Ora si faccia chiarezza e si lavori seriamente per la pace
Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e Susan Dabbous sono stati liberati e sono rientrati in Italia. Le prime parole di Ricucci, giornalista RAI, sono state: “Stiamo bene, stiamo tutti bene. Ci hanno trattato bene e non ci hanno torto nemmeno un capello”, è stato solo “un malinteso”, anche se “la privazione della libertà è una tortura psicologica”. L’unica donna del gruppo, la freelance Susan Dabbous, in un precedente reportage aveva accusato proprio i suoi rapitori per il reclutamento di bambini usati in Siria contro i governativi (arruolati in Libano e pronti a uccidere al prezzo di 11 euro al giorno). Al giornale britannico ‘Thelegraph’ ha raccontato la sua esperienza: “Minacciavano di tagliarmi le mani perché pensavano che avrei scritto un articolo su di loro”. Gli altri colleghi “erano tenuti insieme in una stanza, li accusavano di essere degli infedeli” e che li avrebbero giudicati e puniti secondo la legge islamica. “Tra i ribelli – ha aggiunto – erano presenti algerini e marocchini”.
Sin da subito si è saputo che autrice del sequestro è stata la milizia Jabhat al Nusra, un gruppo radicale islamico ben finanziato dalla rete globale jadista (inserita dagli USA tra i principali gruppi terroristici mondiali). Alcuni suoi militanti il 3 aprile avevano fermato la troupe della RAI in un villaggio cristiano al nord della Siria, in prossimità di una chiesa profanata. Il curriculum siriano di quest’organizzazione è spaventoso: dal febbraio 2013 ha rivendicato la paternità di 49 dei 60 attentati suicidi avvenuti finora (nel primo attentato a Damasco sono state uccise 44 persone e ne sono state ferite 166). I jadisti di al Nusra, affiliati alla rete di al-Qaeda, seminano il terrore con autobombe, assalti ad edifici governativi, uccisioni e rapimenti di inermi cittadini siriani, considerati "colpevoli" di non schierarsi con loro contro il Governo di Bashar al-Assad. L’obiettivo è noto: rovesciare il governo e creare uno stato islamico sotto la legge della sharia.
Ciononostante, a fronte di tale prospettiva, USA e Unione Europea non si scompongono e usano qualsiasi mezzo per dissimulare i fatti a favore della falsa retorica umanitaria già utilizzata per la Libia. L’abbonimento collettivo della gente è in corso da tempo: durante il sequestro i responsabili politici hanno evitato accuratamente di usare accezioni negative verso i sequestratori. Il termine ‘rapiti’ è stato sostituito dal termine più mite ‘fermati‘, tralasciando il fatto che i sequestratori appartenessero ad Al Qaeda. La richiesta di riserbo della Farnesina rivelava un imbarazzo palpabile: un esercito libero siriano con una fortissima componente di fondamentalisti islamici considerato “unico rappresentante del popolo siriano” susciterebbe parecchie perplessità nella pubblica opinione.
In ogni caso, anche se non conquistano mai le prime pagine dei giornali, gli indizi che sfuggono alla dissimulazione e raccontano questa scomoda verità sono sempre più numerosi : sabato un’agenzia Ansa ha rivelato che il Qatar ha pagato, reclutato e mandato a combattere in Siria 3.500 giovani tunisini. Del resto, pure i maggiori supporters della guerriglia, le petrolmonarchie del golfo, non nascondono il loro tentativo di rovesciare Assad. Il problema è che al suo posto mirano ad uno stato di stretta osservanza coranica, e non certo alla realizzazione di una maggiore libertà (mai concessa d’altronde ai propri sudditi).
