“Un gesto che vale più di tante parole”. Così don Cesar Alejandro Pulchinotta, parroco argentino di Santa Maria Annunziata e Cristo Re a Montorio Romano, in Sabina nel Lazio, commenta ancora incredulo la telefonata ricevuta nei giorni scorsi da Papa Francesco.
Radio Vaticana - La “chiamata” è stata effettuata dal Santo Padre per ringraziare del libro scritto e inviatogli dal sacerdote sul Venerabile Josè Gabriel Brochero, prete del secolo scorso che presto sarà beatificato in Argentina. Ascoltiamo don Pulchinotta al microfono di Paolo Ondarza: ascolta
R. – Il telefono ha suonato: ho visto sul display “numero privato” e ho domandato “pronto, chi è?”. Mi ha detto: “Sono Papa Francisco”. Sulle prime, sono rimasto un po’ bloccato dalla sorpresa… Non me lo aspettavo. Mi ha detto che padre Miguel, un amico comune, gli aveva fatto arrivare il mio libro. Mi voleva ringraziare. Io gli ho detto che questo era un grande onore, in primis che avesse ricevuto il mio libro e che poi mi chiamasse al telefono. Allora mi ha risposto: “Mi sembra soltanto semplice buona educazione. Mi hai regalato il tuo libro e io ti ringrazio”.
D. - Che cosa l’ha colpita maggiormente di questa reazione così spontanea di Papa Francesco?
R. - In realtà è scontato fra due persone: uno fa un dono all’altro e l’altro ringrazia. La cosa che, però, non è scontata è chi lo fa: io sono un semplice prete di campagna. Il mettersi in relazione con l’altro, accanto all’altro e non al di sopra dell’altro, non è comune. Ovviamente lui è il Papa, il Successore di Pietro: c’è una bella distanza fra lui e me, una distanza che lui ha accorciato con questa semplicità. Questo stabilisce anche una relazione di fratellanza.
D. - Don Cesar Alejandro, inviando questo libro al Papa, mai si sarebbe aspettato una risposta di questo tipo, forse neanche un biglietto scritto da qualche intermediario…
R. - Alle volte arrivano questi biglietti, che scrivono i suoi segretari. Io ero già molto contento che lui ricevesse il mio libro. Per me questo aveva già un significato simbolico molto grande: il fatto di far arrivare il frutto dei miei studi a lui.
D. - Don Cesar Alejandro, questa normalità, questa spontaneità insegna qualcosa anche alla Chiesa di oggi?
R. - Certamente. Il gesto - non calcolato, come lei ha detto “spontaneo” - significa che è un pastore realmente al servizio del popolo, cammina insieme a noi. Nel Vangelo di domenica c’era questa conoscenza intima tra il pastore e il suo gregge: si ascoltano e si riconoscono nella voce. Quindi sentire questa voce, per telefono, fa bene, fa sentire la voce del pastore vicino a noi. Per me, come sacerdote e come pastore, è anche un incoraggiamento ad essere in mezzo alla gente, in semplicità.
D. - Lei si autodefiniva prima un parroco di campagna: lei è alla guida di una piccola comunità, quella della parrocchia di Montorio Romano, in Sabina. La telefonata del Papa conferma la sua attitudine a rendersi prossimo a tutti gli uomini, fino alle periferie…
R. - Questo ci fa vedere che le parole del Papa “bisogna andare verso tutti gli uomini” non rappresentano un semplice discorso ideologico, ma sono una posizione di vita, che si concretizza con gesti spontanei come il dare la mano a chi gli passa vicino…
D. - Questo raggiunge il cuore della gente….
R. - Certamente! Lei lo sa, voi alla radio comunicate attraverso il linguaggio parlato, il linguaggio orale, ma alle volte un gesto dice molto più di tante parole.
D. - Il suo libro, quello che lei ha inviato a Papa Francesco è dedicato José Gabriel Brochero, sacerdote argentino morto all’inizio del XX secolo, che presto sarà beatificato: una figura sicuramente nota a Papa Francesco e molto cara al popolo argentino…
R. - Sì, molto cara in quanto è stato un sacerdote molto, molto vicino alla gente. E’ un punto di riferimento per il clero argentino e per tutta la Chiesa argentina: un esempio del pastore che si dà tutto per il suo gregge, sino alla morte. Questo sacerdote muore, perché ha contratto la lebbra da uno dei malati che andava a trovare. Anche se gli chiedevano di allontanarsi da questo tipo di malati proprio per il rischio di contagio, lui - pur di non perdere la comunione con queste persone - ha assunto coscientemente il rischio di contagiarsi: è morto tra le sofferenze di questa malattia. Ovviamente il Papa, come argentino, lo conosce bene.
