Una giovane siciliana importa un modello educativo tipico della Germania e invece di emigrare o rincorrere il posto fisso inventa una sua attività per bambini e genitori, anche se non tutto va sempre liscio.
Città Nuova - 31 anni e una laurea sudata, conquistata giorno per giorno, lavorando qua e la. Elvira il giorno stesso dell’agognato traguardo per ogni studente si è chiesta: «E ora?». L'idea di partire e di dover rinunciare al sogno di rimanere nella sua terra le faceva stringere il cuore, ma cosa fare? Come fare? La Sicilia è da sempre terra di migrazione e nel suo piccolo centro del messinese fare un biglietto di sola andata per il Nord è la soluzione più gettonata. «Proprio una mia amica del Nord un giorno mi ha detto: ma hai mai pensato al progetto Tagesmutter? Io non sapevo nemmeno cosa fosse, ma dopo aver “studiato” su Google questa opportunità mi sono resa conto che poteva davvero essere un'occasione imperdibile». Elvira si entusiasma descrivendo questo sogno per cui sta investendo energie, tempo e spera anche soldi, appena ne riuscirà a mettere da parte un po’.
Ma cos’è il Tagesmutter? «Il nido famiglia è una realtà nuovissima in Sicilia e poco praticata anche nel resto del nostro Paese, un po’ per diffidenza, un po’ per poca conoscenza. Un educatore apre le porte della sua casa ad un numero ristretto di bambini e permette loro una reale possibilità di socializzazione e una migliore qualità dei ritmi di crescita e di apprendimento per ciascuno, in un ambiente protetto e non anonimo, che sa proprio di focolare, di famiglia».
Ma da dove iniziare un Tagesmutter da neo laureata e senza un soldo? Il desiderio di restare a Sant'Agata Militello era ed è ancora troppo grande. «Siamo cresciuti con la percezione che il lavoro debba sempre arrivarci dall'alto, come una manna, senza rischiare nulla. Il famoso posto fisso poi è radicatissimo nella nostra cultura, ma le cose sono cambiate da tempo e avere un impiego statale oggi è pari ad un miraggio», mi spiega. Bucare questo muro fatto di concorsi e buone conoscenze nelle alte sfere non è stato facile, neppure in famiglia. I genitori erano perplessi. «Io sono andata avanti come un treno, impiegando, assieme ad una amica le nostre scarsissime risorse economiche e ho chiesto ai miei nonni di poter iniziare usando un loro appartamento “in comodato d'uso” e i nonni, si sa, non sanno dire di no». La casa è stata rimessa a nuovo, ma non chiamando una ditta esterna: Elvira e la sua socia imparano ad essere imbianchini, falegnami, tutto fare, tranne che elettricisti: «le mura dovevano restare in piedi», commenta con la sua solita ironia.
Il sogno ha cominciato a diventare progetto con un leit motiv di sottofondo: la decrescita felice. Per far nascere l'associazione Tutti giù per terra, passo amministrativo necessario, è servito un anno intero, per la burocrazia e perché l’idea era troppo innovativa poiché il soggetto della sua impresa non erano solo i bambini, ma anche i genitori, «spesso lasciati soli dalle istituzioni».
«Questo progetto - spiega Elvira - nasce per far qualcosa di bello per e nel nostro paese perchè, come per il lavoro, non possiamo aspettare che siano sempre gli altri o le istituzioni a fare tutto. Nido famiglia, doposcuola, laboratori di cucina... questa casa è un via vai di bimbi, ora piccolini, ora un po' più grandi e chiassosi. Un piccolo gruppo, spesso multietnico, sorridente. Una casa dove si insegnano il rispetto per se stessi, per gli altri e per l'intero creato». E a nche se il lavoro è poco, perché le famiglie faticano ad arrivare a fine mese e preferiscono trovare soluzioni alternative, io mi preoccupo poco - sottolinea Elvira -, sono fiduciosa. I tempi cambieranno. Nel frattempo 'decresco' e questo fa di me una donna più libera. Voler vivere nella mia terra d'origine mi porta ogni giorno a fare delle scelte radicali. Inventarmi un lavoro. Ascoltare ogni persona che incontro, come se fosse la persona più importante del mondo. Autoprodurre il più possibile, dal dado vegetale al pane, al detersivo per i piatti. Perchè per cambiare le cose, servono coraggio e un po' di incoscienza».
