Per il suo secondo viaggio in Africa, il presidente statunitense di origine keniana Barack Obama ha scelto il Senegal, la Tanzania e il Sudafrica.
Misna - Lo ha annunciato la Casa Bianca, precisando che la sua permanenza durerà dal 26 giugno al 3 luglio. “Il presidente insisterà sull’importanza che gli Stati Uniti accordano ai nostri legami, in piena fase di sviluppo, con i paesi dell’Africa sub-sahariana” recita il comunicato, sottolineando la necessità di “rilanciare la crescita economica, l’investimento e il commercio oltre che rafforzare le istituzioni democratiche e puntare su una nuova generazione di dirigenti africani”.
Durante il primo mandato, Obama, spesso definito il “primo presidente africano degli Stati Uniti”, aveva effettuato una breve visita in Ghana, nel luglio 2009. E’ rimasto impresso nelle coscienze il discorso pronunciato davanti al parlamento di Accra, dove il capo di stato aveva proclamato che “l’avvenire dell’Africa appartiene agli africani”. Nel giugno 2011, la moglie Michelle si è recata da sola in Africa australe: un viaggio che viene ricordato per l’incontro simbolico con l’eroe della lotta all’apartheid, l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela. Come quattro anni fa, l’annuncio del prossimo arrivo di Obama sta suscitando attesa e speranze non solo nei tre paesi scelti, di cui uno, il Senegal, è un’ex colonia francese. Lo scorso marzo il presidente senegalese Macky Sall è stato ricevuto alla Casa Bianca con i suoi omologhi del Malawi Joyce Banda e della Sierra Leone Ernest Bai Koroma.
La stampa africana ed internazionale ha sottolineato che Washington ha scelto di premiare “i buoni alunni della democrazia” africana ma anche di puntare sull’economia – sono previsti diversi incontri con dirigenti aziendali locali – e sulla società civile, in particolare sulla componente giovanile, per “rilanciare il partenariato”. Alcuni osservatori hanno aggiunto che la scelta di Obama di non visitare il paese di origine del padre non è “affatto sorprendente”: la Corte penale internazionale (Cpi) accusa il nuovo presidente del Kenya Uhuru Kenyatta di aver commesso crimini contro l’umanità durante le violenze post-elettorali che nel 2008 causarono oltre 1300 vittime e 300.000 sfollati.
Misna - Lo ha annunciato la Casa Bianca, precisando che la sua permanenza durerà dal 26 giugno al 3 luglio. “Il presidente insisterà sull’importanza che gli Stati Uniti accordano ai nostri legami, in piena fase di sviluppo, con i paesi dell’Africa sub-sahariana” recita il comunicato, sottolineando la necessità di “rilanciare la crescita economica, l’investimento e il commercio oltre che rafforzare le istituzioni democratiche e puntare su una nuova generazione di dirigenti africani”.
Durante il primo mandato, Obama, spesso definito il “primo presidente africano degli Stati Uniti”, aveva effettuato una breve visita in Ghana, nel luglio 2009. E’ rimasto impresso nelle coscienze il discorso pronunciato davanti al parlamento di Accra, dove il capo di stato aveva proclamato che “l’avvenire dell’Africa appartiene agli africani”. Nel giugno 2011, la moglie Michelle si è recata da sola in Africa australe: un viaggio che viene ricordato per l’incontro simbolico con l’eroe della lotta all’apartheid, l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela. Come quattro anni fa, l’annuncio del prossimo arrivo di Obama sta suscitando attesa e speranze non solo nei tre paesi scelti, di cui uno, il Senegal, è un’ex colonia francese. Lo scorso marzo il presidente senegalese Macky Sall è stato ricevuto alla Casa Bianca con i suoi omologhi del Malawi Joyce Banda e della Sierra Leone Ernest Bai Koroma.
La stampa africana ed internazionale ha sottolineato che Washington ha scelto di premiare “i buoni alunni della democrazia” africana ma anche di puntare sull’economia – sono previsti diversi incontri con dirigenti aziendali locali – e sulla società civile, in particolare sulla componente giovanile, per “rilanciare il partenariato”. Alcuni osservatori hanno aggiunto che la scelta di Obama di non visitare il paese di origine del padre non è “affatto sorprendente”: la Corte penale internazionale (Cpi) accusa il nuovo presidente del Kenya Uhuru Kenyatta di aver commesso crimini contro l’umanità durante le violenze post-elettorali che nel 2008 causarono oltre 1300 vittime e 300.000 sfollati.
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