sabato, aprile 13, 2013
Il “caso” delle omelie delle messe a santa Marta – Ritratto del Bergoglio predicatore

di Paolo Fucili

Avendo saggiato da giovane i viscerali umori del tifo, Francesco sa cos’è l’ entusiasmo per una bella vittoria allo stadio. Ecco, per intenderci, lo stupore dell’incontro con Gesù Cristo è “qualcosa di più profondo ancora”, sebbene “non possiamo vivere sempre nello stupore”, che è piuttosto una specie di “inizio dello stato abituale del cristiano”. Dio non è “una fata con la bacchetta magica”: la vita cristiana richiede perseveranza sulle strade del Signore, dove ad ogni passo o quasi corrisponde ahinoi un peccato. A volte veniale, ma non per questo da sottovalutare, come quello “spellare” l’altro che è il pettegolezzo, “fare giustizia con la mia lingua”. A volte invece così opprimente che fa male solo a pensarci. “‘Oh, padre, se lei conoscesse la mia vita, non mi parlerebbe così!’. ‘Perché?, cosa hai fatto?’. ‘Oh, ne ho fatte di grosse!’. ‘Meglio! Vai da Gesù: a Lui piace se gli racconti queste cose!’”

Bastano già queste vivide pennellate ad abbozzare un ritratto del Bergoglio predicatore semplice, concreto, vivace, immediato e pure breve (virtù tanto raccomandata quanto trascurata), fin dal 17 marzo a sant’Anna, la “parrocchia” vaticana, la messa della prima domenica dopo l’elezione, senza testi sottomano preparati prima. Tale però era l’attenzione dei media e non solo, in quei giorni, che si pensò bene di sbobinare quell’omelia e pubblicarla. Altra cosa sono le celebrazioni legate a ricorrenze liturgiche, tipo la settimana santa, oppure corrispondenti ad ‘impegni’ da adempiere da parte del santo Padre (ad esempio la “presa di possesso” di san Giovanni in Laterano). Allora la Sala stampa vaticana provvede persino in anticipo (“sotto embargo”, si dice) a diffondere i testi delle omelie, a cui il Papa si attiene abbastanza fedelmente, non senza ad annotazioni qua e là aggiunte sul momento, che oltre ad essere caratteristiche di un certo suo personale ‘stile’, diventano in genere i virgolettati più citati ed enfatizzati.

A Casa santa Marta invece la stampa non è stata ammessa finora alle messe là celebrate ogni mattina alle 7, nella “foresteria” vaticana che dopo aver ospitato i cardinali elettori al conclave, a norma delle rigorose leggi in materia, è stata eletta da Francesco sua residenza, anziché l’appartamento pontificio con affaccio su piazza san Pietro. Che sarà pure più spazioso e confortevole, sì, ma anche più “isolato”. Bergoglio preferisce così, almeno per ora, ha comunicato il portavoce padre Lombardi lasciando capire che Sua Santità apprezza la possibilità di incontri e conversazioni quotidiani con altri ospiti della residenza. Tanto più che dall’Argentina non si è portato né un segretario né altri collaboratori. E magari chissà, così trova pure qualche spunto per le sue “prediche”.

A ragionarci infatti un po’ su, si vede anche dalle omelie di quelle messe mattutine che la sua spiritualità si nutre anzitutto di incontri, contatto assiduo con la gente, ascolto e paziente condivisione di “gioie e speranze, tristezze ed angosce” degli uomini di oggi, per dirla col celebre proemio della Gaudium et Spes. “Nella curia di Buenos Aires”, ha raccontato ad esempio una volta, “lavora da 30 anni un uomo umile, padre di 8 figli. Prima di uscire, di andare a fare le cose che fa, dice sempre ‘Gesù’. ‘Ma perché?’, gli ho chiesto una volta? ‘Quando io dico ‘Gesù’ mi sento forte, mi sento di poter lavorare…’. Quest’uomo non ha studiato teologia, ha soltanto la grazia del battesimo. E questa testimonianza a me ha fatto tanto bene…”.

