Rimozione dell’embargo sulle armi, in vigore da due anni, ma nessun
rifornimento in armi alla ribellione siriana prima di agosto: è questa
la decisione dei 27 ministri degli Esteri dell’Unione Europea (Ue)
varata nella notte a Bruxelles, al termine di serrate trattative.
Misna - Secondo media ed analisti la linea diplomatica ambigua adottata nei confronti dei gruppi ribelli in lotta da due anni contro il presidente Bashar al Assad è emblematica delle divisioni che attraversano l’organismo continentale e la comunità internazionale in generale. Da una parte i capi della diplomazia europea non hanno rinnovato l’embargo sulle armi – in scadenza sabato prossimo – che dall’inizio del conflitto bloccava ogni rifornimento destinato all’opposizione siriana.
Dall’altra hanno prorogato gli altri provvedimenti in vigore da 24 mesi, in particolare il congelamento dei beni e restrizioni dei viaggi del presidente Assad e della sua cerchia oltre all’embargo sulle transazioni finanziarie e sul commercio del petrolio. La stampa ha letto in questa decisione un “segnale chiaro” contro il governo di Damasco, anche se non è stata approvata all’unanimità dei partecipanti all’incontro di Bruxelles. Infatti, il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha precisato che “i 27 hanno concordato di non procedere per ora alla consegna di armi, armamenti ed altra strumentazione militare”. Ha poi sottolineato che, a questo punto, “toccherà ad ogni singolo paese decidere come comportarsi con il commercio di armi in Siria”, avvertendo che “gli Stati membri dovrebbero ottenere sufficienti garanzie di un uso adeguato”. Un nuovo vertice europeo è stato convocato per il 1° agosto per rivalutare la posizione dell’organismo continentale, anche alla luce dei prossimi sviluppi diplomatici, in particolare la conferenza di pace promossa da Russia e Stati Uniti per un’uscita negoziata del conflitto siriano, da tenersi nelle prossime settimane.
L’esito dell’incontro di Bruxelles appare in linea con la richiesta di Parigi e Londra, che da settimane esercitavano pressioni per levare l’embargo. Due mesi fa il capo della diplomazia francese Laurent Fabius, aveva detto che “a dispetto dell’unanimità, cominceremo la consegna di armi (…) Levare l’embargo è uno dei soli mezzi che restano per far avanzare politicamente la situazione”. Parigi e Londra avevano argomentato che “esiste uno squilibrio che non possiamo più accettare, con da un lato l’Iran e la Russia che forniscono delle armi a Bashar al Assad e da un altro lato dei ribelli che non possono difendersi”.
Sul terreno continuano violenti combattimenti tra soldati dell’esercito regolare e ribelli a Qusayr, nell’ovest del paese, da giorni teatro di una vasta offensiva che sta avendo ripercussioni sempre più pesanti nel confinante Libano. Fonti militari di Beirut hanno riferito l’uccisione di tre soldati a un check-point, colpiti da uomini armati nei pressi della città a maggioranza sunnita di Arsal, non lontano dal confine siriano. La località di Arsal, sottolineano fonti di stampa panarabe, è molto frequentata dalla ribellione anti-Assad che la utilizzano come zona di contrabbando di armi e combattenti originari dal Libano. A Quasayr l’esercito siriano può invece contare sul sostegno delle milizie sciite di Hezbollah.
Misna - Secondo media ed analisti la linea diplomatica ambigua adottata nei confronti dei gruppi ribelli in lotta da due anni contro il presidente Bashar al Assad è emblematica delle divisioni che attraversano l’organismo continentale e la comunità internazionale in generale. Da una parte i capi della diplomazia europea non hanno rinnovato l’embargo sulle armi – in scadenza sabato prossimo – che dall’inizio del conflitto bloccava ogni rifornimento destinato all’opposizione siriana.
Dall’altra hanno prorogato gli altri provvedimenti in vigore da 24 mesi, in particolare il congelamento dei beni e restrizioni dei viaggi del presidente Assad e della sua cerchia oltre all’embargo sulle transazioni finanziarie e sul commercio del petrolio. La stampa ha letto in questa decisione un “segnale chiaro” contro il governo di Damasco, anche se non è stata approvata all’unanimità dei partecipanti all’incontro di Bruxelles. Infatti, il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha precisato che “i 27 hanno concordato di non procedere per ora alla consegna di armi, armamenti ed altra strumentazione militare”. Ha poi sottolineato che, a questo punto, “toccherà ad ogni singolo paese decidere come comportarsi con il commercio di armi in Siria”, avvertendo che “gli Stati membri dovrebbero ottenere sufficienti garanzie di un uso adeguato”. Un nuovo vertice europeo è stato convocato per il 1° agosto per rivalutare la posizione dell’organismo continentale, anche alla luce dei prossimi sviluppi diplomatici, in particolare la conferenza di pace promossa da Russia e Stati Uniti per un’uscita negoziata del conflitto siriano, da tenersi nelle prossime settimane.
L’esito dell’incontro di Bruxelles appare in linea con la richiesta di Parigi e Londra, che da settimane esercitavano pressioni per levare l’embargo. Due mesi fa il capo della diplomazia francese Laurent Fabius, aveva detto che “a dispetto dell’unanimità, cominceremo la consegna di armi (…) Levare l’embargo è uno dei soli mezzi che restano per far avanzare politicamente la situazione”. Parigi e Londra avevano argomentato che “esiste uno squilibrio che non possiamo più accettare, con da un lato l’Iran e la Russia che forniscono delle armi a Bashar al Assad e da un altro lato dei ribelli che non possono difendersi”.
Sul terreno continuano violenti combattimenti tra soldati dell’esercito regolare e ribelli a Qusayr, nell’ovest del paese, da giorni teatro di una vasta offensiva che sta avendo ripercussioni sempre più pesanti nel confinante Libano. Fonti militari di Beirut hanno riferito l’uccisione di tre soldati a un check-point, colpiti da uomini armati nei pressi della città a maggioranza sunnita di Arsal, non lontano dal confine siriano. La località di Arsal, sottolineano fonti di stampa panarabe, è molto frequentata dalla ribellione anti-Assad che la utilizzano come zona di contrabbando di armi e combattenti originari dal Libano. A Quasayr l’esercito siriano può invece contare sul sostegno delle milizie sciite di Hezbollah.
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