Giorgio Napolitano ri-eletto Presidente della Repubblica: siamo tutti contenti?
di Giacomo Salvini
L’epilogo più scontato per la corsa al Quirinale si è concretizzato nella ri-elezione di Giorgio Napolitano. Già dal giorno dopo le elezioni, mentre si iniziava a parlare di accordi e “inciuci”, l’ipotesi di un Napolitano-bis aleggiava e otteneva grandi consensi nei palazzi romani. La geniale idea è partita da un appello sul Corriere di Ferruccio De Bortoli, ma soprattutto nelle ultime ore, in cui l’ipotesi si andava trasformando in voti, il gradimento nei confronti dell’ex-presidente saliva sempre di più, sponsorizzato da molti dei grandi esponenti del nostro parlamento: da La Malfa a Boccia, da Zaia a Gasparri. Anche la maggior parte dei giornali ha appreso con soddisfazione la disponibilità di Napolitano. Insomma tutto è bene quel che finisce bene.
Sorge però spontanea qualche domanda: il tanto amato e professato cambiamento di cui parlano tutti, dai dirigenti ai portaborse di tutti i partiti, non è un po’ in contraddizione con la ri-elezione di un simbolo della Prima Repubblica, che ha già occupato il Colle nei sette anni passati? Ma soprattutto, Napolitano è così tanto puro e immacolato come ci hanno raccontato dal 2006 ad oggi quasi tutti i quotidiani e quasi tutti gli pseudo-politici che si sono avvicendati nelle ultime tre legislature?
Giorgio Napolitano viene eletto il 10 maggio 2006 con la più risicata maggioranza della storia dei Presidenti della Repubblica (543 voti) dopo Segni (443) e Leone (518). Il giorno dopo il Giornale titola “Un comunista al colle”. Corazzieri, adulatori, cortigiani e manutengoli di Berlusconi hanno il timore di un “presidente di partito”… verranno smentiti dopo pochissimo. Nel lungo settennato Napolitano riesce infatti a firmare tutte le leggi ad personam del Cavaliere: scudo fiscale, lodo Alfano (2008) e legittimo impedimento (2010). Le ultime due però verranno ritenute successivamente incostituzionali dalla Consulta. La penna più veloce del west insomma...
A novembre 2011, dopo le dimissioni del caimano, Napolitano vede bene di non sciogliere le Camere e mandarci al voto, affidando l’Italia ai famosi e molto sobri “tecnici” sorretti dalla maggioranza più bulgara della storia repubblicana, che in un anno salvano banche, evasori e concussori e fanno perdere il lavoro a migliaia di persone.
L’estate scorsa solleva un conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo che lo ha intercettato casualmente al telefono con Mancino che gli chiedeva aiuto contro quel “manigoldo” di Ingroia temendo di essere inquisito per falsa testimonianza. La Corte Costituzionale, molto libera e senza alcuna pressione (Napolitano è anche il presidente del Csm!), dà ragione all’inquilino del Colle e impone la distruzione delle intercettazioni che rimarranno sempre nascoste... “Re Giorgio” l’inascoltabile. Termina il suo settennato concedendo la grazia a Sallusti e ad un colonnello americano accusato per il sequestro di Abu Omar e proclamando due commissioni di “saggi” che meno saggi non si può.
Già lo vediamo, dopo la votazione quasi unanime (tranne M5S, Sel e Fratelli d’Italia) dei grandi elettori (740 voti), telefonare alla disperata Clio e, tornando al Colle, incontrare un corazziere che, in preda al panico, avrà gridato: “Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”.
di Giacomo Salvini
L’epilogo più scontato per la corsa al Quirinale si è concretizzato nella ri-elezione di Giorgio Napolitano. Già dal giorno dopo le elezioni, mentre si iniziava a parlare di accordi e “inciuci”, l’ipotesi di un Napolitano-bis aleggiava e otteneva grandi consensi nei palazzi romani. La geniale idea è partita da un appello sul Corriere di Ferruccio De Bortoli, ma soprattutto nelle ultime ore, in cui l’ipotesi si andava trasformando in voti, il gradimento nei confronti dell’ex-presidente saliva sempre di più, sponsorizzato da molti dei grandi esponenti del nostro parlamento: da La Malfa a Boccia, da Zaia a Gasparri. Anche la maggior parte dei giornali ha appreso con soddisfazione la disponibilità di Napolitano. Insomma tutto è bene quel che finisce bene.
Sorge però spontanea qualche domanda: il tanto amato e professato cambiamento di cui parlano tutti, dai dirigenti ai portaborse di tutti i partiti, non è un po’ in contraddizione con la ri-elezione di un simbolo della Prima Repubblica, che ha già occupato il Colle nei sette anni passati? Ma soprattutto, Napolitano è così tanto puro e immacolato come ci hanno raccontato dal 2006 ad oggi quasi tutti i quotidiani e quasi tutti gli pseudo-politici che si sono avvicendati nelle ultime tre legislature?
Giorgio Napolitano viene eletto il 10 maggio 2006 con la più risicata maggioranza della storia dei Presidenti della Repubblica (543 voti) dopo Segni (443) e Leone (518). Il giorno dopo il Giornale titola “Un comunista al colle”. Corazzieri, adulatori, cortigiani e manutengoli di Berlusconi hanno il timore di un “presidente di partito”… verranno smentiti dopo pochissimo. Nel lungo settennato Napolitano riesce infatti a firmare tutte le leggi ad personam del Cavaliere: scudo fiscale, lodo Alfano (2008) e legittimo impedimento (2010). Le ultime due però verranno ritenute successivamente incostituzionali dalla Consulta. La penna più veloce del west insomma...
A novembre 2011, dopo le dimissioni del caimano, Napolitano vede bene di non sciogliere le Camere e mandarci al voto, affidando l’Italia ai famosi e molto sobri “tecnici” sorretti dalla maggioranza più bulgara della storia repubblicana, che in un anno salvano banche, evasori e concussori e fanno perdere il lavoro a migliaia di persone.
L’estate scorsa solleva un conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo che lo ha intercettato casualmente al telefono con Mancino che gli chiedeva aiuto contro quel “manigoldo” di Ingroia temendo di essere inquisito per falsa testimonianza. La Corte Costituzionale, molto libera e senza alcuna pressione (Napolitano è anche il presidente del Csm!), dà ragione all’inquilino del Colle e impone la distruzione delle intercettazioni che rimarranno sempre nascoste... “Re Giorgio” l’inascoltabile. Termina il suo settennato concedendo la grazia a Sallusti e ad un colonnello americano accusato per il sequestro di Abu Omar e proclamando due commissioni di “saggi” che meno saggi non si può.
Già lo vediamo, dopo la votazione quasi unanime (tranne M5S, Sel e Fratelli d’Italia) dei grandi elettori (740 voti), telefonare alla disperata Clio e, tornando al Colle, incontrare un corazziere che, in preda al panico, avrà gridato: “Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”.
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