venerdì, aprile 26, 2013
Il Papa ha presieduto ieri mattina, nella Domus Sanctae Marthae, la Messa nella Festa di San Marco Evangelista: lo stile dell’annuncio cristiano – ha detto nell’omelia – è umile ma nello stesso tempo non ha paura di operare cose grandi. Presenti alcuni membri della Segreteria del Sinodo dei Vescovi, accompagnati dal segretario generale mons. Nikola Eterović, e un gruppo di agenti della Gendarmeria Vaticana. Il servizio di Sergio Centofanti.

Radio Vaticana - Al centro dell’omelia del Papa il brano del Vangelo di San Marco in cui si racconta l’Ascensione di Gesù. Il Signore, prima di salire al Cielo, invia gli apostoli ad annunciare il Vangelo: “fino alla fine del mondo” – dice – non soltanto a Gerusalemme o in Galilea: “No: in tutto il mondo . L’orizzonte … l’orizzonte grande … E come si può vedere, questa è la missionarietà della Chiesa. La Chiesa va avanti con questa predicazione a tutti, a tutto il mondo. Ma non va avanti da sola: va con Gesù. ‘Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro’. Il Signore lavora con tutti coloro che predicano il Vangelo. Questa è la magnanimità che i cristiani devono avere. Un cristiano pusillanime non lo si capisce: è proprio della vocazione cristiana, questa magnanimità: sempre di più, sempre di più, sempre di più, sempre avanti”. La prima Lettera di San Pietro – sottolinea il Papa – definisce lo stile cristiano della predicazione, che è quello dell’umiltà: “Lo stile della predicazione evangelica va su questo atteggiamento: l’umiltà, il servizio, la carità, l’amore fraterno. ‘Ma … Signore, noi dobbiamo conquistare il mondo!’. Quella parola, conquistare, non va. Dobbiamo predicare nel mondo. Il cristiano non deve essere come i soldati che quando vincono la battaglia fanno piazza pulita di tutto”.

Il Pontefice ha quindi ricordato quanto gli ha detto pochi giorni fa “un vescovo saggio”, italiano, e cioè che alle volte noi facciamo confusione e pensiamo che la nostra predicazione evangelica debba essere una salvezza delle idee e non una salvezza delle anime. E ha aggiunto: “Ma come si arriva alla salute delle anime? Con l'umiltà, con la carità”. Il cristiano – prosegue il Papa – “annuncia il Vangelo con la sua testimonianza, più che con le parole”. E con una duplice disposizione, come dice San Tommaso d’Aquino: un animo grande che non si spaventa delle cose grandi, di andare avanti verso orizzonti che non finiscono, e l’umiltà di tenere conto delle cose piccole. “Questo è divino – ha osservato - è come una tensione tra il grande e il piccolo” e la “missionarietà cristiana” procede “per questa strada”. Il Vangelo di San Marco – conclude il Papa – finisce con “una frase bellissima” laddove si dice che Gesù agiva con i discepoli, confermando “la Parola con i segni che l’accompagnavano”.

 “Quando noi andiamo con questa magnanimità e anche con questa umiltà, quando noi non ci spaventiamo delle cose grandi, di quell’orizzonte, ma prendiamo anche le cose piccole – l’umiltà, la carità quotidiana – il Signore conferma la Parola. E andiamo avanti. Il trionfo della Chiesa è la Risurrezione di Gesù. Ma c’è la Croce, prima. Chiediamo oggi al Signore di diventare missionari nella Chiesa, apostoli nella Chiesa ma con questo spirito: una grande magnanimità e anche una grande umiltà. Così sia”.

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