giovedì, aprile 25, 2013
Una settimana fa la Cnn annunciava erroneamente la cattura di un sospetto. Fra i giganti dell’informazione la competizione è straordinaria, ma a Boston il buon giornalismo locale ha dato una pista a tutti. 

di Francesca Forcella

Meno di quarantotto ore dopo l’attentato di Boston, il canale all news CNN, seguito a ruota da Associated Press, FoxNews e molti altri, ha dato in diretta la notizia che un sospetto era stato arrestato. John King, giornalista veterano della CNN conferma più, volte guardando diritto alla telecamera, il fermo di un individuo dalla pelle scura. La notizia fa rapidamente il giro del mondo e viene ripresa da tutti salvo, qualche ora dopo, essere smentita dalle autorità. Una bufala, un buco clamoroso: i giornalisti della CNN fanno rapidamente marcia indietro, si giustificano (“avevamo verificato con almeno tre fonti “), ma il danno è fatto. Nel giro di qualche ora negli USA fioccano gli articoli sul declino dell’informazione televisiva e il ruolo sempre più decisivo dei Social Network. E’ vero: Twitter e alcuni siti “user generated” come Reddit, dove tutti possono postare, sono arrivati prima degli altri nel dare le notizie, ma hanno anche generato un tipo di giornalismo investigativo assolutamente irresponsabile che ha innescato una vera e propria caccia alle streghe con le foto di presunti sospetti che si sono poi rivelati assolutamente innocenti. Quella dei Social Network è una piattaforma aperta a tutti, il rumor con più “trazione” può rivelarsi vero, ma la ragione per cui le organizzazioni giornalistiche vecchio stampo arrivano più tardi é che devono verificare indipendentemente con due o tre fonti.

Il buco della CNN fa sensazione perché la CNN si propone come il depositario dell’informazione seria e affidabile durante le emergenze. Non è la prima volta che succede (la CNN diede erroneamente la notizia che la riforma sanitaria di Obama era stata ribaltata dalla Corte Suprema), ma non dimentichiamo che é una eccezione. Anche se ci piacerebbe pensare diversamente non c’é corrispondente italiano o di altra nazionalità che durante una emergenza come quella dell’attentato di Boston può permettersi di verificare le notizie direttamente alla fonte, men che mai con tre fonti diverse. Il massimo che possiamo fare é filtrare il mare di informazioni che ci arrivano dalle agenzie, dalle organizzazioni giornalistiche e sì, anche dalla CNN e dare le informazioni che sembrano più attendibili. Difficilissimo farlo quando gli ascolti, da una parte all’altra dell’oceano, spesso premiano chi urla più forte, chi la spara più grossa e prima di tutti.

E’ forse stato il problema della CNN colpevole di essersi fidata delle sue fonti (non una sola gola profonda, ma diverse autorità statali e federali) senza aspettare la conferma ufficiale. Ma come biasimarli? Più allarmante l’abitudine, diventata prassi in tanto giornalismo italiano (vedi la copertura dei fatti di Boston) di sbattere in prima pagina e in onda qualsiasi voce non verificata che circola su Internet. Chi ha dato una pista a tutti nella copertura giornalistica della tragedia della maratona sono i giornalisti locali: i cronisti del Boston Globe e i reporter delle emittenti locali che conoscevano la città a menadito, che avevano contatti rodati e affidabili. Ha vinto chi era già on location, sul posto, perché ha scritto tenendo a mente l’intento più alto del nostro lavoro: informare e offrire un servizio alla propria comunità.


blog Lpl "On location", cronache dagli Usa
a cura di Francesca Forcella


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