La cantante e autrice britannica ha davvero fatto il botto: il suo primo album ha già mandato in soffitta perfino il record dei Beatles
Città Nuova - Qualche segnale c'era nell'aria, fin dal febbraio scorso, quando ai prestigiosi Brit Awards, la platinata artista londinese s'era portata a casa i premi per il “miglior album dell'anno” e quello destinato alla “miglior artista femminile dell'anno”.
Nel frattempo il suo formidabile debutto discografico Our version of events, uscito ormai più di un anno fa, continuava a restare saldamente insediato nella Top 10 britannica, trainato, mese dopo mese da sempre nuovi singolo (l'ultimo, Daddy, comincerà a girare nelle radio italiane il 10 maggio). Nel momento in cui scrivo sono già passate ben 63 settimane di permanenza tra i primi dieci album premiati dalle impervie classifiche di vendita inglesi: una più di quanto riuscì a fare il mitico debutto dei quattro "scarafaggi" di Liverpool, con quel Please Please Me che sconvolse e dominò i mercati fra il 1963 e il '64.
Al momento ha già venduto oltre due milioni di copie: una cifra in assoluto tutt'altro che sbalorditiva, ma incredibilmente alta per questi tempi, dove a comprar musica sono rimasti quasi soltanto gli appassionati terminali. Tant'è che l'album resterà nella storia anche per essere il più venduto in assoluto della scorsa annata discografica.
«Sono senza parole – ha dichiarato la fanciulla appena appresa la notizia -. Una cosa del genere avrei potuto solo sognarla. I Beatles sono il miglior gruppo di sempre e la loro leggenda continua ad ispirare tutti noi che facciamo musica. Sono molto felice che così tanta gente si sia ritrovata nelle mie storie e nelle canzoni dell’album». Un disco assai gradevole e ben strutturato in verità, attraversato da quel tipico soul d'autore venato di neo rhythm'n'blues che da tempo caratterizza le produzioni del pop internazional-popolare. Un genere capace di vendere bene nei supermercati, ma senza far storcere il naso a chi alla musica chiede eleganza, passione, ed emozioni autentiche.
Classe 1987, originaria di Sunderland, nell'Inghilterra nord-orientale, Emeli ha però sangue africano nelle vene, avendo il padre originario dello Zambia. Ha studiato medicina a Glasgow, ma al quarto anno la passione per la musica ha avuto la meglio. Una passione del resto cominciata prestissimo, visto che Emeli scrisse la sua prima canzone quando aveva appena 11 anni per un talent-show della sua scuola. E proprio come autrice comincia la sua avventura nel music-business: per un bel po' di personaggi emergenti del nuovo pop anglosassone, da Alesha Dixon a Professor Green. La svolta arriva nel 2009 quando la Virgin le offre il primo contratto discografico. Il resto è storia recente, compresa la sua performance più prestigiosa: alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi londinesi, quando interpretò Abide with me.
Quasi pleonastico aggiungere che il bello – e il difficile – per lei è appena cominciato. Quest'anno i suoi discografici si sono già premurati di pubblicare un album inciso dal vivo alla leggendaria Royal Albert Hall: un tipico escamotage per tener desta l'attenzione del grande pubblico, per altro già in spasmodica attesa del second-out di studio; un disco sul quale ancor nulla di certo è dato sapere: se non che, a meno di un'improbabile collasso ispirativo o nervoso, sarà un successone...
Al momento ha già venduto oltre due milioni di copie: una cifra in assoluto tutt'altro che sbalorditiva, ma incredibilmente alta per questi tempi, dove a comprar musica sono rimasti quasi soltanto gli appassionati terminali. Tant'è che l'album resterà nella storia anche per essere il più venduto in assoluto della scorsa annata discografica.
«Sono senza parole – ha dichiarato la fanciulla appena appresa la notizia -. Una cosa del genere avrei potuto solo sognarla. I Beatles sono il miglior gruppo di sempre e la loro leggenda continua ad ispirare tutti noi che facciamo musica. Sono molto felice che così tanta gente si sia ritrovata nelle mie storie e nelle canzoni dell’album». Un disco assai gradevole e ben strutturato in verità, attraversato da quel tipico soul d'autore venato di neo rhythm'n'blues che da tempo caratterizza le produzioni del pop internazional-popolare. Un genere capace di vendere bene nei supermercati, ma senza far storcere il naso a chi alla musica chiede eleganza, passione, ed emozioni autentiche.
Classe 1987, originaria di Sunderland, nell'Inghilterra nord-orientale, Emeli ha però sangue africano nelle vene, avendo il padre originario dello Zambia. Ha studiato medicina a Glasgow, ma al quarto anno la passione per la musica ha avuto la meglio. Una passione del resto cominciata prestissimo, visto che Emeli scrisse la sua prima canzone quando aveva appena 11 anni per un talent-show della sua scuola. E proprio come autrice comincia la sua avventura nel music-business: per un bel po' di personaggi emergenti del nuovo pop anglosassone, da Alesha Dixon a Professor Green. La svolta arriva nel 2009 quando la Virgin le offre il primo contratto discografico. Il resto è storia recente, compresa la sua performance più prestigiosa: alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi londinesi, quando interpretò Abide with me.
Quasi pleonastico aggiungere che il bello – e il difficile – per lei è appena cominciato. Quest'anno i suoi discografici si sono già premurati di pubblicare un album inciso dal vivo alla leggendaria Royal Albert Hall: un tipico escamotage per tener desta l'attenzione del grande pubblico, per altro già in spasmodica attesa del second-out di studio; un disco sul quale ancor nulla di certo è dato sapere: se non che, a meno di un'improbabile collasso ispirativo o nervoso, sarà un successone...
di Franz Coriasco
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