Finalmente è stato deliberato il pagamento dei debiti che la Pubblica amministrazione e gli enti locali hannno nei confronti delle imprese. Ma come si procederà? Un approfondimento.
Città Nuova - Il debito dello Stato non è rappresentato solo dai suoi titoli, ma anche dai debiti che i suoi ministeri, le amministrazioni locali e le aziende che forniscono i servizi pubblici devono onorare verso i fornitori. Debiti questi ultimi cresciuti enormemente negli anni dei cosiddetti tagli lineari della spesa pubblica: in quegli anni, per rendere "socialmente più accettabili" i tagli imposti, le regioni, le provincie ed i comuni, invece di ridurre le spese ed essendo obbligati al rispetto delle regole dei bilanci pubblici, si sono indebitate con mutui, o sono caduti nelle trappole dei miracolosi prodotti finanziari derivati, o hanno ridotto i versamenti alle aziende a cui avevano affidato i servizi, senza preoccuparsi a sufficienza che esse riuscissero ad operare con quei minori introiti.
Queste aziende, soprattutto dei settori sanitari e dei trasporti, essendo spesso società per azioni, hanno approfittato della loro maggiore libertà amministrativa per spendere più del consentito, finanziandosi attraverso il rinvio del pagamento dei loro fornitori: questi, se non ancora falliti per mancanza di liquidità, vedono adesso seriamente a rischio i loro posti di lavoro.
Siamo all'emergenza, in Italia sembra che si sappia reagire solo in questa condizione, ed il governo ha deliberato, con l'approvazione di Bruxelles, di ridurre in due anni di quaranta miliardi questo enorme indebitamento diffuso, emettendo una maggiore quantità di titoli pubblici, dopo essersi assicurato che la Banca Europea fosse pronta ad acquistare i titoli emessi che risultassero invenduti, e permettendo alle regioni di reperire risorse presso la Cassa depositi e prestiti.
Il Tesoro avrebbe potuto emettere più titoli già l'estate scorsa, quando il mercato era tornato favorevole perché rassicurato dal governo Monti: non lo ha fatto per contenere il costo complessivo degli interessi dei suoi titoli e quindi raggiungere più facilmente la meta del pareggio di bilancio.
Per la stessa ragione lo Stato non ha emesso neppure i titoli sufficienti per trasferire alle regioni le risorse che aveva previsto a bilancio, obbligando così le stesse a ritardare i loro pagamenti, presumendo che gli interessi di mora sui debiti non saldati non sarebbero stati conteggiati nel bilancio dell'anno.
Sotterfugi che sanno di governo greco: che ci siano ombre sul vero ammontare di questo debito lo dimostra il fatto che mesi fa si parlava di 70 miliardi, a fine 2012 la Banca d'Italia ne conteggiava 90, mentre ultimamente si dice che sono 120 miliardi. I funzionari europei che ci tengono il fiato sul collo esitando a cancellare la procedura di infrazione comunitaria che era stata aperta nei nostri confronti durante il governo Berlusconi, forse non hanno tutti i torti a non farsi distrarre dagli artifici contabili dei nostri amministratori: chissà se tutti gli impegni economici delle amministrazioni sono stati davvero registrati, se tutti i bilanci delle aziende pubbliche espongono i loro veri deficit, e se questi sono stati tutti presi in carico dallo Stato. Si teme di scoprire qualche nuova voragine come quella del Monte dei Paschi di Siena: debiti di cui ci si dovrà per forza fare carico; chissà se ci sarà davvero la "spazzatura nascosta sotto il tappeto", che Bersani in campagna elettorale, sentendosi già primo ministro, anticipava potesse esserci, malgrado le rassicurazioni di Monti.
Adesso speriamo che in tempi brevi i rimborsi possano giungere a chi li attende a volte con angoscia: una prima quota dovrebbe essere quella dei rimborsi IVA che non dovrebbero richiedere pratiche amministrative, come anche i pagamenti delle forniture di materiali o di servizi già deliberati, effettuati e documentati.
Nel decreto legge sui può scoprire una ulteriore mela avvelenata per le regioni: 26 dei 40 miliardi per i rimborsi si potranno ottenere accendendo un mutuo trentennale presso la Cassa depositi e prestiti, soggetto ad interessi: quindi saranno le regioni e non lo Stato a sostenerne il costo, un modo per obbligare le regioni in futuro a tagliare davvero i costi, senza aspettare come in passato coperture a sanatoria, ma anche un espediente per contenere il costo degli interessi sul bilancio statale. Si dovrebbe però in questo contesto varare un provvedimento, valido anche per le aziende pubbliche non soggette alle regole di bilancio statali: rendere personalmente responsabili gli amministratori dell'ammontare di spese avvallate oltre i confini delle entrate autorizzate dell'ente. Toccandoli automaticamente nelle tasche, li si farebbe pensare due volte prima di adottare artifici contabili per sforare i bilanci: i tagli di spesa irragionevoli verrebbero così subito in evidenza e per essi si potrebbe provvedere caso per caso, si arginerebbe così la spesa pubblica e si recupererebbero risorse necessarie per scopi più produttivi, capaci di innescare sviluppo e nuovo lavoro.
