Continua nel Salento l’ attività di contrasto ai patrimoni accumulati grazie all’ usura.
Liberainformazione - A finire nel mirino degli investigatori, questa volta, un imprenditore immobiliare di Taviano, Alberto Trisolino, 76enne, ritenuto responsabile dei reati di usura e abusivo esercizio di attività creditizia. L’ uomo, secondo quanto dichiarato al Fisco, risultava sostanzialmente nullatenente. Basta pensare che nel 2011 aveva dichiarato solo 340 euro, mentre, negli anni 2008, 2009 e 2010 rispettivamente 19, 28 e 108 euro. I beni sequestrati sono tutti intestati alla moglie e ai suoi tre figli, tranne un conto corrente di circa 2mila euro. Il decreto di sequestro preventivo “per sproporzione”, eseguito dagli uomini della Guardia di Finanza della Compagnia di Gallipoliguidati dal Capitano Francesco Mazza, è stato emesso dal Gip del Tribunale di Lecce, Simona Panzera, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica, Giuseppe Capoccia. Le indagini hanno avuto inizio nel giugno 2011 in seguito alla denuncia presentata da un imprenditore di Gallipoli presso gli uffici della Repubblica di Lecce. L’ attività investigativa ha permesso di ipotizzare almeno dieci fatti di usura ed esercizio abusivo del credito. Le vittime hanno confermato di aver usufruito dei prestiti di denaro sui quali venivano applicati tassi d’ interesse usurari compresi tra il 60 e il 212%.
Il valore complessivo dei beni sequestrati ammonta a circa 10 milioni e 400mila euro e sono costituiti da 3 società di capitali operanti nel settore della compravendita immobiliare, da 9 rapporti finanziari di conto corrente per un saldo complessivo superiore ai 211mila euro, da 53 fabbricati ubicati in Taviano e da 29 terreni agricoli situati tra Taviano e Alezio. Il sequestro “per sproporzione”, disciplinato dalla normativa antimafia, è previsto anche per i reati di usura e consente il sequestro del patrimonio del presunto responsabile nel caso in cui le indagini economico-patrimoniali evidenzino una sproporzione tra i redditi dichiarati o l’ attività economica svolta e le possidenze patrimoniali che l’ usuraio detiene, anche tramite altre persone, di cui non riesca a dimostrare la lecita provenienza.
Il presunto usuraio, per mascherare le varie operazioni usurarie, simulava contratti di vendita dei suoi terreni alle sue vittime. Così intascava gli assegni comprendenti somme gonfiate da interessi esorbitanti senza mai perdere la proprietà dei suoi beni. In un altro caso, stando alle indagini, a fronte di un prestito di 51mila euro, Trisolino si sarebbe fatto firmare una procura irrevocabile per poter vendere le quote di una società della vittima con pieni poteri fino alla completa estinzione del debito. Poco prima della scadenza della procura, resosi conto che non sarebbe riuscito a recuperare il denaro prestato, avrebbe ceduto la società per soli 50mila euro a sua moglie, impossessandosi così di un compendio industriale che ne vale almeno 105mila. Un’ operazione usuraria con un tasso d’ interesse pari al 212%.
Questo episodio, definito “usura reale” dimostra, come sottolineato dal Procuratore Motta, che Trisolino utilizzava anche metodi che sono adottati dalla criminalità organizzata, pur non avendo, secondo quanto emerso dalle indagini, nessun legame con essa. Ma la sua presenza sul territorio era comunque accettata e addirittura rispettata dai boss locali. Il Procuratore Capo Cataldo Motta non nasconde la sua soddisfazione perché, in questo caso, le vittime hanno collaborato: «E’ grazie alla collaborazione delle vittime se le indagini hanno potuto fare il loro corso e si è potuto procedere al sequestro di beni per oltre 10 milioni di euro riconducibili ad Alberto Trisolino», ha affermato il capo della Procura Leccese. «Di solito accertare il reato di usura è molto difficile perché chi cade nella trappola tende comunque a mantenere un legame col proprio aguzzino, soprattutto nei piccoli centri abitati. E Trisolino è proprio il classico “usuraio di paese”». Infine Motta sottolinea l’ importanza della normativa antimafia che prevede il sequestro dei patrimoni: «Più che la pena è l’ aggressione dei patrimoni l’ arma migliore per contrastare l’ usura. E la normativa antimafia consente di apporre i sigilli quando c’ è un netto squilibrio tra i redditi dichiarati e i beni dell’ indagato, anche se intestati ai propri familiari, e non si è in grado di giustificarne la provenienza lecita. E Trisolino aveva dichiarato cifre davvero irrisorie: 19 euro nel 2008, 28 nel 2009, 108 nel 2010 e 340 nel 2011. Più alte quelle indicate dalla moglie, ma comunque non superiori ai seimila euro annui».
