Il suo metodo educativo era simile a quello di Don Milani, privo di ogni forma di coercizione. Don Bosco lo volle “al fianco degli ultimi”
Don Andrea Gallo avorò qualche tempo come cappellano alla nave scuola della Garaventa, e i ragazzini da lui educati ne parlavano sempre bene: non potevano credere di poter uscire, andare al cinema e a volte addirittura autogestirsi. Inspiegabilmente, però, dopo soli tre anni don Andrea venne rimosso dall’incarico. La sua permanenza all’interno delle istituzione religiose fu da subito difficile e controversa, e a lungo don Gallo fu spostato da un luogo all’altro, a suo dire senza motivazioni esplicite.
Poi, implicite o esplicite, le motivazioni arrivarono, perché Don Andrea portava avanti delle idee che “non erano religiose ma politiche, non cristiane ma comuniste”. Della sua collocazione politica non fece mai mistero, infatti spesso diventò un punto di riferimento non solo per i cristiani ma anche per non credenti di sinistra soprattutto nel periodo in cui visse a Capraia. Proprio lì, nell’estate del 1970, si verificò un incidente che fu una delle motivazioni principali della sua espulsione. L’apertura di una fumeria di hashish provocò una grande indignazione nei fedeli e, durante l’omelia della messa domenicale, Don Gallo disse che la vera “droga” è quella del linguaggio, grazie al quale un ragazzo può diventare “inadatto agli studi se figlio di povera gente”, oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare “azione a difesa della libertà”. Le sue parole, per molti “troppo politiche”, sarebbero state le motivazioni del suo allontanamento.
Successivamente creò la Comunità di San Benedetto al Porto a Genova, e in questo contesto fu al centro di polemiche per le sue richieste di legalizzazione delle droghe leggere, ricevendo addirittura una multa perché fumò uno spinello nel palazzo comunale di Genova in segno di protesta. Nel 2012 intonò “Bella ciao” nel corso della messa, sventolando un drappo rosso e scatenando le ire di molti.
Gli “scandali” non finiscono qui: don Gallo era a favore degli omosessuali, tanto da essere nominato “Personaggio Gay dell’Anno” nel 2011. Non aveva paura di dire la sua, soprattutto in fatto di politica, e la sua voce spesso e volentieri creava aspre polemiche: capitò per esempio quando sostenne Doria e poi Vendola, quando disse di veder bene Berlusconi “volontario in Africa” e quando consigliò a Grillo di non “fare il padreterno”.
Nonostante tutte le polemiche in cui fu coinvolto, don Andrea era uno che pensava veramente agli ultimi, ai poveri, agli incompresi. Era amico di De Andrè e nel 2009 ricevette il premio a lui dedicato. “La cosa più importante che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra – diceva - è che si continui ad agire perché i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare mai”.
Oltre al suo ricordo, di lui ci restano decine libri scritti nel corso della sua vita travagliata, molti pubblicati per finanziare la comunità di San Benedetto. L’ultimo è 'In cammino con Francesco' con sottotitolo 'Dopo il Conclave povertà, giustizia, pace'. “Ora è arrivato papa Francesco a farci sperare di nuovo in una Chiesa dei poveri – disse a riguardo - Un sollievo dopo tanta pena. Sapranno i cattolici accogliere l’invito inequivocabile e sofferto a un rinnovamento radicale per ritornare a essere 'Lumen gentium', 'luce delle genti', un popolo di Dio in cammino per annunciare il Vangelo di liberazione per tutti, con il sostegno dello Spirito del Cristo risorto e vivo? Con l’elezione di Francesco tutto è possibile”.
Don Andrea Gallo avorò qualche tempo come cappellano alla nave scuola della Garaventa, e i ragazzini da lui educati ne parlavano sempre bene: non potevano credere di poter uscire, andare al cinema e a volte addirittura autogestirsi. Inspiegabilmente, però, dopo soli tre anni don Andrea venne rimosso dall’incarico. La sua permanenza all’interno delle istituzione religiose fu da subito difficile e controversa, e a lungo don Gallo fu spostato da un luogo all’altro, a suo dire senza motivazioni esplicite.
Poi, implicite o esplicite, le motivazioni arrivarono, perché Don Andrea portava avanti delle idee che “non erano religiose ma politiche, non cristiane ma comuniste”. Della sua collocazione politica non fece mai mistero, infatti spesso diventò un punto di riferimento non solo per i cristiani ma anche per non credenti di sinistra soprattutto nel periodo in cui visse a Capraia. Proprio lì, nell’estate del 1970, si verificò un incidente che fu una delle motivazioni principali della sua espulsione. L’apertura di una fumeria di hashish provocò una grande indignazione nei fedeli e, durante l’omelia della messa domenicale, Don Gallo disse che la vera “droga” è quella del linguaggio, grazie al quale un ragazzo può diventare “inadatto agli studi se figlio di povera gente”, oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare “azione a difesa della libertà”. Le sue parole, per molti “troppo politiche”, sarebbero state le motivazioni del suo allontanamento.
Successivamente creò la Comunità di San Benedetto al Porto a Genova, e in questo contesto fu al centro di polemiche per le sue richieste di legalizzazione delle droghe leggere, ricevendo addirittura una multa perché fumò uno spinello nel palazzo comunale di Genova in segno di protesta. Nel 2012 intonò “Bella ciao” nel corso della messa, sventolando un drappo rosso e scatenando le ire di molti.
Gli “scandali” non finiscono qui: don Gallo era a favore degli omosessuali, tanto da essere nominato “Personaggio Gay dell’Anno” nel 2011. Non aveva paura di dire la sua, soprattutto in fatto di politica, e la sua voce spesso e volentieri creava aspre polemiche: capitò per esempio quando sostenne Doria e poi Vendola, quando disse di veder bene Berlusconi “volontario in Africa” e quando consigliò a Grillo di non “fare il padreterno”.
Nonostante tutte le polemiche in cui fu coinvolto, don Andrea era uno che pensava veramente agli ultimi, ai poveri, agli incompresi. Era amico di De Andrè e nel 2009 ricevette il premio a lui dedicato. “La cosa più importante che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra – diceva - è che si continui ad agire perché i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare mai”.
Oltre al suo ricordo, di lui ci restano decine libri scritti nel corso della sua vita travagliata, molti pubblicati per finanziare la comunità di San Benedetto. L’ultimo è 'In cammino con Francesco' con sottotitolo 'Dopo il Conclave povertà, giustizia, pace'. “Ora è arrivato papa Francesco a farci sperare di nuovo in una Chiesa dei poveri – disse a riguardo - Un sollievo dopo tanta pena. Sapranno i cattolici accogliere l’invito inequivocabile e sofferto a un rinnovamento radicale per ritornare a essere 'Lumen gentium', 'luce delle genti', un popolo di Dio in cammino per annunciare il Vangelo di liberazione per tutti, con il sostegno dello Spirito del Cristo risorto e vivo? Con l’elezione di Francesco tutto è possibile”.
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È presente 1 commento
Un grande grazie a don Gallo dagli ultimi ed anche da chi ultimo non è . Ci hai lasciato grandi insegnamenti : l'impegno ed il coraggio fino in fondo .
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