D. - Sarà bello che la beatificazione avverrà sotto il Pontificato di un Papa che viene dall’Argentina…
R. - Senza dubbio! Per tutta la Chiesa argentina sarà una cosa bellissima.
Radio Vaticana - La “chiamata” è stata effettuata dal Santo Padre per ringraziare del libro scritto e inviatogli dal sacerdote sul Venerabile Josè Gabriel Brochero, prete del secolo scorso che presto sarà beatificato in Argentina. Ascoltiamo don Pulchinotta al microfono di Paolo Ondarza: ascolta
R. – Il telefono ha suonato: ho visto sul display “numero privato” e ho domandato “pronto, chi è?”. Mi ha detto: “Sono Papa Francisco”. Sulle prime, sono rimasto un po’ bloccato dalla sorpresa… Non me lo aspettavo. Mi ha detto che padre Miguel, un amico comune, gli aveva fatto arrivare il mio libro. Mi voleva ringraziare. Io gli ho detto che questo era un grande onore, in primis che avesse ricevuto il mio libro e che poi mi chiamasse al telefono. Allora mi ha risposto: “Mi sembra soltanto semplice buona educazione. Mi hai regalato il tuo libro e io ti ringrazio”.
D. - Che cosa l’ha colpita maggiormente di questa reazione così spontanea di Papa Francesco?
R. - In realtà è scontato fra due persone: uno fa un dono all’altro e l’altro ringrazia. La cosa che, però, non è scontata è chi lo fa: io sono un semplice prete di campagna. Il mettersi in relazione con l’altro, accanto all’altro e non al di sopra dell’altro, non è comune. Ovviamente lui è il Papa, il Successore di Pietro: c’è una bella distanza fra lui e me, una distanza che lui ha accorciato con questa semplicità. Questo stabilisce anche una relazione di fratellanza.
D. - Don Cesar Alejandro, inviando questo libro al Papa, mai si sarebbe aspettato una risposta di questo tipo, forse neanche un biglietto scritto da qualche intermediario…
R. - Alle volte arrivano questi biglietti, che scrivono i suoi segretari. Io ero già molto contento che lui ricevesse il mio libro. Per me questo aveva già un significato simbolico molto grande: il fatto di far arrivare il frutto dei miei studi a lui.
D. - Don Cesar Alejandro, questa normalità, questa spontaneità insegna qualcosa anche alla Chiesa di oggi?
R. - Certamente. Il gesto - non calcolato, come lei ha detto “spontaneo” - significa che è un pastore realmente al servizio del popolo, cammina insieme a noi. Nel Vangelo di domenica c’era questa conoscenza intima tra il pastore e il suo gregge: si ascoltano e si riconoscono nella voce. Quindi sentire questa voce, per telefono, fa bene, fa sentire la voce del pastore vicino a noi. Per me, come sacerdote e come pastore, è anche un incoraggiamento ad essere in mezzo alla gente, in semplicità.
D. - Lei si autodefiniva prima un parroco di campagna: lei è alla guida di una piccola comunità, quella della parrocchia di Montorio Romano, in Sabina. La telefonata del Papa conferma la sua attitudine a rendersi prossimo a tutti gli uomini, fino alle periferie…
R. - Questo ci fa vedere che le parole del Papa “bisogna andare verso tutti gli uomini” non rappresentano un semplice discorso ideologico, ma sono una posizione di vita, che si concretizza con gesti spontanei come il dare la mano a chi gli passa vicino…
D. - Questo raggiunge il cuore della gente….
R. - Certamente! Lei lo sa, voi alla radio comunicate attraverso il linguaggio parlato, il linguaggio orale, ma alle volte un gesto dice molto più di tante parole.
D. - Il suo libro, quello che lei ha inviato a Papa Francesco è dedicato José Gabriel Brochero, sacerdote argentino morto all’inizio del XX secolo, che presto sarà beatificato: una figura sicuramente nota a Papa Francesco e molto cara al popolo argentino…
R. - Sì, molto cara in quanto è stato un sacerdote molto, molto vicino alla gente. E’ un punto di riferimento per il clero argentino e per tutta la Chiesa argentina: un esempio del pastore che si dà tutto per il suo gregge, sino alla morte. Questo sacerdote muore, perché ha contratto la lebbra da uno dei malati che andava a trovare. Anche se gli chiedevano di allontanarsi da questo tipo di malati proprio per il rischio di contagio, lui - pur di non perdere la comunione con queste persone - ha assunto coscientemente il rischio di contagiarsi: è morto tra le sofferenze di questa malattia. Ovviamente il Papa, come argentino, lo conosce bene.
D. - Sarà bello che la beatificazione avverrà sotto il Pontificato di un Papa che viene dall’Argentina…
R. - Senza dubbio! Per tutta la Chiesa argentina sarà una cosa bellissima.
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È presente 1 commento
Bellissimo testo, come sempre. Se mi chiedessero di definire con una sola parola Papa Francesco, direi SEMPLICITÀ. Una parola appunto semplice, ma che ci fa capire che le barriere formali tra il popolo e la Chiesa cominciano a crollare.
Complimenti per il bellissimo servizio.
Claudia
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