“Dopo i soccorsi manuali dei primi giorni, dal 30 aprile sono all’opera i
militari con i mezzi pesanti e ogni giorno, purtroppo, estraggono dalle
macerie nuovi cadaveri”.
Misna - Lo dicono fonti missionarie contattate dalla MISNA a Dhaka dove oggi il bilancio delle vittime del Rana Palace, l’edificio di otto piani situato nell’area periferica di Savar crollato il 24 aprile, è salito a oltre 700 morti ed è in continuo aggiornamento. Sei corpi sono stati recuperati solo nelle prime ore di oggi, mentre continuano le operazioni di ricerca di altre vittime o eventuali superstiti da aggiungere alle 2437 persone estratte vive finora.
“I militari scavano in condizioni difficili e continuano a trovare morti, molte donne e giovani. Non è ancora chiaro quante persone fossero all’interno dell’edificio al momento del crollo.
Si sa che il Rana Palace ospitava ai piani alti sei o sette laboratori tessili e si ipotizza che al momento dell’incidente fossero al lavoro 3000-3500 operai” spiegano le fonti della MISNA. Martedì, il giorno prima del crollo, erano state notate delle crepe in una parte laterale dell’edificio: “La polizia ha fatto i controlli – ricordano le fonti – stabilendo che il giorno dopo non dovesse entrare nessuno prima dell’arrivo dell’ingegnere incaricato della perizia. I proprietari dei negozi e i dipendenti di una banca situati ai piani bassi non sono entrati. Anche gli operai dei laboratori tessili non volevano entrare ma i padroncini li hanno costretti, minacciando di non pagare loro il misero stipendio, equivalente in media a 40 euro, e spingendoli finanche con l’uso di bastoni. Dopo appena mezz’ora da quando erano al lavoro, è avvenuto il crollo”.
L’inchiesta ha finora portato all’arresto di una dozzina di persone fra cui il proprietario del Rana Palace, Sohel Rana. “Anche lui era rimasto sotto le macerie, ma si è salvato e stava per riparare in India quando è stato arrestato. Circolano sulla stampa voci che fosse in buoni rapporti con un membro del parlamento esponente del partito di governo, l’Awami League, anche se finora non ne è stato fatto il nome, e che questi l’abbia aiutato a costruire il Rana Palace ben oltre i limiti consentiti. La costruzione era autorizzata solo fino al quinto piano e lui ne ha eretti altri tre; avrà ottenuto l’aiuto di qualcuno” dicono ancora le fonti della MISNA.
In attesa di accertare le responsabilità di quello che è considerato il più grave incidente della storia industriale del Bangladesh, i soccorritori continuano a scavare, i parenti dei dispersi ad attendere notizie. “È difficile stabilire le responsabilità di quanto è accaduto. Fuori dalla zona franca, dove le regole sono rispettate, le industrie dell’abbigliamento a basso costo subappaltano le commesse a piccole aziende che a loro volta subappaltano ad altre. I controlli sul rispetto del contratto e delle norme di sicurezza sono molto difficili, il governo dovrebbe rafforzarli così come preoccuparsi dello stato di infrastrutture spesso fatiscenti in molte zone della capitale e non solo. Prima degli affari vengono le persone” sottolineano le fonti della MISNA. “Nella tragedia – concludono – colpisce il grande slancio di solidarietà, l’enorme sforzo collettivo testimoniato dalle molte realtà, dai singoli cittadini alle organizzazioni non governative, che si sono attivate per dare il loro contributo. Nei momenti di bisogno i bengalesi non hanno paura di sporcarsi le mani”.
Misna - Lo dicono fonti missionarie contattate dalla MISNA a Dhaka dove oggi il bilancio delle vittime del Rana Palace, l’edificio di otto piani situato nell’area periferica di Savar crollato il 24 aprile, è salito a oltre 700 morti ed è in continuo aggiornamento. Sei corpi sono stati recuperati solo nelle prime ore di oggi, mentre continuano le operazioni di ricerca di altre vittime o eventuali superstiti da aggiungere alle 2437 persone estratte vive finora.
“I militari scavano in condizioni difficili e continuano a trovare morti, molte donne e giovani. Non è ancora chiaro quante persone fossero all’interno dell’edificio al momento del crollo.
Si sa che il Rana Palace ospitava ai piani alti sei o sette laboratori tessili e si ipotizza che al momento dell’incidente fossero al lavoro 3000-3500 operai” spiegano le fonti della MISNA. Martedì, il giorno prima del crollo, erano state notate delle crepe in una parte laterale dell’edificio: “La polizia ha fatto i controlli – ricordano le fonti – stabilendo che il giorno dopo non dovesse entrare nessuno prima dell’arrivo dell’ingegnere incaricato della perizia. I proprietari dei negozi e i dipendenti di una banca situati ai piani bassi non sono entrati. Anche gli operai dei laboratori tessili non volevano entrare ma i padroncini li hanno costretti, minacciando di non pagare loro il misero stipendio, equivalente in media a 40 euro, e spingendoli finanche con l’uso di bastoni. Dopo appena mezz’ora da quando erano al lavoro, è avvenuto il crollo”.
L’inchiesta ha finora portato all’arresto di una dozzina di persone fra cui il proprietario del Rana Palace, Sohel Rana. “Anche lui era rimasto sotto le macerie, ma si è salvato e stava per riparare in India quando è stato arrestato. Circolano sulla stampa voci che fosse in buoni rapporti con un membro del parlamento esponente del partito di governo, l’Awami League, anche se finora non ne è stato fatto il nome, e che questi l’abbia aiutato a costruire il Rana Palace ben oltre i limiti consentiti. La costruzione era autorizzata solo fino al quinto piano e lui ne ha eretti altri tre; avrà ottenuto l’aiuto di qualcuno” dicono ancora le fonti della MISNA.
In attesa di accertare le responsabilità di quello che è considerato il più grave incidente della storia industriale del Bangladesh, i soccorritori continuano a scavare, i parenti dei dispersi ad attendere notizie. “È difficile stabilire le responsabilità di quanto è accaduto. Fuori dalla zona franca, dove le regole sono rispettate, le industrie dell’abbigliamento a basso costo subappaltano le commesse a piccole aziende che a loro volta subappaltano ad altre. I controlli sul rispetto del contratto e delle norme di sicurezza sono molto difficili, il governo dovrebbe rafforzarli così come preoccuparsi dello stato di infrastrutture spesso fatiscenti in molte zone della capitale e non solo. Prima degli affari vengono le persone” sottolineano le fonti della MISNA. “Nella tragedia – concludono – colpisce il grande slancio di solidarietà, l’enorme sforzo collettivo testimoniato dalle molte realtà, dai singoli cittadini alle organizzazioni non governative, che si sono attivate per dare il loro contributo. Nei momenti di bisogno i bengalesi non hanno paura di sporcarsi le mani”.
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