martedì, maggio 28, 2013
La prima consultazione della Nasnsen Initiative nel Pacifico.

Greenreport - La Nasnsen Initiative ha tenuto a Raratonga, nelle Isole Cook, la sua Pacific Regional Consultation - Human Mobility, Natural Disasters and Climate Change in the Pacific, la prima di 5 consultazioni sub-regionali che nel corso del 2013-2014 si terranno nelle regioni più colpite da calamità naturali e cambiamenti climatici (Pacifico, America centrale, Africa orientale, Asia meridionale e Sud-Est asiatico) e riuniranno rappresentanti degli Stati, organizzazioni internazionali, Ong, società civile, think tanks e di altri protagonisti che lavorano ai temi legati allo spostamento di popolazioni causato dalle catastrofi naturali.

Lanciata nell'ottobre ottobre 2012 dai governi della Svizzera e Norvegia con il sostegno finanziario della Commissione europea, la Nansen Initiative è un processo consultivo "bottom-up", guidato dallo Stato, «Destinato a costruire il consenso sullo sviluppo di un programma di protezione per rispondere alle esigenze delle persone sfollate a causa delle calamità naturali attraverso i confini internazionali, compresi gli effetti dei cambiamenti climatici».

Le vittime di catastrofi naturali costrette ad attraversare le frontiere a causa delle calamità naturali non sono rifugiati perché non sono perseguitati, quindi non sono tutelate dal diritto internazionale, gli esiti delle consultazioni sub-regionali saranno la base di un summit globale previsto per il 2015 che dovrà discutere del previsto programma di protezione per lo spostamento transfrontaliero nel contesto delle catastrofi naturali e del cambiamento climatico. L'iniziativa non punta a creare nuovi standard legislativi, ma i suoi risultati possono facilitare l'elaborazione di tali norme a livello nazionale, regionale e globale in una fase successiva.

Al summit di Raratonga la Nansen Initiative ha nuovamente sottolineato che «Ogni anno, milioni di persone diventano degli sfollati a causa di inondazioni, tempeste di vento, terremoti, siccità ed altre calamità naturali. Molti trovano rifugio all'interno del proprio Paese, ma alcuni si trasferiscono all'estero. Nel contesto del global warming, tali movimenti sono destinate ad aumentare. Le risposte nazionali e internazionali a questa sfida sono insufficienti e la protezione delle popolazioni colpite rimane inadeguata».

Il meeting di Raratonga è stato anche l'occasione per prepararsi al nuovo round dei Climate change talks dell'Unfccc che si terranno a Bonn e la Nansen Initiative ha scelto di fare il suo primo meeting nelle remote e piccole Isole Cook, perché «La regione del Pacifico è una sfida difficile ma interessante per dare il via alle consultazioni della i Nansen Initiative, perché le isole del Pacifico, come tanti piccoli Stati insulari in via di sviluppo, stanno affrontando una complessa serie di questioni relative alla mobilità umana (migrazioni, ricollocazione e spostamento pianificati) ed alle catastrofi naturali . Le isole del Pacifico sono regolarmente colpite da calamità naturali, tra cui gravi tempeste, inondazioni, terremoti, tsunami ed eruzioni vulcaniche. Tuttavia, ancora più importante è la minaccia che l'innalzamento del livello del mare e l'aumento delle temperature del mare rappresentano per le nazioni insulari».

Il primo ministro delle Isole Cook, Henry Puna, ha detto: «E' giunto il momento che il mondo prenda in considerazione come proteggere le persone costrette ad oltrepassare le frontiere a causa delle calamità naturali. Le minacce che per le quali i popoli del Pacifico potrebbero essere costretti a cercare rifugio in altri Paesi, dopo un disastro sono molto reali». Puna ha ricordato le paura della Repubblica delle Kiribati di scomparire inghiottita dal mare e il ciclone che nel 1997 devastò la sua isola natale: Manihiki dove «Praticamente l'intera popolazione è stata spostata, evacuato dall'isola e l'impatto di tale evacuazione resta ancora oggi. Abbiamo perso un sacco di gente dell'isola che non è mai più tornata indietro. Quindi penso che lo spostamento transfrontaliero sia qualcosa di cui dobbiamo iniziare a parlare».

