Il 15 aprile Pietro Maso è tornato un cittadino libero, dopo aver scontato 22 anni di carcere: aveva ucciso i genitori per intascare l'eredità
E' finalmente tornato in libertà Pietro Maso, il ragazzo ormai quarantunenne di Montecchia di Crosara che il 17 aprile del 1991 uccise i suoi genitori per incassare in anticipo l'eredità. Nulla di strano, si potrebbe pensare: Maso avrà scontato la sua pena di ben 22 anni. A voler essere precisi però Maso era stato condannato a 30 anni, che sono stati ridotti a 22 per via di tre anni di indulto e 1800 giorni di liberazione anticipata. Tuttavia, una domanda sorge spontanea: sono sufficienti 22 anni per scontare un delitto così grave? Si può cancellare il gesto così cruento che un figlio compie verso i genitori? Per rispondere, partiamo dall'inizio. In teoria, il carcere dovrebbe essere un luogo di “rieducazione” del criminale, affinché, dopo aver scontato la sua pena, possa reinserirsi nella società e cominciare una nuova vita. Il carcere dovrebbe svolgere la funzione di “palestra della vita”, dove ci si allena a vivere. Dovrebbe essere come un periodo di prova, trascorso il quale si viene effettivamente “assunti” dalla vita. Molte volte, però, questo non accade. Anzi, purtroppo, molte persone, dopo aver scontato la loro pena, ritornano a compiere le stesse azioni che compivano prima di entrare in carcere. Questo perché spesso i criminali sono lasciati in balia di se stessi, non vengono seguiti da nessuno durante il loro periodo di recupero. E così, per continuare con la metafora della palestra, non si allenano mai.
Però, come accade in tutti i casi, anche qui ci sono delle eccezioni. Un esempio, a quanto pare, è Pietro Maso. Ventidue anni fa entrava in carcere, all'età di 20 anni. Un giovane che, come tanti, sognava la bella vita, il successo, lo sballo. In una parola, un ragazzo sbandato, senza una meta precisa per la sua vita, ma con un pallino fisso: i soldi. Forse, si potrebbe azzardare, viveva in una dimensione tutta sua, lontana dalla realtà. Poi, però, alla realtà ci è sbattuto contro: il duplice omicidio e quindi il carcere. Qui, grazie all'incontro con don Guido Todeschini, direttore di Telepace, è rientrato in se stesso, si è calato finalmente nella realtà e ha cominciato un cammino di redenzione. Pian piano ha preso in mano gli strumenti per allenarsi nella palestra della vita e così, giorno dopo giorno, si è formato i muscoli per poter vivere davvero.
Tra le altre cose, in questi giorni è anche uscito un suo libro, edito da Mondadori e intitolato “Il Male ero io”, in cui Maso racconta la sua storia. Stando a quanto dicono le persone a lui più vicine, Pietro Maso è un uomo rinato, ha imparato la lezione, anche se a caro prezzo, ed ora è pronto per affrontare la vita. Allora, alla domanda sollevata all'inizio – sono sufficienti 22 anni per scontare un delitto così grave? - la risposta potrebbe essere sì, se il criminale nel corso di questo tempo rinasce a vita nuova. All'altra domanda – se si può cancellare un gesto così cruento – la risposta è lasciata alla coscienza di ognuno. Per chi crede nella remissione dei peccati annunciata dalla religione cattolica, la risposta è sì, a patto di un sincero e profondo pentimento.
E' finalmente tornato in libertà Pietro Maso, il ragazzo ormai quarantunenne di Montecchia di Crosara che il 17 aprile del 1991 uccise i suoi genitori per incassare in anticipo l'eredità. Nulla di strano, si potrebbe pensare: Maso avrà scontato la sua pena di ben 22 anni. A voler essere precisi però Maso era stato condannato a 30 anni, che sono stati ridotti a 22 per via di tre anni di indulto e 1800 giorni di liberazione anticipata. Tuttavia, una domanda sorge spontanea: sono sufficienti 22 anni per scontare un delitto così grave? Si può cancellare il gesto così cruento che un figlio compie verso i genitori? Per rispondere, partiamo dall'inizio. In teoria, il carcere dovrebbe essere un luogo di “rieducazione” del criminale, affinché, dopo aver scontato la sua pena, possa reinserirsi nella società e cominciare una nuova vita. Il carcere dovrebbe svolgere la funzione di “palestra della vita”, dove ci si allena a vivere. Dovrebbe essere come un periodo di prova, trascorso il quale si viene effettivamente “assunti” dalla vita. Molte volte, però, questo non accade. Anzi, purtroppo, molte persone, dopo aver scontato la loro pena, ritornano a compiere le stesse azioni che compivano prima di entrare in carcere. Questo perché spesso i criminali sono lasciati in balia di se stessi, non vengono seguiti da nessuno durante il loro periodo di recupero. E così, per continuare con la metafora della palestra, non si allenano mai.
Però, come accade in tutti i casi, anche qui ci sono delle eccezioni. Un esempio, a quanto pare, è Pietro Maso. Ventidue anni fa entrava in carcere, all'età di 20 anni. Un giovane che, come tanti, sognava la bella vita, il successo, lo sballo. In una parola, un ragazzo sbandato, senza una meta precisa per la sua vita, ma con un pallino fisso: i soldi. Forse, si potrebbe azzardare, viveva in una dimensione tutta sua, lontana dalla realtà. Poi, però, alla realtà ci è sbattuto contro: il duplice omicidio e quindi il carcere. Qui, grazie all'incontro con don Guido Todeschini, direttore di Telepace, è rientrato in se stesso, si è calato finalmente nella realtà e ha cominciato un cammino di redenzione. Pian piano ha preso in mano gli strumenti per allenarsi nella palestra della vita e così, giorno dopo giorno, si è formato i muscoli per poter vivere davvero.
Tra le altre cose, in questi giorni è anche uscito un suo libro, edito da Mondadori e intitolato “Il Male ero io”, in cui Maso racconta la sua storia. Stando a quanto dicono le persone a lui più vicine, Pietro Maso è un uomo rinato, ha imparato la lezione, anche se a caro prezzo, ed ora è pronto per affrontare la vita. Allora, alla domanda sollevata all'inizio – sono sufficienti 22 anni per scontare un delitto così grave? - la risposta potrebbe essere sì, se il criminale nel corso di questo tempo rinasce a vita nuova. All'altra domanda – se si può cancellare un gesto così cruento – la risposta è lasciata alla coscienza di ognuno. Per chi crede nella remissione dei peccati annunciata dalla religione cattolica, la risposta è sì, a patto di un sincero e profondo pentimento.
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