sabato, aprile 06, 2013
E’ un connubio diventato ormai stretto, a volte inossidabile. E’ il cavallo di Troia che ha consentito alle cosche di inquinare l’economia sana. E’ il volano per conquistare il centro-nord del Paese. L’impresa mafiosa è la sfida posta in essere dai boss.

Liberainformazione - E’ vincente perchè non rispetta le regole del gioco. Niente contributi, niente tasse, fondi economici illimitati. Nessuna crisi né tantomeno difficoltà. Prospera ovunque venga impiantata. Ma cosa succede all’impresa mafiosa quando, dopo il lungo iter giudiziario, viene sequestrata e poi confiscata? Come fa un’azienda che ha vissuto nella totale illegalità a reggere la concorrenza legale nel mercato sano. Non si tratta di domande retoriche, bensì di un problema basilare. Sono molte le aziende confiscate che non sopravvivono in un contesto sano. Della questione se ne parlerà oggi a Milano nel convegno: “Il mondo dell’impresa e il fenomeno mafioso”, organizzato dalla Fondazione Libera Informazione e da Libera in collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri di Milano e Provincia, la Fondazione Ordine degli Ingegneri, Assolombarda Aldai (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali).

Di imprese, mafie e recupero della legalità parliamo con uno dei relatori, l’ingegnere Marco Maria Butta, tra gli animatori del progetto “Gestione imprese sequestrate e confiscate”.

Dottor Butta, il convegno di oggi verterà sul ruolo dei dirigenti d’impresa nell’azione di contrasto e recupero della legalità. Giro a lei la domanda: qual è il ruolo di un manager nel recupero di un’azienda confiscata alle mafie?
«Il convegno di oggi proverà a dare una risposta al ruolo del dirigente d’impresa nell’azione di contrasto e recupero della legalità. Tutto il canovaccio della giornata ruota sul fatto che il dirigente ha un ruolo determinante nella prevenzione, nel contrasto e nel recupero delle aziende sequestrate e confiscate. Provo a specificare meglio. La prevenzione e il contrasto dell’illegalità fa parte del patrimonio etico del dirigente all’interno dell’azienda, per quel che riguarda il recupero di un’azienda sequestrata e confiscata, sono proprio i dirigenti gli attori primari, quelli principali».

Proviamo a specificare meglio…
«La prevenzione serve per far riconoscere a un’impresa le zone grigie (spesso difficili da individuare, data la capacità dei boss di vestire l’abito della finta legalità, avvalendosi del contributo di professionisti disposti a rendere legale i patrimoni illegali delle mafie, nda). Il contrasto – come dicevo – si ottiene con un forte codice etico del dirigente e dell’azienda. Il recupero della legalità avviene grazie alle esperienze che il manager mette a disposizione. Il dirigente diventa, a tutti gli effetti, il servitore dello Stato nel tentativo di recuperare l’azienda alla legalità».

Lei è tra gli animatori del progetto “Gestione imprese sequestrate e confiscate”, quanto è difficile far sopravvivere un’azienda confiscata nell’economia legale?
«Non esiste una risposta, serve un metodo d’analisi in cui si tenta di capire il valore reale dell’impresa, fare un reset e pianificare il modo in cui l’impresa può svilupparsi. Dopo aver valutato se l’impresa è in grado di camminare nel mercato con le proprie gambe si può sviluppare il recupero. Altrimenti, se l’impresa si dimostra una scatola vuota si può pensare alla destinazione ad uso sociale dell’immobile».

Quanto è difficile questo percorso?
«Occorre applicare un metodo industriale e individuare le possibili attività. In questo percorso si ha una duplice difficoltà. Lo stato di fatto dell’azienda confiscata deriva dal “peccato originale”, ovvero il fatto di essere nata nell’illegalità, ma anche dal “lungo purgatorio”, cioè dal lungo percorso per ritornare alla legalità. La somma di questi due effetti – peccato originale e lungo purgatorio – è qualcosa che crea problemi all’azienda. Se tuttavia l’impresa confiscata riesce a superare questo tempo, l’azienda ha tutte le potenzialità per avere un futuro. I tempi lunghi sono incompatibili con il fare impresa. Dal punto di vista manageriale vale la pena provarci, occorre però entrare nel processo di recupero il prima possibile».

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