Città Nuova - Il debito dello Stato non è rappresentato solo dai suoi titoli, ma anche dai debiti che i suoi ministeri, le amministrazioni locali e le aziende che forniscono i servizi pubblici devono onorare verso i fornitori. Debiti questi ultimi cresciuti enormemente negli anni dei cosiddetti tagli lineari della spesa pubblica: in quegli anni, per rendere "socialmente più accettabili" i tagli imposti, le regioni, le provincie ed i comuni, invece di ridurre le spese ed essendo obbligati al rispetto delle regole dei bilanci pubblici, si sono indebitate con mutui, o sono caduti nelle trappole dei miracolosi prodotti finanziari derivati, o hanno ridotto i versamenti alle aziende a cui avevano affidato i servizi, senza preoccuparsi a sufficienza che esse riuscissero ad operare con quei minori introiti.
Queste aziende, soprattutto dei settori sanitari e dei trasporti, essendo spesso società per azioni, hanno approfittato della loro maggiore libertà amministrativa per spendere più del consentito, finanziandosi attraverso il rinvio del pagamento dei loro fornitori: questi, se non ancora falliti per mancanza di liquidità, vedono adesso seriamente a rischio i loro posti di lavoro.
Siamo all'emergenza, in Italia sembra che si sappia reagire solo in questa condizione, ed il governo ha deliberato, con l'approvazione di Bruxelles, di ridurre in due anni di quaranta miliardi questo enorme indebitamento diffuso, emettendo una maggiore quantità di titoli pubblici, dopo essersi assicurato che la Banca Europea fosse pronta ad acquistare i titoli emessi che risultassero invenduti, e permettendo alle regioni di reperire risorse presso la Cassa depositi e prestiti.
Il Tesoro avrebbe potuto emettere più titoli già l'estate scorsa, quando il mercato era tornato favorevole perché rassicurato dal governo Monti: non lo ha fatto per contenere il costo complessivo degli interessi dei suoi titoli e quindi raggiungere più facilmente la meta del pareggio di bilancio.
Per la stessa ragione lo Stato non ha emesso neppure i titoli sufficienti per trasferire alle regioni le risorse che aveva previsto a bilancio, obbligando così le stesse a ritardare i loro pagamenti, presumendo che gli interessi di mora sui debiti non saldati non sarebbero stati conteggiati nel bilancio dell'anno.
Sotterfugi che sanno di governo greco: che ci siano ombre sul vero ammontare di questo debito lo dimostra il fatto che mesi fa si parlava di 70 miliardi, a fine 2012 la Banca d'Italia ne conteggiava 90, mentre ultimamente si dice che sono 120 miliardi. I funzionari europei che ci tengono il fiato sul collo esitando a cancellare la procedura di infrazione comunitaria che era stata aperta nei nostri confronti durante il governo Berlusconi, forse non hanno tutti i torti a non farsi distrarre dagli artifici contabili dei nostri amministratori: chissà se tutti gli impegni economici delle amministrazioni sono stati davvero registrati, se tutti i bilanci delle aziende pubbliche espongono i loro veri deficit, e se questi sono stati tutti presi in carico dallo Stato. Si teme di scoprire qualche nuova voragine come quella del Monte dei Paschi di Siena: debiti di cui ci si dovrà per forza fare carico; chissà se ci sarà davvero la "spazzatura nascosta sotto il tappeto", che Bersani in campagna elettorale, sentendosi già primo ministro, anticipava potesse esserci, malgrado le rassicurazioni di Monti.
Adesso speriamo che in tempi brevi i rimborsi possano giungere a chi li attende a volte con angoscia: una prima quota dovrebbe essere quella dei rimborsi IVA che non dovrebbero richiedere pratiche amministrative, come anche i pagamenti delle forniture di materiali o di servizi già deliberati, effettuati e documentati.
Nel decreto legge sui può scoprire una ulteriore mela avvelenata per le regioni: 26 dei 40 miliardi per i rimborsi si potranno ottenere accendendo un mutuo trentennale presso la Cassa depositi e prestiti, soggetto ad interessi: quindi saranno le regioni e non lo Stato a sostenerne il costo, un modo per obbligare le regioni in futuro a tagliare davvero i costi, senza aspettare come in passato coperture a sanatoria, ma anche un espediente per contenere il costo degli interessi sul bilancio statale. Si dovrebbe però in questo contesto varare un provvedimento, valido anche per le aziende pubbliche non soggette alle regole di bilancio statali: rendere personalmente responsabili gli amministratori dell'ammontare di spese avvallate oltre i confini delle entrate autorizzate dell'ente. Toccandoli automaticamente nelle tasche, li si farebbe pensare due volte prima di adottare artifici contabili per sforare i bilanci: i tagli di spesa irragionevoli verrebbero così subito in evidenza e per essi si potrebbe provvedere caso per caso, si arginerebbe così la spesa pubblica e si recupererebbero risorse necessarie per scopi più produttivi, capaci di innescare sviluppo e nuovo lavoro.
Alberto Ferrucci
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