La tratta degli esseri umani è “ignobile”. Non ha usato mezzi termini Papa Francesco nel condannare questa mattina il triste fenomeno che vede coinvolte nel mondo milioni di persone.
Radio Vaticana - L’occasione è stata l’udienza concessa ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, in corso a Roma e dedicata alle “persone forzatamente sradicate”. Per loro il Papa ha esortato agli Stati ad adottare misure che ne tutelino la dignità. Il servizio di Alessandro De Carolis: ascolta
“Ribadisco qui che la ‘tratta delle persone’ è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio!”.
La voce di Papa Francesco vibra di sdegno sommesso quando si ferma a riflettere, al cospetto della plenaria del Pontificio Consiglio dei Migranti, su cosa siano capaci persone senza scrupoli nel momento in cui scelgono di commerciare con la carne umana, alimentando schiavitù vecchie e nuove. Il fenomeno, constata, è purtroppo “in piena espansione” e ciò non fa che dilatare i confini dell’abiezione che lo riguarda, ma anche e soprattutto la carica di solidarietà e bontà che i cristiani per primi devono dimostrare:
“La Chiesa rinnova oggi il suo forte appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali (…) In un mondo in cui si parla molto di diritti, quante volte viene di fatto calpestata la dignità umana!. In un mondo nel quale si parla tanto dei diritti, sembra che l’unico che ha diritti sia il denaro. Cari fratelli e sorelle, noi viviamo in un mondo dove comanda il denaro. Noi viviamo in un mondo, in una cultura dove regna il feticismo dei soldi.
Dalle vittime a chi può strapparle da un destino indegno. Papa Francesco si appella a governanti e legislatori, all’“intera comunità internazionale”, dice, perché tenga in considerazione “la realtà delle persone forzatamente sradicate con iniziative efficaci e nuovi approcci per tutelare la loro dignità, migliorare la loro qualità di vita e far fronte alle sfide che emergono da forme moderne di persecuzione, di oppressione e di schiavitù”:
“Si tratta, sottolineo, di persone umane, che fanno appello alla solidarietà e all’assistenza, che hanno bisogno di interventi urgenti, ma anche e soprattutto di comprensione e di bontà. Dio è buono: imitiamo Dio. La loro condizione non può lasciare indifferenti”.
Per chi segue Cristo, offrire comprensione e bontà è una missione più che un dovere. Per questo, Papa Francesco abbraccia con lo sguardo chi gli siede davanti dichiarando “apprezzamento” e “riconoscenza” per tutto ciò che la Chiesa per chi, sostiene, “è costretto a fuggire dal proprio Paese e vive tra sradicamento e integrazione”:
“La compassione cristiana – il ‘soffrire con’ – si esprime anzitutto nell’impegno di conoscere gli eventi che spingono a lasciare forzatamente la Patria e, dove è necessario, nel dar voce a chi non riesce a far sentire il grido del dolore e dell’oppressione. In questo voi svolgete un compito importante anche nel rendere sensibili le Comunità cristiane verso tanti fratelli segnati da ferite che marcano la loro esistenza”.
Ferite che il Pontefice enumera una a una per un elenco che è troppo lungo: violenza, soprusi, lontananza dagli affetti familiari, eventi traumatici, fuga da casa, incertezza sul futuro nel campo-profughi. Ferite alle quali la Chiesa deve rispondere con una pastorale adeguata:
“Essi richiedono una particolare cura pastorale che rispetti le loro tradizioni e li accompagni ad una armoniosa integrazione nelle realtà ecclesiali in cui si trovano a vivere. Le nostre Comunità cristiane siano veramente luoghi di accoglienza, di ascolto, di comunione! Cari amici, non dimenticate la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati: è la carne di Cristo”.
E qui, Papa Francesco opera uno scarto invitando tutti – afferma – a cogliere nonostante tutto "negli occhi e nel cuore dei rifugiati e delle persone forzatamente sradicate anche la luce della speranza”, quella che alla fine del tunnel illumina nuove possibilità. E ciò che il Papa dice colpisce e commuove:
“Ammiro il coraggio di chi spera di poter gradualmente riprendere la vita normale, in attesa che la gioia e l’amore tornino a rallegrare la sua esistenza. Tutti possiamo e dobbiamo alimentare questa speranza!”.
