domenica, maggio 05, 2013
Le polemiche dimissioni di Luca Borgomeo in difesa di una tv di qualità. La concentrazione di potere tra Mediaset e Rai. Le colpe dell'Agcom e le deroghe alla direttiva europea sulla protezione dei minori. L'inefficacia del sistema di "parental control". La chiusura del Comitato media e minori, efficace voce controcorrente.

Città Nuova - “Il fatto che l’Agcom abbia annullato il provvedimento che sospendeva la messa in onda della serie Fisica o Chimica di Rai4 è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Per questo mi sono dimesso”. Così Luca Borgomeo spiega le ragioni che lo hanno spinto a lasciare la presidenza del Consiglio Nazionale degli Utenti, un organismo che raduna 52 associazioni, previsto nella legge istitutiva dell’Agcom, l’Autorità Garante per le Comunicazioni. Una decisione sofferta, da parte di chi per anni ha condotto battaglie in difesa di una tv di qualità, rispettosa della sensibilità dei minori e delle loro esigenze informative e di tutela psicofisica e relazionale, che denuncia essa stessa una condizione permanente di violazione dei diritti dei minori spettatori della tv. Una violazione che sembra essere consentita proprio da quelle autorità che sono chiamate a farsi garanti delle esigenze degli utenti dei media, più sensibili invece – è la denuncia di Borgomeo – agli interessi delle emittenti: “C’è la convinzione, maturata sulla base di tante decisioni dell’Agcom, ultima l’archiviazione del procedimento sul telefilm di Rai4, che l’istituzione garante delle comunicazioni tuteli più gli interessi di Mediaset e Rai che non quelli dei cittadini”.

A fonte di ciò Borgomeo - che comunque resta Presidente dell’Aiart Associazione Spettatori – spiega che le sue dimissioni vogliono essere “una richiesta all’Agcom perché recuperi l’autorevolezza di un’istituzione realmente indipendente al servizio del Paese; (…) un modo per richiamare le forze politiche ed istituzionali alla necessità di riservare la giusta attenzione ai gravi problemi di un sistema radiotelevisivo ormai allo sfascio. Un sistema – continua – dove i problemi sono creati da una concentrazione di potere che non ha eguali al mondo”, e dove Mediaset e Rai si spartiscono la quasi totalità dei ricavi pubblicitari, togliendo spazio ad una reale concorrenza nel settore.

A mettere a rischio le garanzie di tutela per gli utenti, ed in particolare per i minori, interviene poi l’approvazione, a giugno scorso, del decreto legislativo n°120, che aggiorna le disposizioni precedenti con particolare riguardo a quelle contenute nel Decreto Romani, stabilendo più stringenti tutele ed insieme offrendo ampie deroghe alle stesse. Un aggiornamento sollecitato dall’Unione Europea, che nella normativa italiana sul tema ravvisava uno scostamento dalla disciplina comunitaria nella direzione di un indebolimento delle tutele, e invitava il Governo a recepire le nuove norme europee. Pena l’apertura di una procedura d’infrazione a carico del nostro Paese.

In particolare, se la Direttiva europea sui Servizi di Media Audiovisivi imponeva il divieto assoluto alla diffusione di contenuti “gravemente nocivi” (*) sia in chiaro che sulle pay-tv, a tutte le ore, fatta eccezione per la tv on demand, il Decreto Romani consentiva la diffusione degli stessi contenuti in orario notturno, sia in chiaro che a pagamento, grazie alla creazione di un sistema-filtro ideato per escluderne la visione ai minori. Un sistema, noto come “parental control”, che l’Europa ha ritenuto insufficiente, al punto da sollecitare ulteriori misure per assicurare la non diffusione di contenuti gravemente nocivi almeno sui servizi lineari.

Il decreto legislativo del giugno scorso nasce per incontrare questa esigenza, ma le nuove disposizioni sembrano meno garantiste delle precedenti: se da un lato la diffusione di programmi gravemente nocivi è ora vietata in modo assoluto nelle trasmissioni in chiaro, dall’altro resta consentita sulle pay-tv a tutte le ore, proprio grazie all’introduzione del “parental control”. Ed è ancora la disponibilità del filtro elettronico che consente di mandare in onda programmi con “contenuti nocivi”(**), previo preavviso dell’annunciatore e con bollino rosso fisso, sia in chiaro che a pagamento, in orario notturno e durante il giorno, compresa la fascia protetta.