Secondo la speaker del Parlamento delle Isole Cook, Nikki Rattle, un'infermiera diplomatasi in Nuova Zelanda, «Alle persone del Pacifico deve essere permesso di vivere dignitosamente sulle proprie isole, invece di trasferirsi a causa del cambiamento climatico. Se non c'è un modo per farlo, dobbiamo garantire che valuteremo ogni possibile aspetto del cambiamento climatico e delle catastrofi naturali prima di prendere la decisioni di trasferire le persone [...] Le decisioni sul trasferimento dovrebbero essere prese solo dopo consultazione con le comunità locali ed in base al tipo di disastro, entità del danno e disponibilità di siti alternativi. Nelle Isole Cook, ogni gruppo di isole ha un ostello nel capoluogo e dove gli isolani possono essere temporaneamente ricollocati».

Ma la Pacific Regional Consultation si è posta anche il problema della probabile scomparsa di interi Stati insulari sommersi dal mare ed è stato sottolineato che «Le comunità del Pacifico devono mantenere la proprietà delle loro Zone economiche esclusiva (Zee) e dei diritti di pesca». Andrew Teem di Kiribati ha detto Che «Le mentre le comunità si dovranno spostare a causa dell'aumento del livello del mare, la comunità internazionale non deve dimenticare che la proprietà dei diritti di pesca dovrebbe rimanere ai trasferiti. Durante le discussioni e stato davvero centrale. I diritti di pesca di fornire i mezzi di sussistenza non solo per gli abitanti dei villaggi, ma anche per tutto il Paese. Il gettito della Zee può aiutare a sostenere le comunità, anche se vivono più sulle loro isole»

Netani Rika, rappresentante della Pacific Conference of Churches (Pcc), ha detto ai delegati che «Deve essere fatto tutto il possibile per garantire che lo spostamento delle comunità avvenga con dignità: questo è il tema centrale della Dichiarazione Moana, adottata dai leader delle Chiese a Nadi nel 2009. Se i popoli del Pacifico decidono che la loro opzione migliore è quella di trasferirsi a causa del cambiamento climatico, i governi devono adottare un approccio umano su diritti di pesca, proprietà terriera, giustizia sociale e benessere della comunità. Questo significa un trasferimento graduale, con prima lo spostamento dei più vulnerabili, garantendo che gli anziani vengano accuditi, di soddisfare le esigenze spirituali degli sfollati e di fornire cibo e acqua nel nuovo sito». I delegati hanno sostenuto l'approccio della Pcc ed hanno chiesto un maggiore coinvolgimento delle chiese, che in quasi tutte le isole del Pacifico sono molto influenti, nelle attività di prevenzione, informazione e delocalizzazione. Inoltre a Roaratonga è emersa con forza la necessità che le comunità che devono trasferirsi in un altro Stato ottengano la doppia cittadinanza.

Secondo Walter Kaelin, un esperto di diritti umani svizzero della Nasnsen Initiative, «La salvaguardia dei legami culturali ed economici sarà fondamentale. Se le persone devono essere trasferite, deve essere fatto in modo in modo che possano conservare la loro identità culturale, i loro legami con la comunità e anche con loro terra. Non è che in questo momento stiamo parlando di interi Stati del tutto scomparsi, riguarda piuttosto la perdita di una parte dello Stato o di un Territorio».

