giovedì, aprile 11, 2013
La Corea del Nord prosegue la sua offensiva retorica. Questa volta a finire nel mirino è il Giappone. Seul e Washington, intanto hanno elevato di un grado il livello di allerta militare, mentre resta chiuso ai turisti un valico di frontiera tra la Cina e la Corea del Nord. Sentiamo Salvatore Sabatino: ascolta

Radio Vaticana - Tokyo, Osaka, Kyoto. E’ il Giappone intero, insomma, a finire nel mirino di Pyongyang, che prosegue la sua campagna retorica. “Il Paese nipponico - ha ammonito il Rodong Sinmun, il quotidiano del Partito dei Lavoratori di Pyognyang - si trova vicino alla Corea del Nord e quindi non può evitare di essere bersaglio di attacchi di rappresaglia”. Lo stesso dicasi, ovviamente, per la confinante Corea del Sud, che non a caso ha alzato tutti i livelli di allerta. Anche perché ieri era il primo giorno del periodo indicato come utile per mettere a segno un attacco vero e proprio; primo giorno, però, trascorso senza azioni concrete. Intanto tendono ad irrigidirsi sempre di più i rapporti con la Cina, che ieri ha, di fatto, sigillato la frontiera ai turisti, mentre resta aperto il traffico commerciale. La Russia, Paese guardato con interesse dal leader Kim Jong-un, ha chiesto la massima prudenza con le “manovre militari”, insistendo sul fatto che Washington e Mosca sono sulla stessa lunghezza d'onda.

Ma quanto è vasto e potente l’arsenale militare della Corea del Nord? Cecilia Seppia lo ha chiesto a Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali: ascolta

R. - La Corea del Nord dovrebbe avere un certo numero di testate nucleari, probabilmente più basate sul plutonio che sull’uranio, quindi piuttosto pesanti e poco miniaturizzate. Si dice che potrebbero essere da tre ad una ventina. Molti dubitano che abbiano la capacità di inserire testate nucleari all’interno di questi missili, quindi le tesate nucleari potrebbero essere sparate in altra maniera o lanciate da aerei. I loro missili sono variazioni di vecchi missili russi o missili loro elaborati in proprio da modelli iniziali cinesi e sono di varia gittata ma piuttosto imprecisi. Il missile di cui si parla oggi, che dovrebbe essere forse sperimentato dalla Corea del Nord, ha una gittata media di circa 4 mila chilometri che significa che all’interno del suo raggio d’azione c’è il Giappone e al limite ci può essere l’isola di Guam. Molti dubitano che i missili coreani possano raggiungere gli Stati Uniti. Al massimo quelli a più lunga gittata, che però sinora non si sa come e quanto funzionino, potrebbero toccare il territorio dell’Alaska.

D. - Parliamo invece dell’esercito regolare di Pyongyang e delle armi cosiddette “convenzionali”. Molti sostengono che non sia all’altezza, che sia quasi antiquato…

R. – Diciamo che non è il massimo della modernità, però è piuttosto potente. Ha molti cannoni, ha molti carri armati, è un esercito ancora concepito secondo il vecchio modello sovietico. Ha il grande vantaggio, in caso di guerra, di avere il nemico assolutamente a portata di pistola, neanche di fucile, appunto la Corea del Sud e in particolare la capitale Seul. Quindi, potrebbe sicuramente infliggere grossi danni, anche se difficilmente potrebbe vincere una guerra. Ha una marina con una certa quantità di sottomarini e soprattutto una forte capacità di seminazione di mine.

D. – C’è confusione in questi giorni anche da parte dei media delle agenzie giornalistiche sui termini “attacco” e “test” missilistico da parte della Corea del Nord. Entrambi creano allarmi però c’è una differenza, possiamo spiegarla?

R. – Il test missilistico non è un attacco, è una sfida alla volontà espressa dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha imposto alla Corea di non fare altri test missilistici o nucleari. Bisogna anche vedere dove sia indirizzato questo test missilistico. Se dovesse sorvolare, per esempio, la Corea del Sud o il Giappone, questo potrebbe essere visto come una sorta di indiretta minaccia.

D. – Washington e Seul hanno alzato l’allerta militare a livello 2, segno di una minaccia reale e vitale per la pace e la sicurezza. Oggi, inoltre scade il termine per l’evacuazione degli stranieri dalla Corea del Sud. Cosa ci dobbiamo aspettare?

R. – Per il momento, credo siamo ancora a livello di una guerra di parole. Però, è abbastanza evidente che né gli americani, né i coreani del sud sembrano disponibili a fare a questo punto concessioni. Io credo che se la Corea del Nord, a questo stadio, si aspetta che qualcuno faccia concessioni, si fa illusioni. La risposta di cercare di proteggere le popolazioni civili, mettere batterie antimissili è semplicemente precauzionale, però è indicativa di una volontà di non farsi terrorizzare dalla Corea del Nord.


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