In altre parole, è l’introduzione del parental control a consentire in Italia la diffusione di programmi nocivi e gravemente nocivi per i minori, su piattaforme e in fasce orarie coperte invece da tutele in altri Paesi d’Europa. Ma proprio l’efficacia del filtro è oggetto di valutazioni discordanti. Se da un lato i fornitori di servizi audiovisivi, insieme al Governo e all’Agcom, ritengono lo strumento efficace, dall’altro organismi istituzionali - fra cui il Comitato Media e Minori e la Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza - e della società civile evidenziano significative perplessità, legate ai limiti dello strumento: l’adozione del parental control da parte dell’utente non è obbligatoria ma opzionale; l’utilizzo dello strumento può non essere agevole per tutti gli utenti; il sistema non è applicabile ai televisori “integrati” né ai decoder utilizzati per la ricezione televisiva digitale terrestre messi in commercio prima dell'entrata in vigore del Regolamento (se ne contano circa 40 milioni).

In questo scenario, inoltre, da oltre 16 mesi si è spenta la voce del Comitato Media e Minori, chiamato a monitorare il rispetto del Codice di Autoregolamentazione Tv e Minori firmato da tutte le emittenti pubbliche e private. A dicembre 2011 il Comitato, composto da rappresentanti degli utenti, delle istituzioni e delle emittenti, ha cessato le sue attività in attesa del rinnovo delle cariche interne, mai avvenuto.

A bloccare la ricostituzione dell’organismo - peraltro previsto dalla legge e che non comporta oneri economici per lo Stato - è la mancata designazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico dei suoi rappresentanti all’interno del Comitato. Un atto mancato che impedisce di fatto da oltre un anno la ripresa di ogni attività. “Al Ministro dello Sviluppo Economico, cui compete per legge la responsabilità di ricostituire il Comitato – spiega Luca Borgomeo in una lettera inviata al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - sono regolarmente pervenute le designazioni dei cinque rappresentanti delle emittenti, dei cinque rappresentanti degli utenti e di due dei rappresentanti delle istituzioni: il Ministro non ha invece ancora provveduto a designare i tre rappresentanti di Sua competenza”, pur essendo questo un suo dovere. “Un ritardo grave e incomprensibile” a cui, tra l’altro, non si fornisce “alcuna giustificazione”.

Le ragioni di questo vulnus sono ben spiegate dall’ex presidente del Comitato Media e Minori, Franco Mugerli: “Si è preferito mettere da parte il Comitato perché poteva dare fastidio. L’ente che dovrebbe essere preposto alla garanzia dei telespettatori non ha gradito la mia indipendenza da interessi molto netti”. Mugerli sottolinea inoltre come manchi in generale la consapevolezza che l’emergenza educativa sia un tema decisivo per affrontare la crisi attuale ed auspica la rapida ricostituzione dell’organismo: “il nostro compito non è repressivo – chiarisce infine - ma è quello di tenere desta l’attenzione e di proporre uno stimolo costruttivo nei confronti delle stesse emittenti”.

Uno stimolo che, nei fatti, ha spesso trovato il freno dell’Agcom. Se il Comitato ha un potere di verifica delle violazioni del Codice ed esercita un'azione suasiva sulle emittenti, è l'Autority che, ricevute le segnalazioni dal Comitato, esercita il potere sanzionatorio sulla programmazione televisiva, comminando multe fino a sospendere o revocare la licenza alla trasmissione. Al riguardo, il Consuntivo 2012 delle attività del Comitato evidenzia episodi di discordanza fra le valutazioni del Comitato Media e Minori e quelle dell’Agcom: “Nell'intero periodo della sua attività 2003-2011, il Comitato ha trasmesso all'Agcom un totale di 615 programmi. () Di questi 615 programmi, a tutto il 2011 Agcom ne aveva valutati 423”. Fra questi sono “190 sono quelli conclusi con una sanzione pecuniaria: () Invece, i casi archiviati sono stati 209”.

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