E tutte sono pronunciate a braccio, come farebbe un sacerdote qualunque. Un breve resoconto è affidato ai media vaticani, Osservatore romano e Radio Vaticana, col supporto di qualche spezzone di immagini TV e qualche fotografia. E tutti han visto almeno quella del Papa seduto in fondo alla cappella della Casa, dietro netturbini e giardinieri vaticani coi loro abiti da lavoro. La consuetudine infatti è dedicare ogni giorno la messa a diversi gruppi e categorie di lavoratori del Vaticano, e già questa è una bella novità. Ai tempi non lontani di “Vatileaks”, Curia Romana, Governatorato, palazzi vaticani vari sono stati spesso dipinti come nidi di serpi. Magari le tinte usate dai giornalisti erano, come spesso accade, un po’ troppo accese. Rimane il fatto che incontrare i propri collaboratori ogni giorno, dal più importante al più umile, e celebrare insieme la messa suona come un bel segnale di richiamo a “Chi”, con la maiuscola, quei lavoratori son chiamati a prestare la propria opera e “regolarsi” di conseguenza.

Poi si sa, tutto il mondo è paese, e i peccati son sempre gli stessi dappertutto. La “chiacchiera” ad esempio, il “bastonare” qualcuno parlandogli dietro le spalle. “Cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me”. Ma sebbene banale in apparenza, anche questa è “una tentazione del maligno”. Bergoglio, aperta parentesi, non esita a far ricorso a temi piuttosto demodè all’ombra dei campanili, tuttavia drammaticamente “attuali” nella vita spirituale della Chiesa e dei cristiani, ed uno di questi è sicuramente il “diavolo”, lo chiama senza mezzi termini. E pure le sue tentazioni, in fondo, son sempre quelle. “A volte pensiamo: ‘sono sicuro, ho dei soldi…’”. Oppure “crederci potenti… anche quello non va. Mascheriamo la nostra povertà, i nostri peccati con la vanità, l’orgoglio…”. O ancora il “trionfalismo” dell’ultima omelia di oggi.

Perciò forse, sapendo quanto il principe delle tenebre si ingegni di traviare l’uomo, Francesco parla un giorno sì e l’altro pure di misericordia. “Quanta pazienza ha Lui con noi!”. Dovremmo avere una tale gratitudine “che potrebbe anche trasformarsi in lacrime di gioia sul volto di ogni fedele”. Anzi, versare lacrime ogni tanto “è una bella grazia. Piangere per tutto: per il bene, per i nostri peccati, per le grazie, per la gioia, anche”. “A volte, nella nostra vita, gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime”. Addirittura, ha detto un altro giorno, “la cosa più bella è dire il nome del peccato, confessandoli“, perché vuol dire che la “notte del peccatore” che abbiamo attraversato era “provvisoria”, non “definitiva” come la “notte del corrotto”, colui che neppure sente più la coscienza che morde.

All’inizio, specie in corrispondenza di eventi più importanti e perciò più attesi, le messe a santa Marta erano tutt’al più rubricate come brevi notizie. Col passare dei giorni, invece, l’attenzione dei vaticanisti è progressivamente salita, poiché queste omelie rivelano molto, a loro modo, della personalità del Papa e di cosa più gli sta a cuore. Una sorta di magistero “parallelo” che affianca ed illumina l’altro “ufficiale” per il quale la comunicazione vaticana attiva tutte le “normali” procedure. E se semplicità ed immediatezza sono tratti ormai chiari del “Bergoglio style”, le omelie di santa Marta ne sono la prova più genuina, da leggere bene però, per non incorrere in qualche increscioso equivoco. Ad esempio scambiare fiducia nella misericordia per una fede blanda ed intimista, “all’acqua di rose”. Bisogna sì aver “fiducia nella dolcezza del perdono di Dio”, ma “la fede non si negozia”; occhio alla tentazione che “sempre c’è stata, nel popolo di Dio”, di “tagliare un pezzo alla fede”, “essere un po’ come fanno tutti, non essere tanto tanto rigidi”, perché “da lì incomincia una strada che finisce nell’apostasia”. Piuttosto pensiamo ai martiri e preghiamo Dio “che la mia fede sia forte, coraggiosa. E aiutami, dammi il coraggio, nei momenti in cui devo renderla pubblica”.


È presente 1 commento

Claudia Lopes ha detto...

Lui ha veramente un modo tutto suo di rivolgersi alla gente, con delle parole semplici ma piene di significato, un linguaggio molto vicino alla nostra realtà. Che Dio e la Madonna lo custodiscano e lo proteggano.
Claudia Lopes

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