Ogni 25 aprile festeggiamo l’Anniversario della liberazione dell’Italia. La guerra di liberazione italiana fu condotta dagli Alleati, dalle unità militari italiane del Regio Esercito e dalle formazioni partigiane. Ma chi erano i partigiani?
“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Così parlò Sandro Pertini il 25 aprile 1945, nel giorno della proclamazione dello sciopero generale. Dal 1946, il 25 aprile di ogni anno sarebbe stato un giorno di festa nazionale, ovvero l’Anniversario della liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e la fine del ventennio fascista. Il movimento di Resistenza vide in Italia l’impegno unitario di diversi gruppi politici, talvolta addirittura opposti per ideologia (comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, cattolici, liberali, repubblicani, anarchici) che convissero nel cosiddetto Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).
Ma alcuni gruppi ribelli, che presero presto il nome di ‘partigiani’, si stavano già costituendo autonomamente nelle zone più impervie dell’Italia settentrionale e centrale: inizialmente erano più o meno 1500 uomini uniti dall’odio nei confronti del fascismo e della disastrosa guerra che l’Italia, sotto la guida di Mussolini, aveva appoggiato. Molti di questi provavano un grande senso di sfiducia nei confronti del Regio Esercito per cui, quando furono faticosamente costituite delle truppe al Sud per combattere al fianco degli Alleati, i partigiani non sempre li appoggiarono con facilità. C’era un senso di fallimento e disillusione molto forte tra gli stessi italiani: molti parlarono di una vera e propria guerra civile. All’interno della grande disgregazione che la guerra aveva creato, i partigiani iniziarono a crescere di numero e a farsi spazio nel panorama italiano degli anni ’40 del secolo scorso.
Ma chi erano i partigiani? Uomini come tanti, perché non usavano nessuna uniforme di riconoscimento, non disponendo di un ricco equipaggiamento. L’unico segno di distinzione tra i vari gruppi era un fazzoletto colorato: rosso nelle formazioni garibaldine, verde nei reparti di Giustizia e Libertà, azzurro nei gruppi autonomi. Più tardi si cercò di omologare i partigiani per renderli riconoscibili usando una giacca a vento e pantaloni lunghi, con un sistema di insegne di grado poco appariscente. Decisero di chiamarsi ‘partigiani’ sia perché agivano il difesa della propria ‘parte’, ovvero della propria terra, sia per qualche richiamo al comunismo non sempre confermato a pieno. I partigiani agirono per molti mesi, fino ad arrivare alla primavera del 1945, all’insurrezione generale e quindi alla liberazione.
Nel marzo del 1945 i partigiani erano circa 80mila, mentre solo un mese dopo, in aprile, si calcola fossero arrivati a 130mila, che divennero 250-300mila uomini nei giorni ‘caldi’ d’insurrezione. Non erano più forze poco armate, ma ben equipaggiate e più efficienti rispetto alle origini. L’offensiva finale alleata iniziò il 9 aprile 1945 per svilupparsi rapidamente, il 16 aprile fu dichiarata la condanna a morte di Mussolini e degli altri gerarchi (il Duce fu ucciso il giorno 28 dello stesso mese). Poco dopo i partigiani confluirono nelle città del Nord e occuparono le fabbriche, le caserme, le prefetture. Il 25 aprile furono liberate le città di Milano e Torino, ma la data è stata scelta convenzionalmente per ricordare la liberazione di tutta l’Italia.
Per rendere questa giornata, insieme a quella del 27 gennaio (Giornata della Memoria) e del Primo Maggio, una vera occasione di riflessione e non solo un giorno di vacanza, è necessario conoscere, informarsi, ricordare. I diritti fondamentali come la libertà e il lavoro sono frutto, purtroppo, di lotte e violenze che hanno investito migliaia e migliaia di uomini e donne.
“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Così parlò Sandro Pertini il 25 aprile 1945, nel giorno della proclamazione dello sciopero generale. Dal 1946, il 25 aprile di ogni anno sarebbe stato un giorno di festa nazionale, ovvero l’Anniversario della liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e la fine del ventennio fascista. Il movimento di Resistenza vide in Italia l’impegno unitario di diversi gruppi politici, talvolta addirittura opposti per ideologia (comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, cattolici, liberali, repubblicani, anarchici) che convissero nel cosiddetto Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).
Ma alcuni gruppi ribelli, che presero presto il nome di ‘partigiani’, si stavano già costituendo autonomamente nelle zone più impervie dell’Italia settentrionale e centrale: inizialmente erano più o meno 1500 uomini uniti dall’odio nei confronti del fascismo e della disastrosa guerra che l’Italia, sotto la guida di Mussolini, aveva appoggiato. Molti di questi provavano un grande senso di sfiducia nei confronti del Regio Esercito per cui, quando furono faticosamente costituite delle truppe al Sud per combattere al fianco degli Alleati, i partigiani non sempre li appoggiarono con facilità. C’era un senso di fallimento e disillusione molto forte tra gli stessi italiani: molti parlarono di una vera e propria guerra civile. All’interno della grande disgregazione che la guerra aveva creato, i partigiani iniziarono a crescere di numero e a farsi spazio nel panorama italiano degli anni ’40 del secolo scorso.
