelica del poverello di Assisi. Non è solo felicità per il richiamo al santo più amato, ma programma preciso, chiaro…e Chiara, perché ora non possiamo non riferirci anche a lei…avesse potuto, il Papa si sarebbe chiamato Francesco e Chiara! Eppure questo legame si instaurerà, con quelli che vorranno seguirlo… Come francescani, toccati nel profondo dall’emozione di un coinvolgimento così diretto, dobbiamo riconoscerci chiamati a testimoniare – noi per primi – il carisma che ci è stato affidato, ponendoci al fianco di questo “fratello Papa Francesco”, per camminare con lui, edificare e confessare, a partire dall’ultimo messaggio di Papa Benedetto, “il seme che muore”, passaggio indispensabile per varcare la porta della Fede e assumere l’identità propria della nostra vocazione. Da qui dobbiamo tornare ad assumere lo stile che Papa Francesco ci sta mostrando e ricordando: povertà, umiltà, sobrietà...accoglienza, dialogo, fraternità. Da qui nasce la gioia e l’esultanza!
Questo Vescovo di Roma sta rispondendo alle attese della gente, delle persone che percorrono le strade della quotidianità in una società lacerata e bisognosa di proposte di speranza, ma sta contemporaneamente scuotendo tutto il mondo cattolico invitandolo a “ribaltarsi” per guardare dal basso, a testa in giù, come fece il santo di Assisi, per fare in modo che gli ultimi divengano i primi, che i “palazzi del potere” divengano sgabelli da utilizzare per lavare i piedi, che le “radici” possano essere aggrappate al cielo. Siamo proiettati in una “nuova umanizzazione” che anticipa e apre alla “nuova evangelizzazione”, in un cammino che va percorso a piedi nudi, per la strada, alla ricerca di un Dio che attende tra i vicoli abbandonati, sui volti senza voce, tra le fenditure delle famiglie disgregate e le inquietudini dei cuori affidati a un tesoro che non potrà mai dare Pace. Papa Francesco, noi ci siamo!
di Remo Di Pinto
Trenta giorni! Sono stati sufficienti per offrire la visione più positiva che si potesse dare al mondo disilluso e disperato che abitiamo, per dirci che questa nostra storia è in realtà ancora gravida di Dio e che la Chiesa di Cristo è viva e capace di rinnovarsi per rinnovare! Dal seme che sceglie di morire affidandosi alle fenditure del terreno nasce ora un germoglio nuovo, capace di aprirsi un varco tra le zolle per dare vita e speranza nuova. Così come una dichiarazione di umana impotenza: “Non ho più forza!”, affidata alle viscere di questa storia e di questa Chiesa bisognose di tornare a essere feconde, ha generato una “vita nuova”, ricca di energia ed entusiasmo, anticipando nell’oggi il futuro.
Paradosso evangelico! Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto! L’Anno della Fede non poteva offrire dimostrazione migliore di questa: scegliendo – nei fatti - di affidarsi all’immagine evangelica del seme che muore, Papa Benedetto XVI ha testimoniato grande concretezza di fede e ha favorito la maturazione dei primi frutti. Immagine viva di un affidamento alla croce diverso ma non minore rispetto a quello che fu di Papa Giovanni Paolo II, e capace del medesimo straordinario passaggio dalla morte alla vita. Vita concepita da una “rinuncia” e custodita da una gestazione durata trenta giorni, conclusa da un parto al quale, come se si conoscesse in anticipo la data del termine, tutto il mondo ha deciso di partecipare, dandosi appuntamento nella “sala parto” più grande e suggestiva del pianeta. Ombrelli aperti, come a formare un unico tetto, a coprire un popolo in una Piazza, il mondo…straordinario anticipo di una “casa di fraternità”, di famiglia in intima relazione, di sintonia dei cuori, quasi sintonizzati su un unico battito, accelerato dall’attesa, come vaso che attende di essere colmato di una misura pigiata scossa e traboccante.