Città Nuova - 31 anni e una laurea sudata, conquistata giorno per giorno, lavorando qua e la. Elvira il giorno stesso dell’agognato traguardo per ogni studente si è chiesta: «E ora?». L'idea di partire e di dover rinunciare al sogno di rimanere nella sua terra le faceva stringere il cuore, ma cosa fare? Come fare? La Sicilia è da sempre terra di migrazione e nel suo piccolo centro del messinese fare un biglietto di sola andata per il Nord è la soluzione più gettonata. «Proprio una mia amica del Nord un giorno mi ha detto: ma hai mai pensato al progetto Tagesmutter? Io non sapevo nemmeno cosa fosse, ma dopo aver “studiato” su Google questa opportunità mi sono resa conto che poteva davvero essere un'occasione imperdibile». Elvira si entusiasma descrivendo questo sogno per cui sta investendo energie, tempo e spera anche soldi, appena ne riuscirà a mettere da parte un po’.
Ma cos’è il Tagesmutter? «Il nido famiglia è una realtà nuovissima in Sicilia e poco praticata anche nel resto del nostro Paese, un po’ per diffidenza, un po’ per poca conoscenza. Un educatore apre le porte della sua casa ad un numero ristretto di bambini e permette loro una reale possibilità di socializzazione e una migliore qualità dei ritmi di crescita e di apprendimento per ciascuno, in un ambiente protetto e non anonimo, che sa proprio di focolare, di famiglia».
Ma da dove iniziare un Tagesmutter da neo laureata e senza un soldo? Il desiderio di restare a Sant'Agata Militello era ed è ancora troppo grande. «Siamo cresciuti con la percezione che il lavoro debba sempre arrivarci dall'alto, come una manna, senza rischiare nulla. Il famoso posto fisso poi è radicatissimo nella nostra cultura, ma le cose sono cambiate da tempo e avere un impiego statale oggi è pari ad un miraggio», mi spiega. Bucare questo muro fatto di concorsi e buone conoscenze nelle alte sfere non è stato facile, neppure in famiglia. I genitori erano perplessi. «Io sono andata avanti come un treno, impiegando, assieme ad una amica le nostre scarsissime risorse economiche e ho chiesto ai miei nonni di poter iniziare usando un loro appartamento “in comodato d'uso” e i nonni, si sa, non sanno dire di no». La casa è stata rimessa a nuovo, ma non chiamando una ditta esterna: Elvira e la sua socia imparano ad essere imbianchini, falegnami, tutto fare, tranne che elettricisti: «le mura dovevano restare in piedi», commenta con la sua solita ironia.
Il sogno ha cominciato a diventare progetto con un leit motiv di sottofondo: la decrescita felice. Per far nascere l'associazione Tutti giù per terra, passo amministrativo necessario, è servito un anno intero, per la burocrazia e perché l’idea era troppo innovativa poiché il soggetto della sua impresa non erano solo i bambini, ma anche i genitori, «spesso lasciati soli dalle istituzioni».
«Questo progetto - spiega Elvira - nasce per far qualcosa di bello per e nel nostro paese perchè, come per il lavoro, non possiamo aspettare che siano sempre gli altri o le istituzioni a fare tutto. Nido famiglia, doposcuola, laboratori di cucina... questa casa è un via vai di bimbi, ora piccolini, ora un po' più grandi e chiassosi. Un piccolo gruppo, spesso multietnico, sorridente. Una casa dove si insegnano il rispetto per se stessi, per gli altri e per l'intero creato». E a nche se il lavoro è poco, perché le famiglie faticano ad arrivare a fine mese e preferiscono trovare soluzioni alternative, io mi preoccupo poco - sottolinea Elvira -, sono fiduciosa. I tempi cambieranno. Nel frattempo 'decresco' e questo fa di me una donna più libera. Voler vivere nella mia terra d'origine mi porta ogni giorno a fare delle scelte radicali. Inventarmi un lavoro. Ascoltare ogni persona che incontro, come se fosse la persona più importante del mondo. Autoprodurre il più possibile, dal dado vegetale al pane, al detersivo per i piatti. Perchè per cambiare le cose, servono coraggio e un po' di incoscienza».
Rachele Marini
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