martedì, aprile 30, 2013
Nella notte è finito il ritiro degli operai sudcoreano dal complesso industriale di Kaesong, chiuso in maniera unilaterale dal Nord a inizio aprile. Restano nell’area alcuni supervisori che dovrebbero pagare stipendi e bollette relative ad aprile: ma i nordcoreani bloccano al confine il camion che porta i contanti. 

Seoul (AsiaNews) - - La Corea del Nord ha bloccato all'interno della zona industriale di Kaesong 7 cittadini del Sud che non avrebbero pagato gli stipendi ai loro operai e le bollette telefoniche, ma nel contempo non permette al denaro contante di entrare nella zona, in cui cercano di convivere e lavorare insieme cittadini di entrambi i lati della penisola. Si tratta dell'ultima mossa di un lungo balletto di provocazioni e minacce, che da circa 2 mesi agita Seoul e Pyongyang.

Gli ultimi operai sudcoreani hanno lasciato la zona industriale congiunta di Kaesong, una volta simbolo della cooperazione economica intercoreane, nella notte di oggi: secondo il ministero sudcoreano dell'Unificazione "è stato completato il ritiro totale dei lavoratori sudcoreani dal complesso gestito in maniera congiunta".

I 43 lavoratori che hanno passato la frontiera poco dopo la mezzanotte sono stati però costretti a lasciare dietro di loro i 7 supervisori, fermati dalla controparte del Nord per questioni amministrative irrisolte: mancherebbero gli stipendi di marzo, le tasse industriali e le bollette del telefono.

Tuttavia, dato che la zona è chiusa dal 3 aprile per volontà di Pyongyang, i sudcoreani non hanno accesso al denaro contante inviato loro dal governo: esso si trova su un camion che le guardie di sicurezza non fanno passare. Secondo Cho Bong-hyun, ricercatore presso l'Istituto di ricerca economia IBK di Seoul, "la Corea del Nord sta perdendo del tutto la logica. Prima chiede dei soldi, poi non permette che questi vengano inviati ai manager. Il complesso di Kaesong nasce da una volontà di dialogo: se questa manca, è inutile".

La chiusura del complesso industriale inter-coreano è stata decisa in maniera unilaterale da Pyongyang all'inizio di aprile, ultimo atto di una serie di provocazioni belliche e propagandistiche. Tuttavia se non verrà riaperto porterà un danno economico allo stesso regime nordcoreano pari a circa 100 milioni di dollari, la media dei profitti generati ogni anno dal complesso intercoreano.


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