Papa Francesco: “Il nostro Avvocato ci difende sempre, non dimenticatelo”
di Paolo Fucili
Generazioni e generazioni di cattolici, fino ad oggi, hanno invocato al massimo Maria come “avvocata nostra”, col “Salve regina”. Quanto a Dio invece, già nei Vangeli abbondano descrizioni quale giudice ora zelante ed onesto, a differenza di altri, nel fare giustizia a chi gli si appella, vedi la parabola della “vedova importuna”; ora severo ed implacabile nel separare le pecore dalle capre, buoni e cattivi, giudicati tali alla prova delle opere di misericordia compiute per affamati, assetati, ignudi e via discorrendo. Tutto bene, se non fosse che due millenni di cristianesimo hanno equivocato spesso e volentieri riguardo a Dio appunto “giudice”. Come se la vita, anziché prima e sopra di tutto un dono d’amore, fosse un eterno esame in vista della temuta assegnazione finale di un “voto di condotta”.
Anche Gesù, in realtà, è un avvocato di tutto rispetto. E il suo “vicario” in terra non esita a raccomandare di bussare sempre, quando serve, alla porta di quello studio legale, specializzato in cause piuttosto particolari. Riflessioni di papa Jorge Mario Bergoglio all’udienza generale di oggi, suggerite dal racconto dell’Ascensione. Gesù risorto, apparso agli apostoli, non lontano dal Monte degli ulivi “si staccò da loro e fu portato verso il cielo”, scrive il Vangelo di Luca. Il collegamento col ciclo di catechesi dell’anno della fede lo ha fornito l’articolo del Credo secondo cui Gesù “è salito al cielo e siede alla destra del padre”. La “conseguenza” per la nostra vita, così dice Francesco, è che ora Gesù “è presso Dio Padre, dove intercede per sempre a nostro favore”. E per spiegarsi meglio ancora, rispetto a quanto riportava il testo che aveva con sé, ha aggiunto che “Egli è il nostro avvocato: che bello sentire questo! Quando uno è chiamato dal giudice o va in causa, la prima cosa che fa è cercare un avvocato perché lo difenda. Noi ne abbiamo uno che ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati!”.
Un avvocato quotato e molto disponibile, si direbbe pure, se il Papa ha esortato quindi, con parole ancora improvvisate, “non abbiamo paura di andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia! Lui ci perdona sempre, è il nostro avvocato: ci difende sempre! Non dimenticate questo!”. Oppure “un capo cordata quando si scala una montagna, che è giunto alla cima e ci attira a sé conducendoci a Dio”, può diventare Gesù asceso al cielo, nello stile “bergogliano” che ama molto concretizzare i discorsi vivacizzandoli con similitudini comprensibili a tutti, perché tratte da comuni esperienze di vita. Così “se affidiamo a Lui la nostra vita, se ci lasciamo guidare da Lui siamo certi di essere in mani sicure”.
Altra fondamentale annotazione è la “grande gioia” con cui gli apostoli “tornarono a Gerusalemme”. Certo, è più normale esser tristi, nel separarsi per sempre da un familiare o un amico, ha spiegato il Pontefice. Ci vuole lo sguardo della fede, come gli apostoli che così comprendono che “sebbene sottratto ai loro occhi, Gesù resta per sempre con loro, non li abbandona”. Il significato ultimo di quelle parole pronunciate ogni domenica a messa non è allora “l’assenza di Gesù”, anzi: “Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”.
Ecco perché nessuno di noi è mai solo, tanto più che come osservato dal Papa, l’Ascensione è menzionata da Luca sia alla fine del suo Vangelo, sia all’inizio degli Atti degli apostoli, per significare che proprio da lì, terminata la vicenda terrena di Gesù, inizia la storia della Chiesa: “con noi ci sono tanti fratelli e sorelle che nel silenzio e nel nascondimento, nella loro vita di famiglia e di lavoro, nei loro problemi e difficoltà, nelle loro gioie e speranze, vivono quotidianamente la fede e portano insieme a noi al mondo la signoria dell’amore di Dio”.
Messaggio rinforzato, a fine mattinata, dai tweet postati sui profili papali inaugurato dal predecessore, secondo cui “L’Ascensione al cielo di Gesù non indica la sua assenza, ma che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo, vicino ad ognuno di noi”; però “Entrare nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio”. Le persecuzioni dei primi cristiani, ad esempio, oggetto dell’omelia della messa celebrata oggi come di consueto alle 7 a santa Marta dal Papa. A volte erano semplici battezzati, senza sacerdoti, “ma avevano quel coraggio di andare ad annunziare. Ed erano creduti! E facevano miracoli!”. Tutto il contrario di chi ragiona tra sé “ho ricevuto il battesimo, ho fatto la cresima, la prima comunione … la carta d’identità è a posto! E adesso, dormi tranquillo: sei cristiano… Ma dov’è questa forza dello Spirito che ti porta avanti?”. Non sono questi i figli della Chiesa madre, semmai figli di una “Chiesa babysitter, che cura il bambino per farlo addormentare”.
