martedì, aprile 16, 2013
La specie protetta vale sul mercato nero centinaia di dollari al chilo. L’equipaggio, fermato nei giorni scorsi per violazione territoriale, rischia ora più di dieci anni di carcere e una sanzione fino a 300mila dollari.  

AsiaNews - Si aggrava l'accusa a carico dei 12 pescatori che si sono incagliati l'8 aprile scorso sul reef filippino di Tubbataha. Gli uomini di nazionalità cinese, già accusati di "pesca di frodo" in area marina protetta, dovranno rendere conto alle autorità locali del carico di 10mila chili di carne di pangolino ritrovato a bordo dopo il sequestro. Il pangolino è un mammifero molto diffuso in Asia sudorientale, dove è considerato specie a rischio ed è protetto da leggi internazionali. Sul mercato nero cinese la sua carne è venduta a centinaia di dollari al chilo, sia come cibo di lusso che per le sue presunte proprietà curative. Sui pescatori, che rischiano fino a 12 anni di carcere e una multa di 300mila dollari, pende anche l'accusa di corruzione di un guardiano del parco al momento del controllo. Le autorità di Manila stanno cercando di comprendere quale sia l'effettivo coinvolgimento dell'equipaggio nella vicenda. "Abbiamo trovato 400 scatole contenenti carne di pangolino ma non sappiamo ancora dire da dove provengano", ha dichiarato Armand Balilo, comandante della guardia costiera e responsabile del ritrovamento. Nel mentre, il governo di Pechino ha già inviato nell'arcipelago una delegazione diplomatica per trattare il rilascio dei fermati. La vicenda rientra all'interno della continua controversia tra Cina e Filippine per la suddivisione delle acque territoriali nel Mar Cinese meridionale. Il governo di Manila, assieme al Vietnam e alla Malaysia, lamenta da anni una politica prevaricatrice da parte di Pechino nello specchio d'acqua che separa l'arcipelago dal continente. Dal 2002 si tratta del settimo peschereccio cinese fermato per violazione delle acque territoriali.

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