Quindi il mantra della rivolta umanitaria non regge più. E’ evidente che dietro la guerra civile siriana c'è anche un problema umano, comportamentale, politico dei nostri rappresentanti che hanno del tutto accantonato la soluzione pacifica del conflitto. Si è proceduto in una direzione opposta, quella della soluzione militare: USA ed Europa hanno irrigidito le sanzioni contro lo stato siriano (con tutte le immaginabili conseguenze disastrose per la popolazione) ed hanno esortato a continuare la lotta per rovesciare il regime, fornendo armi e sostegno finanziario all’opposizione armata. Anche l’attività pro-ribelli italiana è stata febbrile: il nostro Ministero degli Affari Esteri, anche all'indomani delle elezioni, ha esercitato forti pressioni sugli altri paesi europei (in difformità delle decisioni prese a maggioranza a livello europeo) perché fosse rimosso il divieto di fornire armamenti pesanti ai ribelli.
Di fronte a tutto questo, non sfugge come le nostre istituzioni dimostrino di essersi del tutto dimenticate che è necessario rimanere inseriti nella tradizione giudaico-cristiana per essere veramente elemento pacificante nel mondo. Eppure è fondamentale questa cognizione e concezione del 'bene' del singolo affinché i grandi progetti politici funzionino a dovere e non si rivelino, all’atto della loro realizzazione, nient’altro che aberrazioni. Per questa ragione, ora che la liberazione dei giornalisti è avvenuta, è indispensabile che il governo italiano faccia chiarezza sull’appoggio a una guerra che non ha più niente dell’iniziale anelito di libertà e democrazia. Sarebbe auspicabile che l’appello del Papa Francesco (e dei patriarchi siriani) ad una pace negoziale fosse raccolto e preso sul serio. Il fatto che ai nostri ‘non è stato torto un capello’ ci ha dato certamente sollievo, ma non è sufficiente: non possiamo dimenticare che non altrettanta benigna sorte è toccata a tanti innocenti, colpevoli solo di pensarla in un altro modo e di stare ‘dalla parte sbagliata’ o di appartenere alle minoranze. Nella Siria che conoscevamo la presenza dello Stato era asfissiante, ma la principale libertà, quella religiosa, era rispettata e nessuno doveva aver timore di essere giudicato di fronte ad una corte islamica perché ‘infedele’.
di Patrizio Ricci
Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e Susan Dabbous sono stati liberati e sono rientrati in Italia. Le prime parole di Ricucci, giornalista RAI, sono state: “Stiamo bene, stiamo tutti bene. Ci hanno trattato bene e non ci hanno torto nemmeno un capello”, è stato solo “un malinteso”, anche se “la privazione della libertà è una tortura psicologica”. L’unica donna del gruppo, la freelance Susan Dabbous, in un precedente reportage aveva accusato proprio i suoi rapitori per il reclutamento di bambini usati in Siria contro i governativi (arruolati in Libano e pronti a uccidere al prezzo di 11 euro al giorno). Al giornale britannico ‘Thelegraph’ ha raccontato la sua esperienza: “Minacciavano di tagliarmi le mani perché pensavano che avrei scritto un articolo su di loro”. Gli altri colleghi “erano tenuti insieme in una stanza, li accusavano di essere degli infedeli” e che li avrebbero giudicati e puniti secondo la legge islamica. “Tra i ribelli – ha aggiunto – erano presenti algerini e marocchini”.
Sin da subito si è saputo che autrice del sequestro è stata la milizia Jabhat al Nusra, un gruppo radicale islamico ben finanziato dalla rete globale jadista (inserita dagli USA tra i principali gruppi terroristici mondiali). Alcuni suoi militanti il 3 aprile avevano fermato la troupe della RAI in un villaggio cristiano al nord della Siria, in prossimità di una chiesa profanata. Il curriculum siriano di quest’organizzazione è spaventoso: dal febbraio 2013 ha rivendicato la paternità di 49 dei 60 attentati suicidi avvenuti finora (nel primo attentato a Damasco sono state uccise 44 persone e ne sono state ferite 166). I jadisti di al Nusra, affiliati alla rete di al-Qaeda, seminano il terrore con autobombe, assalti ad edifici governativi, uccisioni e rapimenti di inermi cittadini siriani, considerati "colpevoli" di non schierarsi con loro contro il Governo di Bashar al-Assad. L’obiettivo è noto: rovesciare il governo e creare uno stato islamico sotto la legge della sharia.
