E’ la legge elettorale di cui tanto si discute ma di cui pochi, ancora oggi, saprebbero spiegare perfettamente il funzionamento. Da poco la Cassazione ha deciso che va abolita
di Ilaria Sulla
Istituita il 21 dicembre 2005, la legge “porcellum” nasce come “legge Calderoli” proprio perché voluta principalmente dall’allora Ministro per le Riforme leghista. Dopo le varie modifiche a cui la legge fu sottoposta, lo stesso Calderoli ne prese le distanze, definendola una “porcata”: da qui la parola “porcellum”, coniata dal politologo Sartori. Il suo funzionamento è di difficile interpretazione, anche perché tra i tanti cambiamenti rispetto alla legge elettorale precedente (il “Mattarellum” del 1993), non consente di esprimere una preferenza: mentre prima si poteva indicare il nome del candidato preferito (come accade ancora oggi per europee, regionali e comunali), con questa legge è possibile semplicemente barrare una lista di candidati (scelta non dall’elettore ma dai partiti).
Un altro fattore controverso è il cosiddetto “premio di maggioranza” stabilito dalla legge elettorale. Per quanto riguarda la Camera dei Deputati ci si basa sull’intera nazione (esclusa la Valle d’Aosta), mentre per il Senato ci si basa sulle regioni (escluse Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Molise). Questo rende alcune regioni come la Lombardia, il Piemonte e la Sicilia territori particolarmente importanti perché responsabili di far aumentare di molto il premio.
Nel caso in cui un partito non si allei a nessuno, per entrare in Parlamento deve raggiungere il 4% dei voti, mentre alle alleanze basta il 10%.
Il “porcellum” è stato molto discusso nelle ultime elezioni, proprio perché in parte responsabile dell’impossibilità di formare un governo (il centro-sinistra ha ottenuto il 29,5%, il centro-destra il 29,1% e il M5S il 25,54%). Uno dei punti cardine dei governo Letta è proprio quello della legge elettorale, per evitare che in un’ipotetica nuova elezione si ritorni alla situazione di limbo in cui ci siamo trovati a febbraio.
La Corte Costituzionale è stata chiamata ad esprimersi: il risultato è la bocciatura del premio di maggioranza previsto dal “porcellum”. La Corte ha espresso “dubbi di legittimità costituzionale per la mancanza di una soglia minima di voti e/o seggi”. Sotto mira, come detto, il premio di maggioranza che “porta a una sommatoria casuale dei premi regionali che finiscono per elidersi tra loro e possono addirittura rovesciare il risultato ottenuto dalle liste e coalizioni su base nazionale”. La Cassazione ha fatto un appunto anche sulle liste bloccate (cioè l’impossibilità di esprimere la preferenza), chiedendosi se “possa ritenersi realmente libero il voto quando all’elettore è sottratta la facoltà di scegliere l’eletto e se possa ritenersi personale un voto che è invece spersonalizzato”.
Repentine le risposte dei partiti politici. Renato Brunetta ha suggerito: “Cambiamo subito la legge elettorale con una mini-riforma, per essere pronti se si dovesse tornare a votare, ma nel frattempo avviamo le riforme costituzionali”. Ottimista la Biancofiore, che ritiene che “la modifica della legge elettorale sollecitata indirettamente con i dubbi sollevati dalla Cassazione sui profili di costituzionalità è modificabile in soli cinque minuti con tre mosse”. Per il Pd ha parlato Quagliariello, affermando: “Abbiamo una legge elettorale su cui grava un sospetto di incostituzionalità e sarebbe quindi bene che la politica dimostrasse di non volere cincischiare e risolvesse il problema prima della magistratura”.
