mercoledì, aprile 10, 2013
Il presidente della Conferenza episcopale coreana ad AsiaNews: “Le tensioni servono per non perdere la faccia e ottenere al contempo assistenza finanziaria. Mi appello a tutta la popolazione coreana: preghiamo anche e soprattutto per queste persone che creano, con le loro azioni, dolore e morte”.

Asianews - La Corea del Nord "vuole ottenere assistenza finanziaria dall'estero senza cedere sull'orgoglio o sulla stima di sé. I vescovi cattolici sono molto tristi per questa tensione e per le minacce di Pyongyang, che rendono il mondo più ansioso e infelice". Lo dice ad AsiaNews mons. Pietro Kang U-il, vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale coreana. Mentre nella penisola monta la tensione e si moltiplicano i segnali di guerra, i vescovi "cercano in ogni modo una strada verso la pace. Anche se i sudcoreani sembrano calmi e tranquilli, la situazione attuale sta scuotendo la popolazione dall'interno. Noi possiamo anche essere abituati a queste minacce, ma non si può negare la possibilità di un improvviso scontro militare". La Corea del Nord - aggiunge - "potrebbe trovarsi in questa situazione in cui minaccia tutti perché non è più in grado di rivitalizzare la sua economia e salvarsi dal baratro. Ha bisogno di investimenti esteri ma ha bisogno anche di mantenere il rispetto di sé e la faccia, un concetto da noi molto sentito. Nei 60 anni dalla fine della guerra sono prevalse le culture di superiorità e autarchia dei dittatori del Nord. Ma questa ricetta ha demolito la loro economia". È per questo, conclude, che "mi appello di persona a tutta la popolazione coreana: pregate per la pace nella penisola. Ho composto una preghiera per chiedere a Dio compassione per un gruppo di sciocchi che con le proprie azioni sta causando fame, sofferenza, violenza e morte alla propria gente".

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