Occhi rivolti al comignolo fumante di un fumo bianco che ha atteso il buio della sera per mostrarsi così chiaro e luminoso, perché quella fumata non era solo bianca, ma luminosa! La Chiesa si affida ancora e di nuovo a Francesco! Ha cercato e trovato la spalla capace di sostenerla! Sintonia di desideri…la Chiesa si avvicina al popolo con un salto che si racchiude nel tempo della pronuncia del nome del santo di Assisi! Seguono migliaia di occhi mendicanti di uno sguardo che non tarda a mostrarsi e a cercare il volto di ciascuno. Trascorrono secondi di silenzio surreale, di conoscenza intima e fraterna, di fronte all’immagine di un corpo ritto che sembrava volersi offrire senza difesa alcuna: eccomi! Un dialogo che inizia con il linguaggio del corpo e prosegue con parole semplici, fraterne, consolanti…che introduce alla seconda immagine evangelica che colgo in questa esperienza così forte: sulla strada, come il Cristo con i discepoli di Emmaus, un Vescovo che si affida immediatamente al cammino per le strade del mondo, che si pone al fianco di gente in dubbio e dialoga con questa, con un linguaggio immediatamente comprensibile ed efficace; poi nell’umiltà, chinandosi e invocando una preghiera, si spezza come pane che genera comunione in Gesù Cristo! Seguono ancora e seguiranno gesti di profonda vicinanza al popolo, che non si contrappongono alla storia del recente passato né ai gesti di Papa Benedetto XVI. Ciò che viviamo è un cammino che ha origine profondissima, che inizia da Pietro, che prosegue in continuità con i bisogni e i tempi del mondo.
La vera continuità è rinnovamento! Se oggi viene proposto al mondo un nuovo Francesco, come Chiesa, possiamo riconoscerci bisognosi di recuperare la radicalità evangelica del poverello di Assisi. Non è solo felicità per il richiamo al santo più amato, ma programma preciso, chiaro…e Chiara, perché ora non possiamo non riferirci anche a lei…avesse potuto, il Papa si sarebbe chiamato Francesco e Chiara! Eppure questo legame si instaurerà, con quelli che vorranno seguirlo… Come francescani, toccati nel profondo dall’emozione di un coinvolgimento così diretto, dobbiamo riconoscerci chiamati a testimoniare – noi per primi – il carisma che ci è stato affidato, ponendoci al fianco di questo “fratello Papa Francesco”, per camminare con lui, edificare e confessare, a partire dall’ultimo messaggio di Papa Benedetto, “il seme che muore”, passaggio indispensabile per varcare la porta della Fede e assumere l’identità propria della nostra vocazione. Da qui dobbiamo tornare ad assumere lo stile che Papa Francesco ci sta mostrando e ricordando: povertà, umiltà, sobrietà...accoglienza, dialogo, fraternità. Da qui nasce la gioia e l’esultanza!
Questo Vescovo di Roma sta rispondendo alle attese della gente, delle persone che percorrono le strade della quotidianità in una società lacerata e bisognosa di proposte di speranza, ma sta contemporaneamente scuotendo tutto il mondo cattolico invitandolo a “ribaltarsi” per guardare dal basso, a testa in giù, come fece il santo di Assisi, per fare in modo che gli ultimi divengano i primi, che i “palazzi del potere” divengano sgabelli da utilizzare per lavare i piedi, che le “radici” possano essere aggrappate al cielo. Siamo proiettati in una “nuova umanizzazione” che anticipa e apre alla “nuova evangelizzazione”, in un cammino che va percorso a piedi nudi, per la strada, alla ricerca di un Dio che attende tra i vicoli abbandonati, sui volti senza voce, tra le fenditure delle famiglie disgregate e le inquietudini dei cuori affidati a un tesoro che non potrà mai dare Pace. Papa Francesco, noi ci siamo!
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