Udienza generale. Il Papa: Dio è un Papà che non si dimentica mai di noi. Appello per il sisma in Iran
Al mondo che non riesce più a sollevare gli occhi verso l’alto, i cristiani dimostrino con la loro vita che Dio è un Padre che li ama sempre.
Radio Vaticana - È il “cuore” della catechesi che questa mattina Papa Francesco ha tenuto in Piazza San Pietro per l’udienza generale, davanti a oltre 30 mila persone. Il Pontefice ha espresso la sua vicinanza alle popolazioni colpite dal terremoto nel Sud dell’Iran e al momento dei saluti ha utilizzato per la prima volta la lingua spagnola. Il servizio di Alessandro De Carolis: ascolta
È la tenerezza che Papa Francesco riversa sulla folla prima di offrirle qualsiasi insegnamento – i suoi sguardi sorridenti e panoramici, l’affetto che promana da ogni suo cenno o gesto, anche quello di aiutare un bimbo a rimettere in bocca il “ciuccio” che gli è caduto – a dare ancora una volta carne e ossa alle sue parole, a renderle autentiche. Papa Francesco si sofferma sulle fondamenta della fede cristiana – senza le quali, dice, “crolla tutta la casa” – e cioè sulla certezza che Gesù è morto ma poi è risorto ed è rinato a una vita nuova. Questa vita, afferma, è anche per noi, grazie al Battesimo, e aggiunge:
“E’ proprio lo Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo che ci insegna, ci spinge, a dire a Dio ‘Padre’, e meglio ‘Abbà’ è ‘Papà’, così è il nostro Dio, è un papà per noi. E Dio ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo”.
Gli applausi ripetuti e ravvicinati sono il “termometro” della sete della gente, che non sembra mai sazia di ascoltare dalle labbra del Papa di un Dio che è amore e perdono, non un giudice ma un “papà” dal cuore larghissimo:
“Noi possiamo vivere da figli! E questa è la nostra dignità. Comportarci come veri figli! Questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci trasformi e ci renda come Lui; vuol dire cercare di vivere da cristiani, cercare di seguirlo, anche se vediamo i nostri limiti e le nostre debolezze”.
Del resto, soggiunge, il “nostro essere figli di Dio” è soggetto a rischi, perché “la tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre alle porte”. “Per questo – sottolinea con forza – dobbiamo avere il coraggio della fede, non lasciarci condurre dalla mentalità che ci dice: Dio non serve, non è importante per te”:
Radio Vaticana - “E’ proprio il contrario: solo comportandoci da figli di Dio, senza scoraggiarci per le nostre cadute, per i nostri peccati, sentendoci amati da Lui, la nostra vita sarà nuova, animata dalla serenità e dalla gioia. Dio è la nostra forza! Dio è la nostra speranza!”.
E Dio è una “speranza che non delude”, prosegue un istante dopo, ripetendolo per tre volte:
La speranza di noi cristiani è forte, sicura, solida in questa terra, dove Dio ci ha chiamati a camminare, ed è aperta all’eternità, perché fondata su Dio, che è sempre fedele. Non dobbiamo dimenticare quest’ultimo: Dio sempre è fedele, Dio sempre è fedele con noi (...) Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui”.
E questo comportamento, conclude, sarà un “segno visibile, chiaro, luminoso per tutti":
“E’ un servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo sguardo verso Dio”.
Papa Francesco conclude la catechesi levando un appello per il violento sisma di ieri in Iran, che ha fatto una quarantina di morti e 850 feriti:
“Prego per le vittime ed esprimo la mia vicinanza alle popolazioni colpite da questa calamità. Preghiamo per tutti questi fratelli e sorelle dell’Iran”.
