Era un bar della ‘ndrangheta, oggi Libera e la cooperativa Nanà lo hanno riaperto all’insegna della legalità
Liberainformazione - Il bar Italia si è trasformato in bar Italia Libera. Oggi pomeriggio, Luigi Ciotti ha tagliato il nastro, davanti un centinaio di persone, al locale di via Veglia, ricordando quanto sia importante dare lavoro con i beni tolti alle mafie. Sono cinque i soci lavoratori della cooperativa, oltre ai volontari. Il bar era stato sequestrato nel corso di Minotauro, la più grande operazione contro la ‘ndrangheta in Piemonte. Il 7 giugno 2011, Giuseppe Catalano, marito della titolare Albina Stalteri fu arrestato, insieme ad altri 153 presunti ‘ndranghetisti. L’uomo si è suicidato dopo aver ammesso i rapporti con i clan ed essersi dissociato. Da quando emerge dalle carte del processo, il bar era un punto centrale per i rapporti tra la politica e la criminalità organizzata. Nell’ordinanza di arresto dei boss il locale viene citato 373 volte. “Questa riapertura – ricorda Ciotti – è un segno di cambiamento. Qui dentro si facevano incontri, strategie. Era un posto dove la mafia offriva un caffè, ma nascondeva affari e violenza. Il paradosso è che il bar sorge a due passi da polizia e carabinieri. Una vera e propria sfida”.
Secondo il fondatore di Libera eventi come quello di oggi sono importanti per far comprendere a tutti la pericolosità del fenomeno mafioso nel settentrione: “Qualcuno ancora nega che qui la criminalità organizzata sia un problema, ma le mafie hanno la testa al sud e gli affari al nord. Non dobbiamo scordare il lavoro della procura di Torino con l’operazione Minotauro. Soprattutto a 30 anni dall’uccisione di Bruno Caccia”.
I baristi con gilè e spilla di Libera versano da bere e servono stuzzichini, ma la vera sfida, ricorda la referente Piemonte di Libera Maria Josè Fava, “comincerà domani”.
Liberainformazione - Il bar Italia si è trasformato in bar Italia Libera. Oggi pomeriggio, Luigi Ciotti ha tagliato il nastro, davanti un centinaio di persone, al locale di via Veglia, ricordando quanto sia importante dare lavoro con i beni tolti alle mafie. Sono cinque i soci lavoratori della cooperativa, oltre ai volontari. Il bar era stato sequestrato nel corso di Minotauro, la più grande operazione contro la ‘ndrangheta in Piemonte. Il 7 giugno 2011, Giuseppe Catalano, marito della titolare Albina Stalteri fu arrestato, insieme ad altri 153 presunti ‘ndranghetisti. L’uomo si è suicidato dopo aver ammesso i rapporti con i clan ed essersi dissociato. Da quando emerge dalle carte del processo, il bar era un punto centrale per i rapporti tra la politica e la criminalità organizzata. Nell’ordinanza di arresto dei boss il locale viene citato 373 volte. “Questa riapertura – ricorda Ciotti – è un segno di cambiamento. Qui dentro si facevano incontri, strategie. Era un posto dove la mafia offriva un caffè, ma nascondeva affari e violenza. Il paradosso è che il bar sorge a due passi da polizia e carabinieri. Una vera e propria sfida”.
Secondo il fondatore di Libera eventi come quello di oggi sono importanti per far comprendere a tutti la pericolosità del fenomeno mafioso nel settentrione: “Qualcuno ancora nega che qui la criminalità organizzata sia un problema, ma le mafie hanno la testa al sud e gli affari al nord. Non dobbiamo scordare il lavoro della procura di Torino con l’operazione Minotauro. Soprattutto a 30 anni dall’uccisione di Bruno Caccia”.
I baristi con gilè e spilla di Libera versano da bere e servono stuzzichini, ma la vera sfida, ricorda la referente Piemonte di Libera Maria Josè Fava, “comincerà domani”.
di Giorgio Ruta
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