mercoledì, maggio 29, 2013
La comunità internazionale è ancora una volta divisa sulla Siria. Da un lato il presidente americano Obama starebbe pensando ad una no-fly zone mentre l’Unione Europea registra al suo interno spaccature dopo la decisione di togliere l'embargo sulle armi ai ribelli.

Radio Vaticana - Decisione che ha provocato l’ira di Mosca e Damasco. Intanto si segnalano disordini ai confini siriani, preoccupati tutti i Paesi dell’area. Marina Calculli:Audio. Lo stop dell’embargo sulle armi deciso dai ministri degli esteri europei spacca l’Europa stessa e anche la comunità internazionale. Ma il dado è tratto, nonostante l’impegno dei singoli paesi sia di non inviare armi ai ribelli prima di agosto. Per la Russia è “benzina sul fuoco” - qualcosa che potrà seriamente compromettere il Ginevra 2, la conferenza di pace promossa da Washington e Mosca. Un anno fa, in vista della prima conferenza internazionale di pace sulla Siria fu proprio un fortissimo flusso di armi verso il paese a far montare la portata del conflitto assieme a quella del disastro umanitario e far precipitare nel vuoto ogni tentativo di mediazione diplomatica. Mosca perentoria ha annunciato che fornirà a Damasco dei potentissimi missili terra-aria S-300 come deterrente di fronte ad una possibile invasione straniera. Netanyhau ha risposto: “se questi missili arriveranno in Siria, sapremo cosa fare”. Intanto fonti del Pentagono, citate dal Daily Beast, rivelano che Obama starebbe valutando l’ipotesi di una no fly zone sulla Siria.

Sulle divisioni all’interno dell’Unione Europea dopo l’accordo per rinnovare le sanzioni contro il regime siriano e per fornire armi ai ribelli, ma solo dopo agosto, Salvatore Sabatino ha intervistato Ennio Di Nolfo, docente emerito di Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze:Audio.

R. – "I monti hanno partorito un topolino", nel senso che l’accordo dei ministri degli Esteri e l’Unione europea è praticamente un accordo privo di contenuto. Dire, infatti, che si possono aiutare i ribelli e poi rinviare tutto al mese di agosto, significa dire che non si debbono mandare aiuti ai ribelli.

D. – Anche in questo caso l’Europa non è riuscita ad esprimersi ad una sola voce. All’accordo, infatti, si è giunti dopo numerose trattative e pareri contrari. Sembra passata insomma la linea dura di Parigi e Londra...

R. - Mi pare di capire che gli europei non sono in grado di distinguere il senso della ribellione siriana. Questa ribellione è fatta di elementi liberali, legati all’attuale motivazione generale della primavera araba, ma è anche animata dal movimento jihadista e questo allarma soprattutto Paesi come l’Austria e la Svezia che solitamente sono favorevoli a chi si ribella all’autoritarismo ma che in questo caso frenano le ritorsioni o i blocchi da parte dell’Unione europea.

D. - Da Istanbul l’opposizione siriana esulta, ma resta comunque divisa al suo interno. Può essere, secondo lei, un attore credibile oggi? Questo è stato il dubbio sollevato, per esempio, dal ministro degli esteri italiano, Bonino…

R. – Certo, la Bonino ha ragione. La ribellione siriana è fatta da 39 gruppi separati. Mettere insieme questi 39 gruppi è quanto di più difficile ci sia perché li animano sentimenti radicalmente diversi. Molti credono che la vittoria dei sunniti, guidati dal Qatar o magari dalla Jihad, possa essere in definitiva controproducente per gli equilibri dell’area.

D. - Da Teheran arriva intanto una risposta netta per controbilanciare le sanzioni. Un prestito da 4 miliardi di dollari per il regime di Bashar al Assad. Si continua, dunque, nella politica dei blocchi contrapposti, evidentemente…

R. - Direi proprio di sì, perché tutto è animato dalla radicale diversità di impostazione religiosa. Non bisogna trascurare il fatto che questa è una lotta tra sunniti tendenzialmente moderati, ma anche aperti al jihadismo, e sciiti come di fatto è Assad e sono gli iraniani.

D. – E Assad può contare anche su Hezbollah.....

R. – Esatto. Hezbollah che, tra l’altro, in questo momento, mette a repentaglio il proprio prestigio, la propria posizione, perché dal momento in cui bombarda i quartieri sunniti di Beirut tenderà a trasformare lo stesso Libano in un campo di battaglia, che sarebbe una tragedia immane.

D. – A proposito del vertice di Ginevra proposto da Stati Uniti e Russia, che si dovrebbe tenere la prossima settimana, secondo lei, questo appuntamento riuscirà a sbloccare l'impasse diplomatica a cui stiamo assistendo ormai da mesi?

R. – Non si può escludere radicalmente che ci sia un risultato positivo. Penso che sia un risultato compromissorio. Qualcuno ieri ipotizzava una soluzione analoga a quella che è stata ideata per la Bosnia-Erzegovina, cioè una specie di configurazione tra le varie anime del Paese. In Siria questo si applicherebbe abbastanza bene. Non so se Assad, però, dopo la controffensiva abbastanza fortunata per lui, abbia ancora la propensione al negoziato che aveva qualche settimana fa.

D. – Però l’aspetto positivo è che Russia e Stati Uniti si stanno parlando dopo mesi di contrapposizioni continue…

R. – Certo questo è un aspetto positivo. Del resto i russi hanno tutto l’interesse a non rompere in maniera brutale con Washington.


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