Ciononostante, a fronte di tale prospettiva, USA e Unione Europea non si scompongono e usano qualsiasi mezzo per dissimulare i fatti a favore della falsa retorica umanitaria già utilizzata per la Libia. L’abbonimento collettivo della gente è in corso da tempo: durante il sequestro i responsabili politici hanno evitato accuratamente di usare accezioni negative verso i sequestratori. Il termine ‘rapiti’ è stato sostituito dal termine più mite ‘fermati‘, tralasciando il fatto che i sequestratori appartenessero ad Al Qaeda. La richiesta di riserbo della Farnesina rivelava un imbarazzo palpabile: un esercito libero siriano con una fortissima componente di fondamentalisti islamici considerato “unico rappresentante del popolo siriano” susciterebbe parecchie perplessità nella pubblica opinione.
In ogni caso, anche se non conquistano mai le prime pagine dei giornali, gli indizi che sfuggono alla dissimulazione e raccontano questa scomoda verità sono sempre più numerosi : sabato un’agenzia Ansa ha rivelato che il Qatar ha pagato, reclutato e mandato a combattere in Siria 3.500 giovani tunisini. Del resto, pure i maggiori supporters della guerriglia, le petrolmonarchie del golfo, non nascondono il loro tentativo di rovesciare Assad. Il problema è che al suo posto mirano ad uno stato di stretta osservanza coranica, e non certo alla realizzazione di una maggiore libertà (mai concessa d’altronde ai propri sudditi).
Quindi il mantra della rivolta umanitaria non regge più. E’ evidente che dietro la guerra civile siriana c'è anche un problema umano, comportamentale, politico dei nostri rappresentanti che hanno del tutto accantonato la soluzione pacifica del conflitto. Si è proceduto in una direzione opposta, quella della soluzione militare: USA ed Europa hanno irrigidito le sanzioni contro lo stato siriano (con tutte le immaginabili conseguenze disastrose per la popolazione) ed hanno esortato a continuare la lotta per rovesciare il regime, fornendo armi e sostegno finanziario all’opposizione armata. Anche l’attività pro-ribelli italiana è stata febbrile: il nostro Ministero degli Affari Esteri, anche all'indomani delle elezioni, ha esercitato forti pressioni sugli altri paesi europei (in difformità delle decisioni prese a maggioranza a livello europeo) perché fosse rimosso il divieto di fornire armamenti pesanti ai ribelli.
Di fronte a tutto questo, non sfugge come le nostre istituzioni dimostrino di essersi del tutto dimenticate che è necessario rimanere inseriti nella tradizione giudaico-cristiana per essere veramente elemento pacificante nel mondo. Eppure è fondamentale questa cognizione e concezione del 'bene' del singolo affinché i grandi progetti politici funzionino a dovere e non si rivelino, all’atto della loro realizzazione, nient’altro che aberrazioni. Per questa ragione, ora che la liberazione dei giornalisti è avvenuta, è indispensabile che il governo italiano faccia chiarezza sull’appoggio a una guerra che non ha più niente dell’iniziale anelito di libertà e democrazia. Sarebbe auspicabile che l’appello del Papa Francesco (e dei patriarchi siriani) ad una pace negoziale fosse raccolto e preso sul serio. Il fatto che ai nostri ‘non è stato torto un capello’ ci ha dato certamente sollievo, ma non è sufficiente: non possiamo dimenticare che non altrettanta benigna sorte è toccata a tanti innocenti, colpevoli solo di pensarla in un altro modo e di stare ‘dalla parte sbagliata’ o di appartenere alle minoranze. Nella Siria che conoscevamo la presenza dello Stato era asfissiante, ma la principale libertà, quella religiosa, era rispettata e nessuno doveva aver timore di essere giudicato di fronte ad una corte islamica perché ‘infedele’.
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