Soldati delle Forze speciali sono stati dispiegati per le strade di
Bengasi, dove c’è un clima di calma precaria dopo i combattimenti dei
giorni scorsi tra militari e un gruppo armato. “Ci sono pattuglie per le
strade ma c’è ancora tensione e instabilità” hanno riferito
fonti locali ad agenzie di stampa internazionali.
Misna - Il primo ministro Ali Zeidan e alcuni esponenti del suo governo sono attesi a Bengasi, culla della rivolta di due anni fa contro l’ex regime libico di Gheddafi, per discutere con le autorità locali dei problemi di sicurezza nella città portuale. Dal canto suo il gran muftì della Libia, Cheikh Sadok Gharyani, ha lanciato un appello alla calma e alla saggezza, invitando gli abitanti di Bengasi a “unirsi in una fase particolarmente delicata per il nostro paese”. Gharyani ha chiesto al Congresso generale nazionale (Cgn, parlamento) e al governo di aprire un’inchiesta per “porre fine alla spirale di violenza”.
Nella notte tra venerdì e sabato almeno sei soldati sono stati uccisi e altri cinque feriti nella città orientale teatro per l’ennesima volta di pesanti scontri che si sono verificati nei pressi del quartier generale delle Forze speciali e nella zona di al-Lithi, sulla strada per l’aeroporto.
Secondo le prime ricostruzioni ufficiali sono considerati responsabili dei combattimenti “gruppi estremisti islamici”, di cui alcuni esponenti sarebbero già stati arrestati. Lo ha annunciato il presidente del comitato misto delle operazioni di sicurezza a Bengasi, il generale Mohamed Sherif, aggiungendo che “i servizi specializzati hanno identificato gli assalitori”.
I fatti di Bengasi si sono verificati una settimana dopo altre gravi violenze tra manifestanti ed esponenti della potente milizia ‘Scudo della Libia’, posta sotto l’autorità del ministero della Difesa, nelle quali 31 persone hanno perso la vita e un centinaio sono rimaste ferite. A due anni dalla rivolta popolare la seconda città libica rimane l’epicentro dell’instabilità che regna nel paese. Una situazione, quella di Bengasi, che la scorsa settimana ha spinto il capo di stato maggiore dell’esercito, Youssef al-Mangoush, a rassegnare le dimissioni. Inoltre, il Congresso generale nazionale (Cgn, parlamento) ha deciso di rinviare l’elezione del suo nuovo presidente dopo le dimissioni di Mohamed al-Megharyef, in seguito al varo della legge di esclusione politica degli ex collaboratori di Gheddafi.
Intanto a Derna, un’altra città dell’est, il giudice Mohamed Ibrahim Houidi, presidente della Corte penale, è stato assassinato all’uscita del tribunale da non meglio identificati uomini armati giunti a bordo di un’automobile. Per la stampa libica si è trattato di un omicidio mirato in una località considerata feudo di milizie islamiche che puntano all’applicazione della sharia.
Misna - Il primo ministro Ali Zeidan e alcuni esponenti del suo governo sono attesi a Bengasi, culla della rivolta di due anni fa contro l’ex regime libico di Gheddafi, per discutere con le autorità locali dei problemi di sicurezza nella città portuale. Dal canto suo il gran muftì della Libia, Cheikh Sadok Gharyani, ha lanciato un appello alla calma e alla saggezza, invitando gli abitanti di Bengasi a “unirsi in una fase particolarmente delicata per il nostro paese”. Gharyani ha chiesto al Congresso generale nazionale (Cgn, parlamento) e al governo di aprire un’inchiesta per “porre fine alla spirale di violenza”.
Nella notte tra venerdì e sabato almeno sei soldati sono stati uccisi e altri cinque feriti nella città orientale teatro per l’ennesima volta di pesanti scontri che si sono verificati nei pressi del quartier generale delle Forze speciali e nella zona di al-Lithi, sulla strada per l’aeroporto.
Secondo le prime ricostruzioni ufficiali sono considerati responsabili dei combattimenti “gruppi estremisti islamici”, di cui alcuni esponenti sarebbero già stati arrestati. Lo ha annunciato il presidente del comitato misto delle operazioni di sicurezza a Bengasi, il generale Mohamed Sherif, aggiungendo che “i servizi specializzati hanno identificato gli assalitori”.
I fatti di Bengasi si sono verificati una settimana dopo altre gravi violenze tra manifestanti ed esponenti della potente milizia ‘Scudo della Libia’, posta sotto l’autorità del ministero della Difesa, nelle quali 31 persone hanno perso la vita e un centinaio sono rimaste ferite. A due anni dalla rivolta popolare la seconda città libica rimane l’epicentro dell’instabilità che regna nel paese. Una situazione, quella di Bengasi, che la scorsa settimana ha spinto il capo di stato maggiore dell’esercito, Youssef al-Mangoush, a rassegnare le dimissioni. Inoltre, il Congresso generale nazionale (Cgn, parlamento) ha deciso di rinviare l’elezione del suo nuovo presidente dopo le dimissioni di Mohamed al-Megharyef, in seguito al varo della legge di esclusione politica degli ex collaboratori di Gheddafi.
Intanto a Derna, un’altra città dell’est, il giudice Mohamed Ibrahim Houidi, presidente della Corte penale, è stato assassinato all’uscita del tribunale da non meglio identificati uomini armati giunti a bordo di un’automobile. Per la stampa libica si è trattato di un omicidio mirato in una località considerata feudo di milizie islamiche che puntano all’applicazione della sharia.
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