Cecile Kyenge è un medico oculista italiano, nato nella Repubblica Domenicana del Congo, ha 49 anni ed è il nuovo Ministro per l’integrazione. Ma è anche il primo ministro di colore nella storia della Repubblica italiana. Da sempre si è battuta per la tutela dei diritti dei migranti e per la libera circolazione delle persone, diritto fondamentale che i trattati garantiscono ai cittadini dell’UE.
Prima di diventare ministro, Cecile Kyenge è stata responsabile delle politiche dell’immigrazione del PD in Emilia Romagna; eletta alla Camera nelle elezioni di febbraio, Enrico Letta l’ha nominata Ministro per l’integrazione. Questo segna un primo ed importante passo per arrivare a quel cambiamento necessario in un Paese dove purtroppo ancora oggi il divario tra immigrazione e realtà sociale è piuttosto netto. Cecile è ministro della Repubblica italiana solo da pochi giorni, ma è già vittima di attacchi e accuse da più parti a causa delle sue dichiarazioni sull’abrogazione del reato di clandestinità e sul desiderio di dare identità a un milione di bambini di origine straniera che ancora oggi attendono di avere la cittadinanza italiana. Attualmente, la legge italiana che regola l’accesso alla cittadinanza è improntata su un rigido jus sanguinis: sostanzialmente è italiano chi è figlio di genitori italiani, indipendentemente dal luogo di nascita, e successivamente alla nascita, dal luogo di residenza. Uno straniero quindi, se non è figlio di genitori italiani, difficilmente otterrà la cittadinanza italiana.
Sulla base di queste considerazioni e rimanendo fedele alle idee e alle battaglie che porta avanti ormai da anni, dopo la sua elezione il ministro Cecile Kyenge, durante il programma di Lucia Annunziata “In mezz’ora” di Rai3, ha rilasciato diverse dichiarazioni, ritenute da molti alquanto inopportune ed imbarazzanti, annunciando tra l’altro un disegno di legge in tempi brevi per assegnare la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati in Italia. Tale argomento è molto importante per il ministro, supportato anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal Premier Enrico Letta, ammettendo che ha però ammesso che non sarà facile poter intervenire a stretto giro di posta.
Le parole del ministro non sono state accolte positivamente da diversi parlamentari, che hanno approfittato subito dell’accaduto per aprire un nuovo caso di possibile frattura all’interno della maggioranza di governo. Il Pdl si è affrettato ad attaccare il ministro rispondendo che a decidere non è solo lei, né tantomeno è praticabile la cittadinanza italiana per il solo fatto di nascere in Italia. Pieno disappunto anche da parte della Lega Nord, tanto che Matteo Salvini in un tweet ha affermato che solo in Italia si può avere un ministro che è entrato nel paese clandestinamente e habocciato senza possibilità di deroga la proposta di abrogazione del reato di clandestinità, rispondendo che lui vorrebbe tanto abolire subito il ministero dell’integrazione e invitando Cecile Kyenge ad avere più rispetto per gli esponenti leghisti (facendo un chiaro riferimento al rifiuto fatto dal ministro, quando era ancora consigliere provinciale a Modena, di fare un incontro tv con lui, affermando di non ritenere degno un esponente della Lega di confrontarsi con lei). E non contenta, la Lega annuncia che il 18 e il 19 maggio raccoglierà le firme per dire no alla cancellazione del reato di immigrazione clandestina e all’introduzione dello jus soli.
Purtroppo però le contestazioni al ministro non si fermano qui. Per queste sue prese di posizione è stata etichettata anche con pesanti insulti razzisti sul suo profilo facebook: c’è chi la chiama “Bingo Bongo”, c’è chi posta foto di gorilla e scimpanzè, c’è chi la invita, senza mezze parole, a tornarsene in Congo perché non vuole in Italia immigrati come lei. Un festival dell’idiozia e dell’ignoranza!
Ma per fortuna, aggiungiamo noi, c’è anche tanta gente che la incoraggia a non arrendersi e ad andare avanti per portare a termine le sue battaglie e che la difende, come la sua collega Josefa Idem, che ha dato mandato all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione di avviare un’istruttoria sulla fattispecie che costituisce un reato per l’istigazione all’odio raziale.
Ricordiamo che nel nostro Paese vivono cinque milioni di immigrati e per loro vivere in Italia da stranieri non è affatto facile. Ricordiamoci che anche l’immigrato è una persona e come tale ha dei diritti che vanno tutelati. Questi ultimi spiacevoli eventi che vedono protagonista il ministro Cecile Kyenge confermano che purtroppo, per quanto il mondo moderno si riempia la bocca con belle parole quali “diritti umani”, “fratellanza” e “unità”, non sia affatto una società tollerante e multiculturale. E’ lecito chiedersi quindi come sarà possibile realizzarla in un Paese come il nostro, poco tollerante verso il “diverso”, senza prima riconoscere agli immigrati una parità di status e di diritti.
