venerdì, aprile 19, 2013
Il presidente americano, Barack Obama, ha incassato ieri la sconfitta al Senato sulla riforma delle armi, frutto di un’intesa di massima tra repubblicani e democratici.

Radio Vaticana - Bocciate le norme sui controlli degli acquisti delle armi e anche il divieto della vendita di armi d'assalto e di caricatori ad alta capacità, in grado di contenere fino a 30 proiettili. Il capo della Casa Bianca ha parlato di un “giorno vergognoso” e si è scagliato con forza contro la lobby delle armi. Ma i fatti di Boston quanto possono aver pesato sull'iter della riforma? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Mattia Diletti, docente di Relazioni internazionali all'Università La Sapienza di Roma: ascolta

R. – Francamente, quasi nulla. Questo è un voto che è realmente facile da leggere, perché pesa la lobby delle armi – che è effettivamente una lobby molto potente, con tanti soldi – che contribuisce a eleggere molti rappresentanti al Congresso. E contribuisce anche, in questa sconfitta di Obama, un meccanismo bizantino di voto che fa sì che passino solamente emendamenti votati a larghissima maggioranza nel Senato. Per questo, ci sono due fattori: uno istituzionale, perché il Senato ha bisogno di maggioranze molto larghe per approvare delle riforme, e quindi le capacità della lobby delle armi che sostiene il diritto a possedere armi da parte degli americani e che ha speso 500 mila dollari in un giorno per contrastare l’approvazione della legge con spot, pressioni sui congressman… Questa è stata, secondo me, la combinazione fatale per Obama.

D. – Obama ha parlato di “giorno vergognoso” e si è scagliato ovviamente contro la lobby delle armi, dicendo che sovvertono il sentire comune. E’ un cambio di atteggiamento importante…

R. – E’ iniziata la battaglia contro il presidente, perché teneva moltissimo a questa legge. Qualche compromesso era già stato fatto in sede di presentazione di legge, erano state smussate alcune idee più radicali nella proposta di eliminare la vendita di alcune armi… Insomma, è cominciata una battaglia politica vera e seguirà la battaglia politica per le elezioni a medio termine del 2014, perché i democratici che hanno votato contro alcuni emendamenti sono in Stati in cui i conservatori sono molto forti e hanno paura di perdere. A questo punto, il presidente credo avvierà una battaglia politica vera contro questa lobby. Vedremo un tentativo da parte del presidente di portare ancora più l’opinione pubblica dalla sua parte su questo tema, contro questa parte di Washington contraria all’approvazione della legge.  
D. – Lei ha detto che il presidente Obama farà pressione sull’opinione pubblica: ma qual è il sentire comune degli americani su questo argomento?

R. – In questo momento, l’opinione pubblica è con il presidente: si è schierata con il presidente e i sondaggi lo dicono. Lo era in modo nettissimo dopo la terribile strage di Newton. Da questo punto di vista, è evidente che per riuscire a fare una pressione sul Congresso più forte devono esserci delle capacità organizzative e politiche della società civile che è a favore di questa legge. Non basta l’emozione, evidentemente, per far passare una legge al Congresso americano.

D. – Quali sono gli strumenti del presidente Obama per far sì che questa riforma giunga in porto?

R. – Utilizzare i meccanismi di mobilitazione dal basso, che creano questa relazione tra presidente ed elettori molto forte e che lui ha utilizzato in campagna elettorale qualche volta per sostenere alcune delle leggi che è riuscito a far approvare ai democratici e al Congresso. Quindi, si tratterà di fare una vera e propria campagna dell’opinione pubblica con gli strumenti che utilizzano i democratici: la rete, pressioni locali sul candidato locale perché sia a favore della legge, fare entrare il tema nel dibattito pubblico nazionale ma anche in quello locale. I classici strumenti delle campagne di mobilitazione, che Obama riesce a fare così bene in campagna elettorale, ma che si scontrano poi con altre difficoltà quando si tratta di far approvare leggi a Washington.

D. – Questo stop potrà avere anche un riverbero sulla prossima riforma dell’immigrazione?

R. – A questo punto, è tutto da vedere: potrebbe anche darsi, nel senso che potrebbe essere l’inizio anche di una battaglia senza quartiere al Congresso… Però, sulla questione dell’immigrazione ci sono molti più repubblicani disposti al compromesso, anche perché stanno cambiando i loro collegi elettorali e i repubblicani hanno capito che non si può più andare avanti, di elezione presidenziale in elezione presidenziale, rinunciando al corteggiamento del voto degli ispanici, che saranno quelli maggiormente interessati a questa riforma. Dopodiché, in questo clima è anche facile supporre che ci saranno più difficoltà di quelle che si immaginano.


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