Quindi, alle 10.00, l’ingresso in una piazza san Pietro caldissima non solo in senso meteorologico, con almeno 80.000 fedeli arrivati dall’Italia e dal mondo intero per la quarta udienza generale del pontificato, preceduta dall’ampio giro in jeep in lungo ed in largo su tutta piazza san Pietro. E il repertorio dei gesti curiosi ed informali a cui papa Bergoglio ci ha ormai abituato sì è arricchito ancora con due successivi scambi, all’inizio e alla fine dell’udienza, della cosiddetta “papalina”, lo zucchetto bianco che il Papa porta sulla testa: due volte infatti Francesco ha allungato il suo, ricevendone in cambio un altro, a persone riuscite a catturarne l’attenzione tra la ressa dei fedeli.
di Paolo Fucili
Generazioni e generazioni di cattolici, fino ad oggi, hanno invocato al massimo Maria come “avvocata nostra”, col “Salve regina”. Quanto a Dio invece, già nei Vangeli abbondano descrizioni quale giudice ora zelante ed onesto, a differenza di altri, nel fare giustizia a chi gli si appella, vedi la parabola della “vedova importuna”; ora severo ed implacabile nel separare le pecore dalle capre, buoni e cattivi, giudicati tali alla prova delle opere di misericordia compiute per affamati, assetati, ignudi e via discorrendo. Tutto bene, se non fosse che due millenni di cristianesimo hanno equivocato spesso e volentieri riguardo a Dio appunto “giudice”. Come se la vita, anziché prima e sopra di tutto un dono d’amore, fosse un eterno esame in vista della temuta assegnazione finale di un “voto di condotta”.
Anche Gesù, in realtà, è un avvocato di tutto rispetto. E il suo “vicario” in terra non esita a raccomandare di bussare sempre, quando serve, alla porta di quello studio legale, specializzato in cause piuttosto particolari. Riflessioni di papa Jorge Mario Bergoglio all’udienza generale di oggi, suggerite dal racconto dell’Ascensione. Gesù risorto, apparso agli apostoli, non lontano dal Monte degli ulivi “si staccò da loro e fu portato verso il cielo”, scrive il Vangelo di Luca. Il collegamento col ciclo di catechesi dell’anno della fede lo ha fornito l’articolo del Credo secondo cui Gesù “è salito al cielo e siede alla destra del padre”. La “conseguenza” per la nostra vita, così dice Francesco, è che ora Gesù “è presso Dio Padre, dove intercede per sempre a nostro favore”. E per spiegarsi meglio ancora, rispetto a quanto riportava il testo che aveva con sé, ha aggiunto che “Egli è il nostro avvocato: che bello sentire questo! Quando uno è chiamato dal giudice o va in causa, la prima cosa che fa è cercare un avvocato perché lo difenda. Noi ne abbiamo uno che ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati!”.
Un avvocato quotato e molto disponibile, si direbbe pure, se il Papa ha esortato quindi, con parole ancora improvvisate, “non abbiamo paura di andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia! Lui ci perdona sempre, è il nostro avvocato: ci difende sempre! Non dimenticate questo!”. Oppure “un capo cordata quando si scala una montagna, che è giunto alla cima e ci attira a sé conducendoci a Dio”, può diventare Gesù asceso al cielo, nello stile “bergogliano” che ama molto concretizzare i discorsi vivacizzandoli con similitudini comprensibili a tutti, perché tratte da comuni esperienze di vita. Così “se affidiamo a Lui la nostra vita, se ci lasciamo guidare da Lui siamo certi di essere in mani sicure”.
Altra fondamentale annotazione è la “grande gioia” con cui gli apostoli “tornarono a Gerusalemme”. Certo, è più normale esser tristi, nel separarsi per sempre da un familiare o un amico, ha spiegato il Pontefice. Ci vuole lo sguardo della fede, come gli apostoli che così comprendono che “sebbene sottratto ai loro occhi, Gesù resta per sempre con loro, non li abbandona”. Il significato ultimo di quelle parole pronunciate ogni domenica a messa non è allora “l’assenza di Gesù”, anzi: “Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”.
Ecco perché nessuno di noi è mai solo, tanto più che come osservato dal Papa, l’Ascensione è menzionata da Luca sia alla fine del suo Vangelo, sia all’inizio degli Atti degli apostoli, per significare che proprio da lì, terminata la vicenda terrena di Gesù, inizia la storia della Chiesa: “con noi ci sono tanti fratelli e sorelle che nel silenzio e nel nascondimento, nella loro vita di famiglia e di lavoro, nei loro problemi e difficoltà, nelle loro gioie e speranze, vivono quotidianamente la fede e portano insieme a noi al mondo la signoria dell’amore di Dio”.
Messaggio rinforzato, a fine mattinata, dai tweet postati sui profili papali inaugurato dal predecessore, secondo cui “L’Ascensione al cielo di Gesù non indica la sua assenza, ma che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo, vicino ad ognuno di noi”; però “Entrare nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio”. Le persecuzioni dei primi cristiani, ad esempio, oggetto dell’omelia della messa celebrata oggi come di consueto alle 7 a santa Marta dal Papa. A volte erano semplici battezzati, senza sacerdoti, “ma avevano quel coraggio di andare ad annunziare. Ed erano creduti! E facevano miracoli!”. Tutto il contrario di chi ragiona tra sé “ho ricevuto il battesimo, ho fatto la cresima, la prima comunione … la carta d’identità è a posto! E adesso, dormi tranquillo: sei cristiano… Ma dov’è questa forza dello Spirito che ti porta avanti?”. Non sono questi i figli della Chiesa madre, semmai figli di una “Chiesa babysitter, che cura il bambino per farlo addormentare”.
Quindi, alle 10.00, l’ingresso in una piazza san Pietro caldissima non solo in senso meteorologico, con almeno 80.000 fedeli arrivati dall’Italia e dal mondo intero per la quarta udienza generale del pontificato, preceduta dall’ampio giro in jeep in lungo ed in largo su tutta piazza san Pietro. E il repertorio dei gesti curiosi ed informali a cui papa Bergoglio ci ha ormai abituato sì è arricchito ancora con due successivi scambi, all’inizio e alla fine dell’udienza, della cosiddetta “papalina”, lo zucchetto bianco che il Papa porta sulla testa: due volte infatti Francesco ha allungato il suo, ricevendone in cambio un altro, a persone riuscite a catturarne l’attenzione tra la ressa dei fedeli.
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