I dieci saggi nominati da Napolitano sono al lavoro, ma sono in pochi a ritenere che il loro impegno possa sortire novità dirimenti per la nascita di un nuovo governo. Ormai l’obiettivo si sposta sulla elezione del presidente della Repubblica.
Città Nuova - Obiettivo Colle. La prossima settimana, a partire da giovedì 18 aprile, si riuniranno a Montecitorio 1.007 esponenti del mondo politico per eleggere il nuovo capo dello Stato. Accanto ai 630 deputati e ai 319 senatori, siederanno anche 58 delegati regionali (tre designati da ogni Assemblea regionale, ad eccezione della Val d’Aosta che ne esprimerà soltanto uno). Come si elegge un Presidente. La Carta costituzionale, all’art. 83, ne prevede semplicemente la procedura: «L’elezione del presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta».
I precedenti. Degli 11 presidenti della nostra storia repubblicana, soltanto tre sono stati eletti al primo scrutinio con la maggioranza di due terzi dell’Assemblea: De Nicola nel 1946, Cossiga nel 1985 e Ciampi nel 1999. Gli altri otto sono stati eletti a maggioranza assoluta. E fra questi sono in tre quelli ad avercela fatta già al quarto scrutinio: Einaudi nel 1948, Gronchi nel 1955 e Napolitano nel 2006. Per i rimanenti cinque, si sono rese necessarie da nove votazioni (per Segni nel 1962) a sedici (per Pertini nel 1978 e per Scalfaro nel 1992), a ventuno (per Saragat nel 1964), a ventitré (per Leone nel 1971).
I giochi. L’elezione del nuovo capo dello Stato s’intreccia, oggi, con l'ipotesi di un accordo per la guida di un eventuale governo di grande coalizione. La partita è delicata, la posta in gioco è grande, e le diplomazie dei partiti sono alacremente all’opera per cercare intese. Circolano alcuni nomi: da Prodi ad Amato, da Marini a D'Alema, allo stesso Berlusconi, a numerose altre espressioni di una stagione politica che sono in molti (e noi tra loro) a ritenere ormai da consegnare agli archivi. Ma si sa, fortunatamente, che chi entra papa in conclave ne esce cardinale.
Secondo la Costituzione il capo dello Stato rappresenta l’unità nazionale e può essere eletto presidente della Repubblica qualsiasi cittadino italiano che abbia compiuto i cinquanta anni di età e che goda dei diritti civili e politici. Non si comprende, allora, come mai non si possa individuare per il Quirinale, finalmente, una personalità esterna al circuito del ristretto ambito politico-partitico, di grande autorevolezza per storia personale e trasparenza etica, in grado di garantire imparzialità rispetto al quadro politico interno del Paese e di rappresentarlo con riconosciuta dignità nei contesti internazionali.
Perché non tentare di trovare un accordo in questa direzione?
Marco Fattuzzo
Città Nuova - Obiettivo Colle. La prossima settimana, a partire da giovedì 18 aprile, si riuniranno a Montecitorio 1.007 esponenti del mondo politico per eleggere il nuovo capo dello Stato. Accanto ai 630 deputati e ai 319 senatori, siederanno anche 58 delegati regionali (tre designati da ogni Assemblea regionale, ad eccezione della Val d’Aosta che ne esprimerà soltanto uno). Come si elegge un Presidente. La Carta costituzionale, all’art. 83, ne prevede semplicemente la procedura: «L’elezione del presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta».
I precedenti. Degli 11 presidenti della nostra storia repubblicana, soltanto tre sono stati eletti al primo scrutinio con la maggioranza di due terzi dell’Assemblea: De Nicola nel 1946, Cossiga nel 1985 e Ciampi nel 1999. Gli altri otto sono stati eletti a maggioranza assoluta. E fra questi sono in tre quelli ad avercela fatta già al quarto scrutinio: Einaudi nel 1948, Gronchi nel 1955 e Napolitano nel 2006. Per i rimanenti cinque, si sono rese necessarie da nove votazioni (per Segni nel 1962) a sedici (per Pertini nel 1978 e per Scalfaro nel 1992), a ventuno (per Saragat nel 1964), a ventitré (per Leone nel 1971).
I giochi. L’elezione del nuovo capo dello Stato s’intreccia, oggi, con l'ipotesi di un accordo per la guida di un eventuale governo di grande coalizione. La partita è delicata, la posta in gioco è grande, e le diplomazie dei partiti sono alacremente all’opera per cercare intese. Circolano alcuni nomi: da Prodi ad Amato, da Marini a D'Alema, allo stesso Berlusconi, a numerose altre espressioni di una stagione politica che sono in molti (e noi tra loro) a ritenere ormai da consegnare agli archivi. Ma si sa, fortunatamente, che chi entra papa in conclave ne esce cardinale.
Secondo la Costituzione il capo dello Stato rappresenta l’unità nazionale e può essere eletto presidente della Repubblica qualsiasi cittadino italiano che abbia compiuto i cinquanta anni di età e che goda dei diritti civili e politici. Non si comprende, allora, come mai non si possa individuare per il Quirinale, finalmente, una personalità esterna al circuito del ristretto ambito politico-partitico, di grande autorevolezza per storia personale e trasparenza etica, in grado di garantire imparzialità rispetto al quadro politico interno del Paese e di rappresentarlo con riconosciuta dignità nei contesti internazionali.
Perché non tentare di trovare un accordo in questa direzione?
Marco Fattuzzo
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