Ora resta da chiedersi quale sarà l’alternativa al “porcellum” e se sarà una soluzione migliore o peggiore. Gasparri, per esempio, non crede che un ritorno al passato sia la risposta più adatta: “La legge elettorale va cambiata – ha dichiarato - ma non è il ritorno al Mattarellum la soluzione che potrebbe garantire più libertà di scelta agli elettori. Era una pessima legge e non tornerà. Altri sono i metodi per dare più peso alla scelta dei cittadini. Non certo collegi dove paracadutare notabili”.
di Ilaria Sulla
Istituita il 21 dicembre 2005, la legge “porcellum” nasce come “legge Calderoli” proprio perché voluta principalmente dall’allora Ministro per le Riforme leghista. Dopo le varie modifiche a cui la legge fu sottoposta, lo stesso Calderoli ne prese le distanze, definendola una “porcata”: da qui la parola “porcellum”, coniata dal politologo Sartori. Il suo funzionamento è di difficile interpretazione, anche perché tra i tanti cambiamenti rispetto alla legge elettorale precedente (il “Mattarellum” del 1993), non consente di esprimere una preferenza: mentre prima si poteva indicare il nome del candidato preferito (come accade ancora oggi per europee, regionali e comunali), con questa legge è possibile semplicemente barrare una lista di candidati (scelta non dall’elettore ma dai partiti).
Un altro fattore controverso è il cosiddetto “premio di maggioranza” stabilito dalla legge elettorale. Per quanto riguarda la Camera dei Deputati ci si basa sull’intera nazione (esclusa la Valle d’Aosta), mentre per il Senato ci si basa sulle regioni (escluse Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Molise). Questo rende alcune regioni come la Lombardia, il Piemonte e la Sicilia territori particolarmente importanti perché responsabili di far aumentare di molto il premio.
Nel caso in cui un partito non si allei a nessuno, per entrare in Parlamento deve raggiungere il 4% dei voti, mentre alle alleanze basta il 10%.
Il “porcellum” è stato molto discusso nelle ultime elezioni, proprio perché in parte responsabile dell’impossibilità di formare un governo (il centro-sinistra ha ottenuto il 29,5%, il centro-destra il 29,1% e il M5S il 25,54%). Uno dei punti cardine dei governo Letta è proprio quello della legge elettorale, per evitare che in un’ipotetica nuova elezione si ritorni alla situazione di limbo in cui ci siamo trovati a febbraio.
La Corte Costituzionale è stata chiamata ad esprimersi: il risultato è la bocciatura del premio di maggioranza previsto dal “porcellum”. La Corte ha espresso “dubbi di legittimità costituzionale per la mancanza di una soglia minima di voti e/o seggi”. Sotto mira, come detto, il premio di maggioranza che “porta a una sommatoria casuale dei premi regionali che finiscono per elidersi tra loro e possono addirittura rovesciare il risultato ottenuto dalle liste e coalizioni su base nazionale”. La Cassazione ha fatto un appunto anche sulle liste bloccate (cioè l’impossibilità di esprimere la preferenza), chiedendosi se “possa ritenersi realmente libero il voto quando all’elettore è sottratta la facoltà di scegliere l’eletto e se possa ritenersi personale un voto che è invece spersonalizzato”.
Repentine le risposte dei partiti politici. Renato Brunetta ha suggerito: “Cambiamo subito la legge elettorale con una mini-riforma, per essere pronti se si dovesse tornare a votare, ma nel frattempo avviamo le riforme costituzionali”. Ottimista la Biancofiore, che ritiene che “la modifica della legge elettorale sollecitata indirettamente con i dubbi sollevati dalla Cassazione sui profili di costituzionalità è modificabile in soli cinque minuti con tre mosse”. Per il Pd ha parlato Quagliariello, affermando: “Abbiamo una legge elettorale su cui grava un sospetto di incostituzionalità e sarebbe quindi bene che la politica dimostrasse di non volere cincischiare e risolvesse il problema prima della magistratura”.
Ora resta da chiedersi quale sarà l’alternativa al “porcellum” e se sarà una soluzione migliore o peggiore. Gasparri, per esempio, non crede che un ritorno al passato sia la risposta più adatta: “La legge elettorale va cambiata – ha dichiarato - ma non è il ritorno al Mattarellum la soluzione che potrebbe garantire più libertà di scelta agli elettori. Era una pessima legge e non tornerà. Altri sono i metodi per dare più peso alla scelta dei cittadini. Non certo collegi dove paracadutare notabili”.
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