Prima di diventare ministro, Cecile Kyenge è stata responsabile delle politiche dell’immigrazione del PD in Emilia Romagna; eletta alla Camera nelle elezioni di febbraio, Enrico Letta l’ha nominata Ministro per l’integrazione. Questo segna un primo ed importante passo per arrivare a quel cambiamento necessario in un Paese dove purtroppo ancora oggi il divario tra immigrazione e realtà sociale è piuttosto netto. Cecile è ministro della Repubblica italiana solo da pochi giorni, ma è già vittima di attacchi e accuse da più parti a causa delle sue dichiarazioni sull’abrogazione del reato di clandestinità e sul desiderio di dare identità a un milione di bambini di origine straniera che ancora oggi attendono di avere la cittadinanza italiana. Attualmente, la legge italiana che regola l’accesso alla cittadinanza è improntata su un rigido jus sanguinis: sostanzialmente è italiano chi è figlio di genitori italiani, indipendentemente dal luogo di nascita, e successivamente alla nascita, dal luogo di residenza. Uno straniero quindi, se non è figlio di genitori italiani, difficilmente otterrà la cittadinanza italiana.
Sulla base di queste considerazioni e rimanendo fedele alle idee e alle battaglie che porta avanti ormai da anni, dopo la sua elezione il ministro Cecile Kyenge, durante il programma di Lucia Annunziata “In mezz’ora” di Rai3, ha rilasciato diverse dichiarazioni, ritenute da molti alquanto inopportune ed imbarazzanti, annunciando tra l’altro un disegno di legge in tempi brevi per assegnare la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri nati in Italia. Tale argomento è molto importante per il ministro, supportato anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal Premier Enrico Letta, ammettendo che ha però ammesso che non sarà facile poter intervenire a stretto giro di posta.
Le parole del ministro non sono state accolte positivamente da diversi parlamentari, che hanno approfittato subito dell’accaduto per aprire un nuovo caso di possibile frattura all’interno della maggioranza di governo. Il Pdl si è affrettato ad attaccare il ministro rispondendo che a decidere non è solo lei, né tantomeno è praticabile la cittadinanza italiana per il solo fatto di nascere in Italia. Pieno disappunto anche da parte della Lega Nord, tanto che Matteo Salvini in un tweet ha affermato che solo in Italia si può avere un ministro che è entrato nel paese clandestinamente e habocciato senza possibilità di deroga la proposta di abrogazione del reato di clandestinità, rispondendo che lui vorrebbe tanto abolire subito il ministero dell’integrazione e invitando Cecile Kyenge ad avere più rispetto per gli esponenti leghisti (facendo un chiaro riferimento al rifiuto fatto dal ministro, quando era ancora consigliere provinciale a Modena, di fare un incontro tv con lui, affermando di non ritenere degno un esponente della Lega di confrontarsi con lei). E non contenta, la Lega annuncia che il 18 e il 19 maggio raccoglierà le firme per dire no alla cancellazione del reato di immigrazione clandestina e all’introduzione dello jus soli.
Purtroppo però le contestazioni al ministro non si fermano qui. Per queste sue prese di posizione è stata etichettata anche con pesanti insulti razzisti sul suo profilo facebook: c’è chi la chiama “Bingo Bongo”, c’è chi posta foto di gorilla e scimpanzè, c’è chi la invita, senza mezze parole, a tornarsene in Congo perché non vuole in Italia immigrati come lei. Un festival dell’idiozia e dell’ignoranza!
Ma per fortuna, aggiungiamo noi, c’è anche tanta gente che la incoraggia a non arrendersi e ad andare avanti per portare a termine le sue battaglie e che la difende, come la sua collega Josefa Idem, che ha dato mandato all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione di avviare un’istruttoria sulla fattispecie che costituisce un reato per l’istigazione all’odio raziale.
Ricordiamo che nel nostro Paese vivono cinque milioni di immigrati e per loro vivere in Italia da stranieri non è affatto facile. Ricordiamoci che anche l’immigrato è una persona e come tale ha dei diritti che vanno tutelati. Questi ultimi spiacevoli eventi che vedono protagonista il ministro Cecile Kyenge confermano che purtroppo, per quanto il mondo moderno si riempia la bocca con belle parole quali “diritti umani”, “fratellanza” e “unità”, non sia affatto una società tollerante e multiculturale. E’ lecito chiedersi quindi come sarà possibile realizzarla in un Paese come il nostro, poco tollerante verso il “diverso”, senza prima riconoscere agli immigrati una parità di status e di diritti.
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