domenica, maggio 19, 2013
Intervista ad Anton Giulio Lana,Unione forense per i diritti umani 

Un piccolo grande obiettivo sta per essere raggiunto contro la violenza sulle donne, fenomeno che nei fatti è trasversale e purtroppo universale. Già il 27 maggio il Parlamento italiano potrebbe approvare la legge di ratifica della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa per la prevenzione e il contrasto della violenza domestica e sulle donne. Duecento le chiamate di aiuto al giorno al 1522, numero di emergenza attivo nel nostro Paese dal 2006. Agghiaccianti i dati: si parla di 127 donne uccise nel solo 2012, 412 i tentativi di femminicidio. Nel 2013, già 25 le donne uccise.

In occasione del convegno “Women.liber@ dalla violenza”, abbiamo chiesto all’avvocato Anton Giulio Lana, segretario dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani, se la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa può davvero in un Paese fare la differenza nella lotta contro la violenza sulle donne.

“E’ una convenzione estremamente importante, così come il fatto che sia stata adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa, che vede 47 Paesi membri, dalla Turchia fino ai Paesi del Nord Europa, dal Portogallo fino alla Russia. Quindi si tratta di un’importante condivisione di fondo di tematiche molto delicate sul rapporto uomo-donna, sulla parità uomo donna, l’autodeterminazione della donna, la formazione dei giovani su queste tematiche, il componimento dei conflitti in maniera non contenziosa, conflittuale o violenta, nell’ambito di un contesto dove vi sono differenze culturali, religiose e politiche”.

Sì ma mancano le ratifiche, solo 4 Paesi hanno finora ratificato la Convenzione…

“L’auspicio, naturalmente, è che innanzi tutto venga ratificata dall’Italia e il 27 maggio è stato calendarizzato il voto da parte del nostro Parlamento e questo già è un messaggio importante e mi auguro che alla ratifica da parte italiana della Convenzione, che è del 2011 e quindi relativamente recente, seguano anche quelle di molti altri Paesi e che si arrivi perciò quanto prima a darne una attuazione completa. L’auspicio che noi formuliamo come Unione forense per i diritti umani è che il governo italiano, in particolare il ministro per le Pari opportunità, già in via per così dire anticipatoria, dia attuazione ad alcune linee guida contenute nella Convenzione senza bisogno che questa venga ratificata dagli altri Paesi. E lo si può fare, nel caso di un Paese come l’Italia, dinanzi alle tragedie che noi leggiamo quotidianamente”.

Da tutte le parti arriva però una richiesta di un piano di azione per contrastare la violenza contro le donne..

“Certamente, quello che propone la nuova ministra per le Pari opportunità, Josefa Idem, è un piano di azione proprio in questo senso, una sorta di task force fra sei ministeri proprio per portare avanti le iniziative concrete in questa materia. Un’iniziativa che noi riteniamo estremamente importante se si riuscirà a tradurre in una pianificazione di iniziative concrete. Cosa significa questo? E’ importantissimo che si faccia informazione nelle scuole, che si lavori sulle vittime aiutandole in maniera concreta e non abbandonandole, come spesso oggi avviene, che si lavori sulle persone che sono potenziali autori di questi reati o su coloro che hanno già commesso in forma più lieve delle condotte che possono essere ascritte a questa categoria. Ancora, riteniamo molto importante una carta sulla scorta di quella di Treviso, relativa all’informazione sui minori, e sulla scorta di quella di Roma, relativa all’informazione sull’ immigrazione. Dicevo di un protocollo, una carta contenente le linee guida delle buone prassi da adottare da parte dei giornalisti. Il linguaggio, specie dei media, è fondamentale. I media hanno un ruolo di informazione ma, a mio avviso, anche di formazione dell’opinione pubblica. Questo non riguarda solo stampa e televisione, ma anche i nuovi media, come possono essere i social network e il web, e quindi bisogna condividere tutti insieme delle linee guida che possano aiutare a informare in maniera corretta l’opinione pubblica.

E’ molto difficile fare questo sui nuovi media…

“Molto più difficile. E’ un tema che ha trattato già la presidente della Camera, Laura Boldrini.Qui nessuno vuole ovviamente imbrigliare la libertà dei media, nessuno vuole fare censura, ma bisogna trovare un giusto equilibrio. Da qui l’importanza della partecipazione a un dialogo intorno a queste tematiche dove i protagonisti devono essere l'Ordine nazionale dei giornalisti e anche gli altri protagonisti di questa tematica, in modo tale da concordare delle linee guida da applicare concretamente e non già solo una mozione d’intenti che non servirebbe a nulla”.

Questo potrebbe avvenire anche in altri Paesi d’Europa?

“Certo, anzi potremmo essere noi, in un certo senso, per una volta all’avanguardia”.

Ad inaugurare il convegno, promosso dall’Unione forense per i diritti umani e dall’Agenzia Earth Nlp, allo Spazio Europa di Roma, è stata la presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha chiesto di rompere il silenzio sulla violenza contro le donne, ricordando che si tratta spesso di tragedie annunciate. “Sette su 10 donne uccise avevano fatto denuncia. Perché non sono state protette?”, si è chiesta. “I fondi per i centri anti-violenza vanno trovati e va ratificata la Convenzione di Istanbul”, ha affermato Laura Boldrini che ha poi invitato a riflettere sui modelli femminili di donna-oggetto proposti da pubblicità e tv.

Aperta alla firma e alla ratifica l’11 maggio del 2011, la Convenzione di Istanbul è stata finora firmata da 29 Paesi e ratificata da quattro (Portogallo, Montenegro, Albania e Truchia). Perché entri in vigore occorrerà attendere altre sei ratifiche. La Convenzione contiene misure per la prevenzione della violenza, la protezione delle vittime e i procedimenti penali per i colpevoli. Definisce e criminalizza le diverse forme di violenza contro le donne, tra cui il matrimonio forzato, le mutilazioni dei genitali femminili, lo stalking, le violenze fisiche e psicologiche e la violenza sessuale.

 di Bianca Biancastri
(bianca.biancastri@rai.it)

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