La California ha aperto i server di FB ai magistrati di Milano che indagano su un uomo sospettato dell’adescamento di decine di ragazzine: ma come ci si può difendere dai pedofili di Internet?
di Ilaria Sulla
Il gup di Milano Andrea Salemme ha potuto accedere, grazie all’apertura dei server di Facebook, a numerose chat intercorse tra un presunto pedofilo e decine di ragazzine. E' la prima volta che Facebook apre i suoi server alla magistratura italiana per prelevare i contenuti di conversazioni private. Il sospettato si chiama Giuseppe Mascherpa, ha 50 anni e lavora come allenatore di volley femminile nel milanese. Lo scorso 20 marzo è stato condannato a 11 anni e 4 mesi di carcere per aver intrapreso svariate ‘relazioni virtuali’ con minorenni sotto falso nickname, inducendole a spogliarsi e a compiere atti sessuali davanti alla webcam. Il gup Salemme, non soddisfatto delle indagini degli inquirenti, ha formulato una “richiesta rogatoriale (...) all'Autorità giudiziaria statunitense, per il tramite del Ministero della Giustizia, con parallelo interessamento del magistrato di collegamento sedente presso l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Roma”.
Del resto questo non sarebbe il primo caso di pedofilia su Facebook: ha fatto scalpore, neanche troppo tempo fa, la storia di un professore liceale di Avellino 42enne che, fingendosi coetaneo della vittima 12enne, è riuscito ad ottenere la fiducia della ragazzina e a convincerla a installare sul suo pc una webcam. La minorenne di Fermo ha iniziato ad inviargli le sue immagini innocue e lui, svelandosi finalmente per quello che è, si è mostrato nudo alla ragazzina, celando però il viso. In un primo momento lo shock ha indotto la ragazza a tenersi tutto per sé, probabilmente a causa della paura e della vergogna. Poi però ha confessato ai genitori ed è scattata immediatamente la denuncia della Procura di Fermo. Il terribile sospetto è che l’uomo sia collegato ad una più vasta rete di pedofili e che, attraverso l’adescamento su Internet, abbia raccolto un’enorme quantità di filmati a luci rosse.
Di certo non è Internet ad aver inventato la pedofilia ma, grazie alle crescenti possibilità fornite dalla rete, il terreno criminale a disposizione dei pedofili è diventato sempre più fertile. La possibilità di conoscere e scambiare materiale con altri pedofili e il poter fruire liberamente di questo materiale finiscono inoltre per mettere il pedofilo in condizione di giustificare le sue pulsioni. D’altro canto però, Internet fornisce un’altra possibilità (questa volta positiva) agli inquirenti: scavare nelle azioni dei sospettati, risalire alle identità, recuperare conversazioni fondamentali o addirittura adescare in massa i pedofili attraverso siti-trappola.
Per rafforzare la nostra privacy, e soprattutto rafforzare quella dei minorenni, ci sono dei piccoli accorgimenti che dobbiamo avere e che possono essere davvero importanti. Innanzitutto quando ci si iscrive a qualche sito mail, password e nome sono obbligatori (anche se mail e password dovrebbero poi restare invisibili al mondo degli utenti) ma nessuno ci impone di fornire il nostro numero di cellulare o la nostra data di nascita. Bisogna prestare particolare attenzione quando si caricano le foto o si ‘taggano’ nelle nostre foto altri utenti, soprattutto se minori: le immagini dei bambini sono infatti un piatto ricco per ladri di identità e pedofili alla ricerca di file da scaricare. Se ci fidiamo dei nostri contatti, un’alternativa è quella di rendere le nostre foto completamente private a chi non possiede la nostra amicizia, semplicemente modificando la privacy. Il profilo completo può essere visibile a tutti, solo ai nostri amici o a nessuno: è indispensabile, per tutelare la privacy del minore, che il suo profilo sia invisibile agli sconosciuti.
