lunedì, marzo 25, 2013
“Questi sono crimini di lesa umanità, perciò in base agli standard internazionali non sono prescrittibili e l’amnistia non si può applicare”

Misna - Così Mirna Carvajal, avvocato dell’Istituto dei diritti umani dell’Università centroamericana José Simeón Cañas (Uca), ha riassunto le istanze che hanno portato diverse organizzazioni della società civile e famiglie delle vittime a chiedere alla Procura generale del Salvador di fare luce su 45 casi di massacri, omicidi e ‘sparizioni forzate’ perpetrati durante la guerra civile (1980-1992); il conflitto provocò almeno 75.000 vittime e 7000 ‘desaparecidos’. Allo stesso tempo, la Corte Suprema è stata interpellata affinché dichiari incostituzionale la legge di amnistia promulgata nel 1993 dall’allora presidente Alfredo Cristiani: una normativa entrata in vigore solo poche ore primadella pubblicazione di un rapporto della Commissione della Verità, costituita sotto l’egida dell’Onu, che documentava le responsabilità dei militari, riuscendo a garantire l’impunità per i crimini commessi durante il conflitto. “Stiamo chiedendo l’annullamento di questa legge per le violazioni con cui fu approvata” ha ribadito l’avvocato Félix Ulloa. Già la Corte interamericana dei diritti umani l’ha giudicata priva di validità perché contraria alla relativa Convenzione interamericana, condannando tra l’altro il Salvador per la strage di un migliaio di ‘campesinos’ nel 1981, passata alla storia come “La masacre de El Mozote”, disponendo risarcimenti per i parenti dei contadini uccisi. La Commissione della Verità attribuì la responsabilità della strage al colonnello Domingo Monterrosa, allora comandante del temuto battaglione antiguerriglia Atlacatl – addestrato negli Stati Uniti – e ad altri sei ufficiali mai processati proprio grazie alla legge di amnistia.

La stessa legge fece sì che fossero infine prosciolti gli unici due militari condannati per l’uccisione dei sei religiosi gesuiti – tra cui il rettore, Ignacio Ellacuría – di una loro collaboratrice e della figlia adolescente commessa dallo stesso battaglione Atlacatl, all’Università Centroamericana José Simeón Cañas’ (Uca) il 16 novembre del 1989. La legge di amnistia ha garantito di fatto anche l’impunità agli assassini di monsignor Oscar Arnulfo Romero y Galdámez, ucciso da un sicario del governo il 24 marzo 1980, pochi mesi prima dello scoppio della guerra, mentre celebrava la messa nella cappella dell’ospedale per malati di cancro Divina Provvidenza della capitale, di cui domenica – Giornata dei martiri missionari – si commemora il 33° anniversario dalla morte. Secondo la Commissione della Verità, il mandante dell’omicidio di monsignor Romero fu il maggiore dell’esercito Roberto D’Aubuisson, fondatore della ‘Alianza Republicana Nacionalista’ (Arena, destra), sconfitta alle urne nel 2009 dall’ex guerriglia del ‘Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional’ dopo 20 anni ininterrotti al potere. Il presidente della svolta, Mauricio Funes, ha dichiarato a più riprese di ispirarsi a monsignor Romero – ‘San Romero d’America’ – in particolare scegliendo come priorità l’opzione preferenziale per i poveri.

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