Un mese fa si è celebrata, come ogni anno, la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri.
Il giorno prescelto, il 24 marzo, è quello in cui, nel 1980, moriva Mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, assassinato perché da tempo si era trasformato in una voce di denuncia contro l’oppressione del governo militare. È notizia di poche ore fa che finalmente la causa di beatificazione di mons. Romero, rimasta per troppo tempo “in stallo”, si è sbloccata. Così come si era sbloccata quella di don Pino Puglisi, che sarà beatificato tra poche settimane a Palermo.
Quelle di Romero e Puglisi sono due vicende geograficamente lontane che però raccontano entrambe la forza di una testimonianza di fede fino alle estreme conseguenze. Può sembrare arduo accostare i temi della fede con le questioni “dittatura militare” o “mafia”. Ma così non è. Perché opporsi alla logica perversa e violenta delle mafie o delle dittature è senza dubbio un segno di fede, di cui si fanno e si sono fatti carico, nella propria azione pastorale, molti sacerdoti, alcuni fino al martirio. Che di martirio, cioè di morte in odium fidei, si tratti, nel caso di don Puglisi è stato accertato grazie al postulatore della causa di beatificazione, l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace mons. Vincenzo Bertolone, come da lui racconta nel libro La sapienza del sorriso (Paoline 2012). Nel libro mons. Bertolone mette in luce come l’essere sacerdote e pastore fino in fondo, fedele al Vangelo che viveva e annunciava, ha messo don Pino in rotta di collisione con la mafia. È la sua fede che ha “disturbato” i mafiosi, fino alla decisione di toglierlo di mezzo. Un fatto accertato anche attraverso l’uso dei verbali del processo penale contro gli assassini del parroco di Brancaccio.
Allo stesso modo, molto probabilmente, a sbloccare la causa di Romero potrebbe essere la testimonianza rilasciata dal capitano Alvaro R. Saravia, unico condannato per l'omicidio.
A Romero, Alberto Vitali, incaricato dei progetti "Conflitti dimenticati" e "El Salvador", promossi da Pax Christi Italia, ha dedicato il volume Oscar A. Romero. Pastore di agnelli e lupi (Paoline 2010), in cui sono raccolti ricordi e testimonianze, non solo a partire dai documenti ufficiali ma ascoltando molte persone che a diverso titolo hanno lavorato con Romero o l’hanno incontrato. Un ritratto pieno di luci e di ombre, dove emerge l’onestà e la trasparenza di un pastore che ha accettato di essere testimone del suo popolo, fino all’estremo sacrificio.
Il giorno prescelto, il 24 marzo, è quello in cui, nel 1980, moriva Mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, assassinato perché da tempo si era trasformato in una voce di denuncia contro l’oppressione del governo militare. È notizia di poche ore fa che finalmente la causa di beatificazione di mons. Romero, rimasta per troppo tempo “in stallo”, si è sbloccata. Così come si era sbloccata quella di don Pino Puglisi, che sarà beatificato tra poche settimane a Palermo.
Quelle di Romero e Puglisi sono due vicende geograficamente lontane che però raccontano entrambe la forza di una testimonianza di fede fino alle estreme conseguenze. Può sembrare arduo accostare i temi della fede con le questioni “dittatura militare” o “mafia”. Ma così non è. Perché opporsi alla logica perversa e violenta delle mafie o delle dittature è senza dubbio un segno di fede, di cui si fanno e si sono fatti carico, nella propria azione pastorale, molti sacerdoti, alcuni fino al martirio. Che di martirio, cioè di morte in odium fidei, si tratti, nel caso di don Puglisi è stato accertato grazie al postulatore della causa di beatificazione, l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace mons. Vincenzo Bertolone, come da lui racconta nel libro La sapienza del sorriso (Paoline 2012). Nel libro mons. Bertolone mette in luce come l’essere sacerdote e pastore fino in fondo, fedele al Vangelo che viveva e annunciava, ha messo don Pino in rotta di collisione con la mafia. È la sua fede che ha “disturbato” i mafiosi, fino alla decisione di toglierlo di mezzo. Un fatto accertato anche attraverso l’uso dei verbali del processo penale contro gli assassini del parroco di Brancaccio.
Allo stesso modo, molto probabilmente, a sbloccare la causa di Romero potrebbe essere la testimonianza rilasciata dal capitano Alvaro R. Saravia, unico condannato per l'omicidio.
A Romero, Alberto Vitali, incaricato dei progetti "Conflitti dimenticati" e "El Salvador", promossi da Pax Christi Italia, ha dedicato il volume Oscar A. Romero. Pastore di agnelli e lupi (Paoline 2010), in cui sono raccolti ricordi e testimonianze, non solo a partire dai documenti ufficiali ma ascoltando molte persone che a diverso titolo hanno lavorato con Romero o l’hanno incontrato. Un ritratto pieno di luci e di ombre, dove emerge l’onestà e la trasparenza di un pastore che ha accettato di essere testimone del suo popolo, fino all’estremo sacrificio.
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