Facebook è sicuramente il più grande esempio di modernizzazione e di interazione sociale del ventunesimo secolo. E’ fondamentale però saperlo usare perché, dietro alle nostre scelte, possono nascondersi quelle degli altri. In fondo il ‘furto’ della privacy ci cui a volte ci lamentiamo spesso dipende solo da una nostra scelta.
di Ilaria Sulla
Il gup di Milano Andrea Salemme ha potuto accedere, grazie all’apertura dei server di Facebook, a numerose chat intercorse tra un presunto pedofilo e decine di ragazzine. E' la prima volta che Facebook apre i suoi server alla magistratura italiana per prelevare i contenuti di conversazioni private. Il sospettato si chiama Giuseppe Mascherpa, ha 50 anni e lavora come allenatore di volley femminile nel milanese. Lo scorso 20 marzo è stato condannato a 11 anni e 4 mesi di carcere per aver intrapreso svariate ‘relazioni virtuali’ con minorenni sotto falso nickname, inducendole a spogliarsi e a compiere atti sessuali davanti alla webcam. Il gup Salemme, non soddisfatto delle indagini degli inquirenti, ha formulato una “richiesta rogatoriale (...) all'Autorità giudiziaria statunitense, per il tramite del Ministero della Giustizia, con parallelo interessamento del magistrato di collegamento sedente presso l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Roma”.
Del resto questo non sarebbe il primo caso di pedofilia su Facebook: ha fatto scalpore, neanche troppo tempo fa, la storia di un professore liceale di Avellino 42enne che, fingendosi coetaneo della vittima 12enne, è riuscito ad ottenere la fiducia della ragazzina e a convincerla a installare sul suo pc una webcam. La minorenne di Fermo ha iniziato ad inviargli le sue immagini innocue e lui, svelandosi finalmente per quello che è, si è mostrato nudo alla ragazzina, celando però il viso. In un primo momento lo shock ha indotto la ragazza a tenersi tutto per sé, probabilmente a causa della paura e della vergogna. Poi però ha confessato ai genitori ed è scattata immediatamente la denuncia della Procura di Fermo. Il terribile sospetto è che l’uomo sia collegato ad una più vasta rete di pedofili e che, attraverso l’adescamento su Internet, abbia raccolto un’enorme quantità di filmati a luci rosse.
Di certo non è Internet ad aver inventato la pedofilia ma, grazie alle crescenti possibilità fornite dalla rete, il terreno criminale a disposizione dei pedofili è diventato sempre più fertile. La possibilità di conoscere e scambiare materiale con altri pedofili e il poter fruire liberamente di questo materiale finiscono inoltre per mettere il pedofilo in condizione di giustificare le sue pulsioni. D’altro canto però, Internet fornisce un’altra possibilità (questa volta positiva) agli inquirenti: scavare nelle azioni dei sospettati, risalire alle identità, recuperare conversazioni fondamentali o addirittura adescare in massa i pedofili attraverso siti-trappola.
Per rafforzare la nostra privacy, e soprattutto rafforzare quella dei minorenni, ci sono dei piccoli accorgimenti che dobbiamo avere e che possono essere davvero importanti. Innanzitutto quando ci si iscrive a qualche sito mail, password e nome sono obbligatori (anche se mail e password dovrebbero poi restare invisibili al mondo degli utenti) ma nessuno ci impone di fornire il nostro numero di cellulare o la nostra data di nascita. Bisogna prestare particolare attenzione quando si caricano le foto o si ‘taggano’ nelle nostre foto altri utenti, soprattutto se minori: le immagini dei bambini sono infatti un piatto ricco per ladri di identità e pedofili alla ricerca di file da scaricare. Se ci fidiamo dei nostri contatti, un’alternativa è quella di rendere le nostre foto completamente private a chi non possiede la nostra amicizia, semplicemente modificando la privacy. Il profilo completo può essere visibile a tutti, solo ai nostri amici o a nessuno: è indispensabile, per tutelare la privacy del minore, che il suo profilo sia invisibile agli sconosciuti.
Facebook è sicuramente il più grande esempio di modernizzazione e di interazione sociale del ventunesimo secolo. E’ fondamentale però saperlo usare perché, dietro alle nostre scelte, possono nascondersi quelle degli altri. In fondo il ‘furto’ della privacy ci cui a volte ci lamentiamo spesso dipende solo da una nostra scelta.
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