Il vice-presidente di Kiribati, Teima Onorio, ha detto che «Queste consultazioni sulle tutele legali per gli sfollati delle calamità naturali sono un'opportunità per Kiribati per focalizzare l'attenzione sul cambiamento climatico. Molti a Kiribati hanno già dovuto ricollocarsi a causa del cambiamento climatico. Riteniamo che la Nansen Initiative ci offre quel forum per discutere ulteriormente di questo e soprattutto per discutere con la comunità dei donatori e con gli altri Paesi colpiti dalle conseguenze delle insorgenze di improvvisi o lenti disastri. Attualmente non esiste un quadro giuridico per proteggere le nostre popolazioni quando migrano».

Intanto problemi sorgono proprio alle Figi, dove minacce di frane stanno ritardato i piani di delocalizzazione di due villaggi costieri che sono state gravemente colpiti dall'erosione costiera e dalle frequenti inondazioni del mare. Il Governo delle Figi ha stanziato più di mezzo milione di dollari per il trasferimento dei villaggi Narikoso a Kadavu e di Vunidogoloa a Natewa Bay a Vanua Levu. Il colonnello Apakuki Kurusiga, sottosegretario del ministero degli affari di iTaukei, spiega al Fiji Business che «La pianificazione dello spostamento del villaggio di Narikoso a Ono, a Kadavu, è andata molto bene fino a quando si è scoperto che il terreno sul nuovo sito del villaggio ha problemi di stabilità. Tutti nel villaggio avevano accettato di spostarsi, con una particolare disponibilità dei proprietari terrieri che hanno offerto volentieri un appezzamento di terra per il nuovo sito del villaggio, ma i test preliminari hanno dimostrato che il sito proposto è soggetto a cedimenti del terreno. Maggiori opere dovranno essere fatte prima che alla popolazione di Narikoso possa essere dato il via libera per abbandonare il suo villaggio costiero e spostarsi verso l'interno, sul pendio di una collina, a circa un chilometro dalla loro attuale posizione». In tutto a Narikoso ci sono 27 case e per il trasferimento il governo centrale di Suva aveva stanziato 200 mila dollari.

A quanto dice la stampa locale, anche il villaggio di Vunidogoloa, 30 case e uno stanziamento di 360.000 dollari, dovrebbe essere trasferito su un pendio instabile. Secondo il Fiji Business i costi saranno a carico per il 75% del governo e del 25% dei due villaggi che pagheranno in natura: concessioni per il taglio di legname delle foreste comunitarie e lavoro gratuito. Ogni nuova casa dovrebbe costare 15.000 dollari e sarà dotata di energia solare ed acqua corrente.

La Climate Change Unit, che ha lavorato a stretto contatto con il ministero degli affari iTaukei su questioni riguardanti l'impatto del cambiamento climatico sulle comunità costiere, dice che il ministero le ha fornito un elenco di villaggi in pericolo di delocalizzazione se nei prossimi 5 - 10 anni non verranno realizzati significativi progetti di adattamento, ma ora la fragilità geologica del territorio collinare mette a rischio questi ricollocamenti di diverse comunità costiere minacciate dall'innalzamento dell'oceano Pacifico e dagli eventi metereologici sempre più estremi e frequenti.

Il colonnello Kurusiga ha detto al Fiji Business che «La delocalizzazione per qualsiasi comunità è una cosa fortemente sensibile culturalmente. Per generazioni, una comunità si è identificata con il pezzo di terra che hanno chiamato a casa ed in questa ha conservato la sua storia, la loro genealogia ed il loro stesso essere. Se si considera la devastazione causata dallo tsunami di Santo Stefano del 2001 nell'Oceano Indiano e poi si guarda al Rewa Delta e a tutti i villaggi in riva al mare, tutti sono vulnerabili e sotto una minaccia diretta. Queste zone basse saranno allagate in caso di uno tsunami e tutte il loro patrimonio di conoscenze tradizionali e culturali è in pericolo. Così, non è affatto una cosa facile per queste comunità costiere lasciare la loro "Yavu" e trasferirsi. Dove potranno trasferirsi è un'altra questione cruciale da prendere in considerazione».


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