Ma chi erano i partigiani? Uomini come tanti, perché non usavano nessuna uniforme di riconoscimento, non disponendo di un ricco equipaggiamento. L’unico segno di distinzione tra i vari gruppi era un fazzoletto colorato: rosso nelle formazioni garibaldine, verde nei reparti di Giustizia e Libertà, azzurro nei gruppi autonomi. Più tardi si cercò di omologare i partigiani per renderli riconoscibili usando una giacca a vento e pantaloni lunghi, con un sistema di insegne di grado poco appariscente. Decisero di chiamarsi ‘partigiani’ sia perché agivano il difesa della propria ‘parte’, ovvero della propria terra, sia per qualche richiamo al comunismo non sempre confermato a pieno. I partigiani agirono per molti mesi, fino ad arrivare alla primavera del 1945, all’insurrezione generale e quindi alla liberazione.
Nel marzo del 1945 i partigiani erano circa 80mila, mentre solo un mese dopo, in aprile, si calcola fossero arrivati a 130mila, che divennero 250-300mila uomini nei giorni ‘caldi’ d’insurrezione. Non erano più forze poco armate, ma ben equipaggiate e più efficienti rispetto alle origini. L’offensiva finale alleata iniziò il 9 aprile 1945 per svilupparsi rapidamente, il 16 aprile fu dichiarata la condanna a morte di Mussolini e degli altri gerarchi (il Duce fu ucciso il giorno 28 dello stesso mese). Poco dopo i partigiani confluirono nelle città del Nord e occuparono le fabbriche, le caserme, le prefetture. Il 25 aprile furono liberate le città di Milano e Torino, ma la data è stata scelta convenzionalmente per ricordare la liberazione di tutta l’Italia.
Per rendere questa giornata, insieme a quella del 27 gennaio (Giornata della Memoria) e del Primo Maggio, una vera occasione di riflessione e non solo un giorno di vacanza, è necessario conoscere, informarsi, ricordare. I diritti fondamentali come la libertà e il lavoro sono frutto, purtroppo, di lotte e violenze che hanno investito migliaia e migliaia di uomini e donne.
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Sono presenti 8 commenti
Mai come ora è necessario divulgare queste importanti notizie storiche ignorate da tanti italiani proiettati solo verso il futuro e il proprio egoistico interesse, poco importa se anni fa molti giovani furono defraudati della giovinezza e a volte della vita .Complimenti , fa piacere leggere articoli come questo in contrapposizione a tante ingiuriose bugie che feriscono chi (ancora in vita) ci ha regalato la libertà
Ci vuole rivoluzionare!!
Ci vuole una rivoluzione e organizziamola!! I nostri antenati morti x noi x la nostra libertà!! E noi nn siamo in grado di fare un cazZo! Vergogna!
io so che comunicavano mediante messaggi segreti o stazioni radio, sapreste dirmi di più? sto facendo ricerche e mi serve saperlo
LETTERA AL MIO CARO PAPA’ ESTINTO
Caro papa' ma che cazzo hai fatto ? Vedi in che merda mi hai messo ? Hai visto che cazzo di societa' hai creato ? Ti rendi conto del male che mi hai fatto ? Tu dicevi che combattere il Fascismo significava sterminare il male. Tu che facendo il partigiano raccontavi che avresti creato una societa' nuova basata sulla non violenza, rispetto verso gli altri, benessere, liberta', uguaglianza e lavoro per tutti. Caro papa' intorno a me io vedo solo desolazione, disoccupazione, gente che si suicida, ragazzi senza futuro, pornografia, prostituzione a tutti i livelli, violenza, invasione di disperati, delinquenza, mafia, curruzione che dilaga in tutto il paese. Caro papa’ partigiano hai creato una societa' di MERDA. Io sono nato dopo il 1945, quindi non so se si stava peggio o meglio con il Fascismo. Spero che tu mi abbia detto la verita’. Di sicuro ti posso dire, che oggi, questa societa' voluta da te e dalla tua banda di amici, e' una societa' fuori controllo. Un casino. Inizio a pensare che mi hai ingannato e che stava meglio quando si stava peggio. Perche' peggio di cosi c'e' solo la morte. Questa societa' che tu e i tuoi amici banditi avete voluto, e' una societa' dove assai meglio vivono i sepolti che i vivi. Cosa dirti. Vai a forti fo.... tu e tutti i tuoi amici partigiani, comunisti, e stalinisti. Che Dio ti perdona. Io no. Tuo figlio con vergogna.
W il duce
Anche io sono FASCIASTA, ma per far rifunzionare l'Italia bisognerà riprendersela, a fan..ulo euro e usa.
....e poi si sappia che NOI siam sempre pronti
Il mio romanzo "La pattuglia dei disgraziati" che trovate a lato, narra le vicende di una pattuglia che combatté per la liberazione DELL'OSSOLA. Tratto dai racconti di uno degli ultimi superstiti, oggi cavaliere della Repubblica Sergio Cerri. Avventure da film e anche più per il coraggio di quei ragazzi di sedici diciassette anni senza paura.
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