Liberainformazione - A finire nel mirino degli investigatori, questa volta, un imprenditore immobiliare di Taviano, Alberto Trisolino, 76enne, ritenuto responsabile dei reati di usura e abusivo esercizio di attività creditizia. L’ uomo, secondo quanto dichiarato al Fisco, risultava sostanzialmente nullatenente. Basta pensare che nel 2011 aveva dichiarato solo 340 euro, mentre, negli anni 2008, 2009 e 2010 rispettivamente 19, 28 e 108 euro. I beni sequestrati sono tutti intestati alla moglie e ai suoi tre figli, tranne un conto corrente di circa 2mila euro. Il decreto di sequestro preventivo “per sproporzione”, eseguito dagli uomini della Guardia di Finanza della Compagnia di Gallipoliguidati dal Capitano Francesco Mazza, è stato emesso dal Gip del Tribunale di Lecce, Simona Panzera, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica, Giuseppe Capoccia. Le indagini hanno avuto inizio nel giugno 2011 in seguito alla denuncia presentata da un imprenditore di Gallipoli presso gli uffici della Repubblica di Lecce. L’ attività investigativa ha permesso di ipotizzare almeno dieci fatti di usura ed esercizio abusivo del credito. Le vittime hanno confermato di aver usufruito dei prestiti di denaro sui quali venivano applicati tassi d’ interesse usurari compresi tra il 60 e il 212%.
Il valore complessivo dei beni sequestrati ammonta a circa 10 milioni e 400mila euro e sono costituiti da 3 società di capitali operanti nel settore della compravendita immobiliare, da 9 rapporti finanziari di conto corrente per un saldo complessivo superiore ai 211mila euro, da 53 fabbricati ubicati in Taviano e da 29 terreni agricoli situati tra Taviano e Alezio. Il sequestro “per sproporzione”, disciplinato dalla normativa antimafia, è previsto anche per i reati di usura e consente il sequestro del patrimonio del presunto responsabile nel caso in cui le indagini economico-patrimoniali evidenzino una sproporzione tra i redditi dichiarati o l’ attività economica svolta e le possidenze patrimoniali che l’ usuraio detiene, anche tramite altre persone, di cui non riesca a dimostrare la lecita provenienza.
Il presunto usuraio, per mascherare le varie operazioni usurarie, simulava contratti di vendita dei suoi terreni alle sue vittime. Così intascava gli assegni comprendenti somme gonfiate da interessi esorbitanti senza mai perdere la proprietà dei suoi beni. In un altro caso, stando alle indagini, a fronte di un prestito di 51mila euro, Trisolino si sarebbe fatto firmare una procura irrevocabile per poter vendere le quote di una società della vittima con pieni poteri fino alla completa estinzione del debito. Poco prima della scadenza della procura, resosi conto che non sarebbe riuscito a recuperare il denaro prestato, avrebbe ceduto la società per soli 50mila euro a sua moglie, impossessandosi così di un compendio industriale che ne vale almeno 105mila. Un’ operazione usuraria con un tasso d’ interesse pari al 212%.
Questo episodio, definito “usura reale” dimostra, come sottolineato dal Procuratore Motta, che Trisolino utilizzava anche metodi che sono adottati dalla criminalità organizzata, pur non avendo, secondo quanto emerso dalle indagini, nessun legame con essa. Ma la sua presenza sul territorio era comunque accettata e addirittura rispettata dai boss locali. Il Procuratore Capo Cataldo Motta non nasconde la sua soddisfazione perché, in questo caso, le vittime hanno collaborato: «E’ grazie alla collaborazione delle vittime se le indagini hanno potuto fare il loro corso e si è potuto procedere al sequestro di beni per oltre 10 milioni di euro riconducibili ad Alberto Trisolino», ha affermato il capo della Procura Leccese. «Di solito accertare il reato di usura è molto difficile perché chi cade nella trappola tende comunque a mantenere un legame col proprio aguzzino, soprattutto nei piccoli centri abitati. E Trisolino è proprio il classico “usuraio di paese”». Infine Motta sottolinea l’ importanza della normativa antimafia che prevede il sequestro dei patrimoni: «Più che la pena è l’ aggressione dei patrimoni l’ arma migliore per contrastare l’ usura. E la normativa antimafia consente di apporre i sigilli quando c’ è un netto squilibrio tra i redditi dichiarati e i beni dell’ indagato, anche se intestati ai propri familiari, e non si è in grado di giustificarne la provenienza lecita. E Trisolino aveva dichiarato cifre davvero irrisorie: 19 euro nel 2008, 28 nel 2009, 108 nel 2010 e 340 nel 2011. Più alte quelle indicate dalla moglie, ma comunque non superiori ai seimila euro annui».
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