Radio Vaticana - L’occasione è stata l’udienza concessa ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, in corso a Roma e dedicata alle “persone forzatamente sradicate”. Per loro il Papa ha esortato agli Stati ad adottare misure che ne tutelino la dignità. Il servizio di Alessandro De Carolis: ascolta
“Ribadisco qui che la ‘tratta delle persone’ è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio!”.
La voce di Papa Francesco vibra di sdegno sommesso quando si ferma a riflettere, al cospetto della plenaria del Pontificio Consiglio dei Migranti, su cosa siano capaci persone senza scrupoli nel momento in cui scelgono di commerciare con la carne umana, alimentando schiavitù vecchie e nuove. Il fenomeno, constata, è purtroppo “in piena espansione” e ciò non fa che dilatare i confini dell’abiezione che lo riguarda, ma anche e soprattutto la carica di solidarietà e bontà che i cristiani per primi devono dimostrare:
“La Chiesa rinnova oggi il suo forte appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali (…) In un mondo in cui si parla molto di diritti, quante volte viene di fatto calpestata la dignità umana!. In un mondo nel quale si parla tanto dei diritti, sembra che l’unico che ha diritti sia il denaro. Cari fratelli e sorelle, noi viviamo in un mondo dove comanda il denaro. Noi viviamo in un mondo, in una cultura dove regna il feticismo dei soldi.
Dalle vittime a chi può strapparle da un destino indegno. Papa Francesco si appella a governanti e legislatori, all’“intera comunità internazionale”, dice, perché tenga in considerazione “la realtà delle persone forzatamente sradicate con iniziative efficaci e nuovi approcci per tutelare la loro dignità, migliorare la loro qualità di vita e far fronte alle sfide che emergono da forme moderne di persecuzione, di oppressione e di schiavitù”:
“Si tratta, sottolineo, di persone umane, che fanno appello alla solidarietà e all’assistenza, che hanno bisogno di interventi urgenti, ma anche e soprattutto di comprensione e di bontà. Dio è buono: imitiamo Dio. La loro condizione non può lasciare indifferenti”.
Per chi segue Cristo, offrire comprensione e bontà è una missione più che un dovere. Per questo, Papa Francesco abbraccia con lo sguardo chi gli siede davanti dichiarando “apprezzamento” e “riconoscenza” per tutto ciò che la Chiesa per chi, sostiene, “è costretto a fuggire dal proprio Paese e vive tra sradicamento e integrazione”:
“La compassione cristiana – il ‘soffrire con’ – si esprime anzitutto nell’impegno di conoscere gli eventi che spingono a lasciare forzatamente la Patria e, dove è necessario, nel dar voce a chi non riesce a far sentire il grido del dolore e dell’oppressione. In questo voi svolgete un compito importante anche nel rendere sensibili le Comunità cristiane verso tanti fratelli segnati da ferite che marcano la loro esistenza”.
Ferite che il Pontefice enumera una a una per un elenco che è troppo lungo: violenza, soprusi, lontananza dagli affetti familiari, eventi traumatici, fuga da casa, incertezza sul futuro nel campo-profughi. Ferite alle quali la Chiesa deve rispondere con una pastorale adeguata:
“Essi richiedono una particolare cura pastorale che rispetti le loro tradizioni e li accompagni ad una armoniosa integrazione nelle realtà ecclesiali in cui si trovano a vivere. Le nostre Comunità cristiane siano veramente luoghi di accoglienza, di ascolto, di comunione! Cari amici, non dimenticate la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati: è la carne di Cristo”.
E qui, Papa Francesco opera uno scarto invitando tutti – afferma – a cogliere nonostante tutto "negli occhi e nel cuore dei rifugiati e delle persone forzatamente sradicate anche la luce della speranza”, quella che alla fine del tunnel illumina nuove possibilità. E ciò che il Papa dice colpisce e commuove:
“Ammiro il coraggio di chi spera di poter gradualmente riprendere la vita normale, in attesa che la gioia e l’amore tornino a rallegrare la sua esistenza. Tutti possiamo e dobbiamo alimentare questa speranza!”.
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