lunedì, aprile 29, 2013
"Penso a tanti stranieri che sono qui nella diocesi di Roma: cosa facciamo per loro?"
 
Radio Vaticana - E' durante l'udienza generale di mercoledì scorso che Papa Francesco ha voluto porre l'accento sulla carità e l'accoglienza verso i più poveri facendo riferimento al brano evangelico sul giudizio finale. "Quando ha - aggiunto il Papa - noi saremo giudicati da Dio sulla carità, su come lo avremo amato nei nostri fratelli, specialmente i più deboli". Ma in che modo e con che intensità la diocesi di Roma sta rispondendo alle esigenze degli immigrati? Federico Piana lo ha chiesto a mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas romana: audio

R. – Io credo che il Santo Padre abbia fatto bene e faccia benissimo a ricordarcelo sempre, perché l’accoglienza allo straniero è un dato fondamentale per la nostra fede; ce l’ha detto il Signore, capitolo 25 di Matteo. Anche noi, come Chiesa di Roma, da tanti anni, da 30 anni, abbiamo un discorso di accoglienza. Basta pensare al centro di ascolto stranieri della Caritas che in questi 30 anni ha accolto, assistito, orientato, più di 250 mila stranieri. Questi sono i dati che emergono dai nostri schedari. Penso anche al poliambulatorio che noi abbiamo a via Marsala, dove veramente tantissime persone sono passate per essere accolte. Lei pensi che abbiamo editato un vocabolario cinese proprio perché una delle barriere che si trovano con gli stranieri è quella linguistica. Anche le difficoltà culturali sono tantissime e la fruibilità delle prestazioni negli ambienti pubblici è difficilissima. Abbiamo messo in piedi mediatori culturali per superare questo.

D. – Diciamo che ci sono anche i volontari che aiutano…

R. - La Caritas, fondamentalmente, è un discorso di volontariato. Se non ci fossero i volontari, la Caritas dovrebbe chiudere, perché non si potrebbe fare niente. La Caritas non è la risposta a tutti i bisogni e le necessità perché sono tantissime. Ma la Caritas, come diceva Paolo VI - io lo ricordo a me stesso e agli altri - deve avere una funzione fondamentalmente educativa, pedagogica, quindi essere uno stimolo anche alle autorità pubbliche perché si aprano e operino…

D. – … su questo, l’appello era sicuramente rivolto anche alle autorità cittadine: stanno facendo tutto oppure potrebbero fare di più?

R. – Tutto no, qualcosa sì. Ma secondo me molto poco, si dovrebbe fare di più, sentendo e capendo che la presenza di tanti immigrati - sono quasi cinque milioni oggi in Italia - è una ricchezza e non è un peso. Sono una ricchezza per questa nostra società e quindi il discorso deve essere di integrazione.


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