L’udienza passa alla ancor breve storia del Pontificato per essere la prima nella quale Papa Francesco utilizza una lingua diversa dall’italiano, la sua lingua madre, lo spagnolo, i cui saluti raggiungono, tra i presenti, anche i dirigenti del Club Atlético S. Lorenzo, da sempre la squadra del “cuore” del nuovo Papa. E un ulteriore gesto di attenzione e solidarietà è per i lavoratori dell’Istituto Dermatologico dell’Immacolata, coinvolti dalla crisi in cui versa la struttura. “Auspico – dice loro Papa Francesco – che quanto prima si possa trovare una positiva soluzione in una situazione così difficile”.
È la tenerezza che Papa Francesco riversa sulla folla prima di offrirle qualsiasi insegnamento – i suoi sguardi sorridenti e panoramici, l’affetto che promana da ogni suo cenno o gesto, anche quello di aiutare un bimbo a rimettere in bocca il “ciuccio” che gli è caduto – a dare ancora una volta carne e ossa alle sue parole, a renderle autentiche. Papa Francesco si sofferma sulle fondamenta della fede cristiana – senza le quali, dice, “crolla tutta la casa” – e cioè sulla certezza che Gesù è morto ma poi è risorto ed è rinato a una vita nuova. Questa vita, afferma, è anche per noi, grazie al Battesimo, e aggiunge:
“E’ proprio lo Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo che ci insegna, ci spinge, a dire a Dio ‘Padre’, e meglio ‘Abbà’ è ‘Papà’, così è il nostro Dio, è un papà per noi. E Dio ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo”.
Gli applausi ripetuti e ravvicinati sono il “termometro” della sete della gente, che non sembra mai sazia di ascoltare dalle labbra del Papa di un Dio che è amore e perdono, non un giudice ma un “papà” dal cuore larghissimo:
“Noi possiamo vivere da figli! E questa è la nostra dignità. Comportarci come veri figli! Questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci trasformi e ci renda come Lui; vuol dire cercare di vivere da cristiani, cercare di seguirlo, anche se vediamo i nostri limiti e le nostre debolezze”.
Del resto, soggiunge, il “nostro essere figli di Dio” è soggetto a rischi, perché “la tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre alle porte”. “Per questo – sottolinea con forza – dobbiamo avere il coraggio della fede, non lasciarci condurre dalla mentalità che ci dice: Dio non serve, non è importante per te”:
Radio Vaticana - “E’ proprio il contrario: solo comportandoci da figli di Dio, senza scoraggiarci per le nostre cadute, per i nostri peccati, sentendoci amati da Lui, la nostra vita sarà nuova, animata dalla serenità e dalla gioia. Dio è la nostra forza! Dio è la nostra speranza!”.
E Dio è una “speranza che non delude”, prosegue un istante dopo, ripetendolo per tre volte:
La speranza di noi cristiani è forte, sicura, solida in questa terra, dove Dio ci ha chiamati a camminare, ed è aperta all’eternità, perché fondata su Dio, che è sempre fedele. Non dobbiamo dimenticare quest’ultimo: Dio sempre è fedele, Dio sempre è fedele con noi (...) Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui”.
E questo comportamento, conclude, sarà un “segno visibile, chiaro, luminoso per tutti":
“E’ un servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo sguardo verso Dio”.
Papa Francesco conclude la catechesi levando un appello per il violento sisma di ieri in Iran, che ha fatto una quarantina di morti e 850 feriti:
“Prego per le vittime ed esprimo la mia vicinanza alle popolazioni colpite da questa calamità. Preghiamo per tutti questi fratelli e sorelle dell’Iran”.
L’udienza passa alla ancor breve storia del Pontificato per essere la prima nella quale Papa Francesco utilizza una lingua diversa dall’italiano, la sua lingua madre, lo spagnolo, i cui saluti raggiungono, tra i presenti, anche i dirigenti del Club Atlético S. Lorenzo, da sempre la squadra del “cuore” del nuovo Papa. E un ulteriore gesto di attenzione e solidarietà è per i lavoratori dell’Istituto Dermatologico dell’Immacolata, coinvolti dalla crisi in cui versa la struttura. “Auspico – dice loro Papa Francesco – che quanto prima si possa trovare una positiva soluzione in una situazione così difficile”.
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